Sexy, simpatica e… jazzy! Così ho sempre visto Marylin, e così l’ho rivista ieri nello spezzone del film “Gli uomini preferiscono le bionde” proiettato da Gerlando Gatto durante la sua Guida all’ascolto alla Casa del Jazz. Nello spezzone si vede Marylin che canta Bye Bye, Baby con tutta la leggerezza e la sensualità di cui era capace.
Grazie all’ottimo trio di Paolo Di Sabatino, con Marco Siniscalco al basso elettrico e Glauco Di Sabatino alla batteria, ne abbiamo anche potuto ascoltare una versione dal vivo nella quale, dopo una introduzione modale, si passa alla esposizione del tema su un ritmo funky nella parte A, che poi si apre a ballad nella parte B. Di classe anche l’esecuzione del tema con la sinistra durante un frammento di solo, ad opera del pianista Paolo Di Sabatino.
La serata è scorsa via piacevole come al solito, grazie all’ascolto di standard semi sconosciuti ma non meno belli dei più famosi. Come Fuji Mama, attraverso un bel video con Stanley Turrentine al sax, Jimmy Smith all’Hammond e Art Blakey alla batteria. O come Moment To Moment, ascoltato nelle versioni di Roy Hargrove e di Freddie Hubbard.
Ottimo e piacevole il contributo live offerto dal Trio, che sul finale ha eseguito Many Different Ways, brano tratto dal loro ultimo disco.
Un’altra bella serata, un modo splendido per rilassarsi dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro.
Il concorso, promosso dal Saint Louis College of Music di Roma, è riservato a giovani jazzisti (gruppi strumentali o con vocalist) provenienti da tutta Europa che propongano progetti originali.
Scopo dell’iniziativa, promuovere la musica originale emergente, utilizzando il jazz come ambito di ricerca e confronto per le nuove avanguardie. Centinaia, i gruppi che ogni anno decidono di partecipare per confrontarsi con le sonorità e i background di coetanei di altre nazioni.
In palio la produzione di un CD di brani inediti, promosso dall’agenzia Saint Louis Management.
Come sempre, il Contest si avvarrà della preziosa collaborazione dell’Accademia Nazionale del Jazz di Siena, e della Scuola Civica di Milano Musica Oggi, naturale centro di aggregazione di nuove idee musicali e giovani talenti,per coprire le varie fasce regionali di raccolta dei musicisti su territorio nazionale.
Si rinnovano e ampliano le collaborazioni internazionali con Istituti musicali e conservatori esteri per consentire la partecipazione di gruppi di ogni provenienza, radicando così il Contest in un terreno fertile di scambio di esperienze e cultura. Tra le nazioni coinvolte: Inghilterra, Spagna, Olanda, Danimarca, Norvegia, Estonia, Portogallo.
Ma il Contest guarda lontano, e per il 2013, alle collaborazioni internazionali con Istituti musicali e conservatori esteri si aggiunge la partnership diretta con il Conservatorium Maastricht, che ospiterà le fasi finali del concorso presso lo storico Theater aan het Vrijthof, Teatro Municipale della città.
Il concorso si articola in 3 fasi: pre-selezione dei gruppi sulla base di una demo contenente 4 brani originali e 2 standard; selezione live dei gruppi ammessi; finali.
Le fasi di selezione live del concorso verranno ospitate da 2 locali che si stanno distinguendo in ambito jazz per l’attenzione nei confronti della musica nuova e delle avanguardie – il 28DiVino Jazz Club di Roma e ilQuasi Capolinea di Milano – mentre a Siena si svolgeranno all’interno della suggestiva Enoteca Italiana.
L’iscrizione al Contest è completamente gratuita e potrà essere effettuata online sul sito di riferimento entro e non oltre il 14 marzo 2013.
Calendario delle selezioni live nelle 3 città aderenti:
16 aprile – Milano, Quasi Capolinea
20 aprile – Siena, Enoteca Italiana
22 e 23 aprile – Roma, 28DiVino Jazz Club
La data della finale, prevista per l’ultima settimana di maggio 2013 a Maastricht, verrà comunicata a breve sul sito di riferimento.
La Giuria, presieduta dal M° Stefano Mastruzzi, Direttore del Saint Louis, sarà composta dal Presidente della Fondazione Siena Jazz Franco Caroni, dal M° Enrico Intra e Maurizio Franco della Scuola Civica di Milano e da noti musicisti, giornalisti e critici italiani.
Basta, non ne posso più di jazzisti più o meno bravi, grandi sperimentatori ma per niente innovativi, che si danno arie da guru della musica! Non ne posso più di vedere sedicenti artisti, che in quanto tali dovrebbero essere persone sensibili, mostrare una totale insensibilità alla vita ed alla varia umanità che si affaccia, con facce tante e diverse, con storie uniche, ai loro concerti. Ogni vita meriterebbe un romanzo, ed ogni persona di quelle presenti ieri sera al 28DiVino Jazz era di sicuro una persona speciale.
Speciale, perché speciale è a mio avviso il Gianluca Figliola 5et. Presentano il loro disco, It’s Strictly Forbidden (dedicato a Tony Formichella, che è anche ospite nella title track) e la grotta del 28 è piena. Anche stasera, Luna è costretta a volare sopra le teste del pubblico per portare loro da bere.
Gianluca Figliola (chitarra), Fabrizio Cassarà (sax tenore), Raphael Heudron (pianoforte), Paolo Scozzi (contrabbasso) e Paolo Mignosi (batteria) sono un gruppo, un gruppo vero. Si presentano come un corpus unicum, e questo si avverte già dalla presentazione dei pezzi, quasi tutti originali, dei quali Figliola dice “abbiamo scritto”, “abbiamo inciso”. Noi come cifra, come intenzione, in una Italia dove, sia a livello politico che sociale che culturale che condominiale, si tende invariabilmente a frammentarsi ed a sciogliersi in mille rivoli.
Figliola è solare, pronto alla battuta. Scherza con il pubblico e con i suoi sodali, i quali tengono botta e contrappuntano le sue gag con prontezza e affabilità. Si schermisce quando presenta uno dei pochi pezzi non originali, Blue in Green, dicendo che “la faranno in maniera più modesta”, con ovvio riferimento al disco Kind Of Blue, di Miles Davis. Ma non c’è niente di modesto nella bellissima esecuzione che segue, esecuzione che vede lo struggente tema esposto da sassofono e contrabbasso con il supporto della chitarra, per poi disvelare uno splendido solo di piano, ben complementato da contrabbasso e batteria.
Atmosfere bop, fraseggi vertiginosi, grande drive. I brani si susseguono e, mano mano, vengono fuori capacità e musicalità di tutti, dal leader Gianluca Figliola che improvvisa con frequenti raddoppi, al bravo Fabrizio Cassarà, solista ben equipaggiato e autore della bella Giù, 32 misure che incantano per la nitidezza del tema, fatto di intervalli di sesta e settima minore, che danno un notevole respiro e senso di apertura, al convincente Raphael Heudron, che offre un pianismo personale, a tratti jazz e a tratti più cameristico ma sempre swing, sempre giusto. Non mancano di dare il loro contributo il contrabbassista Paolo Scozzi, colonna portante dei pulsanti battiti della band, e Paolo Mignosi, sempre attento e puntuale.
Sono felice. Stasera ho avuto la prova che ci sono artisti “umani”. Artisti che è un piacere ascoltare ma con i quali è anche un piacere parlare. Dunque non manca niente al Gianluca Figliola 5et: jazz, divertimento, umanità, vitalità. Uno di quei casi in cui ha davvero senso dire: “dal vivo”!
Arriva direttamente dalla Danimarca questo croccante cd dal titolo Dedication, a firma di Tony Cigna, Francesco Cigna ed Erik Ørum von Spreckelsen. Croccante già dal titolo, titolo che nella seconda di copertina viene spiegato prendendo a prestito la voce del dizionario: atto del dedicare, una nota all’inizio di un componimento letterario, artistico o musicale che dedica lo stesso a qualcuno in segno di affetto o stima, un rito, devozione incondizionata.
Ed è palese l’amore, la stima e la devozione che questi musicisti hanno nei confronti del Jazz, al servizio del quale si mettono con umiltà e capacità, dando un prodotto godibile, moderno e classico al tempo stesso, dove nulla è sacrificato sull’altare della ricerca a tutti i costi e dove la ricerca del suono si coniuga con la consapevolezza di quei suoni che già sono nel patrimonio, nelle orecchie e nel cuore di ogni appassionato.
Francesco Cigna (chitarra), Erik Ørum von Spreckelsen (piano), Tony Cigna (batteria), Daniel Franck e Joel Illerhag (che si alternano al contrabbasso) sono degli amici che ci accolgono nella loro casa e ci avvolgono con un suono senza tempo, fatto di codici ben precisi e riconoscibili ma anche di alchimie indecifrabili, che aggiungono magìa alla matematica della musica.
La maggior parte dei brani sono del chitarrista Francesco Cigna. E pure nel suo modo di comporre si avverte una grande devozione alla forma canzone, con una altrettanto netta apertura al moderno. A partire da Silvertrust, il primo brano del disco, dove un pedale fa da tappeto al riff di chitarra nelle prime 8 misure, mentre nelle successive 4 il piano improvvisa libero e rilassato.
Dedication
In Mr. T.C., dedicato da Francesco Cigna al papà Tony, il tema è un condensato di brevi e veloci frasi di chitarra alle quali fa da contrappunto il piatto ride, seguito da un interludio generazionale nel quale padre e figlio dialogano fino al rientrare di piano e contrabbasso. Un brano moderno e solare, nel quale Francesco ha modo di esplorare tutte le possibilità melodiche offerte dalla struttura.
Non mancano gli omaggi alla tradizione, come la rilettura di Lover Man o della splendida Soul Eyes di Mal Waldron. Il disco risulta dunque in un mix equilibrato, gustoso e croccante, appunto. Un disco che non può che far bene al Jazz e allo stato di benessere psico-fisico di chi lo ascolta. Dedicatevelo, non ve ne pentirete.
Articolo originale di: Jazz@Roma – Go to the english version
“Mi piace avere un piede nella tradizione quando suono jazz moderno”. Ecco, questa semplice frase pronunciata da Andrea Beneventano, ospite della Guida all’ascolto di mercoledì scorso, l’ottima iniziativa curata da Gerlando Gatto alla Casa del Jazz, mi mette subito di buonumore. So che ascolterò del Jazz di qualità, stasera.
E non vengo di certo deluso. Il bel trio di Beneventano, con l’ineffabile Francesco Puglisi al contrabbasso e il bravo e sensibile Nicola Angelucci alla batteria, non lesina sulle emozioni e, soprattutto, non lesina sul Jazz. Di prim’ordine, diretto, emozionale, sia nell’approccio a standard come It Could Happen To You o Just in Time, sia nella esposizione di brani originali tratti dal disco del trio, The Driver, uscito per Alfa Music nel 2010. Una interpretazione senza fronzoli, senza manierismi, eppure così densa di ispirazione e giocosità, quella che si addice, sempre, alla bella musica. A dispetto di quelli che si prendono così sul serio da risultare a volte addirittura ridicoli.
Il disco The Driver è la summa di vari aspetti: la maturità artistica dei musicisti, l’autoironia (divertenti i titoli che prendono ispirazione da famosi brani, come Donna Quee in luogo di Donna Lee di Charlie Parker), l’interplay. Sempre lirici e cantabili i temi, sempre presente il blues e tutti gli elementi del linguaggio jazzistico, sapientemente dosati tra quelli più antichi e quelli più moderni.
Una serata bella, di grande Jazz, dunque, con la consueta regìa di Gerlando Gatto al quale mi sento di dire grazie per aver dato, ad una numerosa platea di appassionati, l’opportunità di assistere gratuitamente a questo bel mini-concerto.
È la notte del 12 gennaio 2013, Babbo Natale è ormai tornato a casa sua, il clima è mite. Davanti al 28DiVino Jazz una folla di persone preme per entrare ad ascoltare SNAP Quintet di Andrea Zanchi (piano elettrico), con Sandro Satta (sax alto), Angelo Olivieri (tromba), Stefano Cantarano (contrabbasso), Massimiliano De Lucia (batteria). C’è gente venuta da fuori Roma, gente che Roma l’ha solo attraversata (ed è già questo un viaggio). Tutti qui per uno snap, uno schiocco di dita, come se lo schiocco li avesse richiamati irresistibilmente.
Il 28DiVino Jazz, in via Mirandola 21 a Roma, si sta ormai accreditando come uno dei migliori jazz club italiani. Il lavoro di Marc Reynaud, il direttore artistico, è improntato alla ricerca delle novità, di giovani talenti e di progetti originali. Senza per questo ignorare i “diversamente giovani” come Sandro Satta, o Angelo Olivieri, che stasera daranno la prova che lo spazio per musicisti come loro, sulla scena jazzistica, è sempre troppo poco.
La grotta è piena, la ragazza che porta i drink è costretta a nuotare tra la gente, fluttuando al di sopra del pavimento senza quasi toccarlo. Gli SNAP attaccano, il ritmo fluisce. Cominciamo a battere il piede, a muovere la testa, a schioccare anche noi le dita. Ognuno a suo modo, cerchiamo di rimanere agganciati al time. Dopo aver eseguito un frammento di Snap, il brano che dà il nome alla formazione (o viceversa?) e che verrà eseguito per intero alla fine della serata, si passa a Someone by Chance, ballad lirica e struggente, nella quale il tema, esposto prima dalla tromba di Olivieri, viene successivamente ripetuto a distanza di tritono dal sax di Satta, creando un notevole effetto drammatico.
Il brano successivo, Storyville, è la cifra del progetto. Il contrabbasso prende un riff ritmico; la struttura armonica ricalca quella di Cantalope Island di Herbie Hancock. Satta ha modo di giocare con le frasi durante il suo solo, ripetendole a distanza di semitono. Zanchi, invece, contrappunta il tema finale con il suo piano elettrico, aggiungendo scintille ad un incendio che già divampa.
Ma ci sono varie sorprese in serbo per noi fortunati che siamo riusciti a guadagnarci un posto in grotta. Si prosegue con Norvegian Wood, di Lennon/McCartney, ballad in 3/4. E 3/4 è forse l’unico tempo dispari del repertorio di questa serata: si è scelto di colpire al cuore, non alla testa. Tempi semplici, groove, improvvisazioni a manetta. Si passa poi a Peri’s Scope, di Bill Evans, e qui Satta sfodera una grinta degna dei più grandi, ai quali lui appartiene di sicuro. Assolo vertiginoso, scoppiettante, condito con sapienza di effetti in&out, fraseggio pentatonale, sovracuti e chi più ne ha non ne ha abbastanza quanto lui. Il suo raddoppio è così entusiasmante che a tratti mi è sembrato un raddoppio del raddoppio, semibiscrome in luogo di semicrome! Anche Olivieri colpisce al cuore, ma usa l’arma della seduzione musicale, fatta di riff ben incastrati tra le pieghe del contrabbasso di Stefano Cantarano e della batteria di Massimiliano De Lucia.
E ancora, un’ultima sorpresa. Sempre nuotando sulle teste del numeroso pubblico, ecco comparire Mauro Verrone con il suo sax alto, in tempo per chiudere il concerto degli SNAP insieme a loro. Un concerto trascinante, vibrante, con solisti di prim’ordine e con brani accattivanti per lo più composti dal leader Andrea Zanchi.
Un ultimo schiocco di dita e le luci si spengono. Il pubblico defluisce, felice. Mi attardo a chiacchierare un po’ con i musicisti e poi, quando sto per guadagnare l’uscita, mi sorprendo con la mano ben nascosta nella tasca del giubbotto a… schioccare le dita. Snap!
Una serata di puro relax ieri, nel simpatico Motòbistrò in zona Piramide, accompagnata dalla voce e chitarra di Joe Slomp e dal pianoforte di Pierpaolo Principato. Un percorso musicale easy, ma con profonde radici nel Jazz e nel Blues. Sì perché i due personaggi la sanno lunga…
Joe ha all’attivo tantissime e diverse collaborazioni, nonché tre dischi come leader. Forte è la commistione dei generi nel suo disco di esordio, Introducing Joe Slomp (2001), nel quale si spazia da Joni Mitchell a David Crosby, da Robert Palmer a Michael Mc Donald passando per Stevie Wonder, da Bruce Springsteen a Leonard Bernstein. Profondamente ispirata al Jazz è la scelta e gli arrangiamenti dei brani di New Move (2009), secondo disco a suo nome, nel quale Coltrane viene affiancato a Lennon/McCartney e ai Coldplay. I puristi storceranno il naso, ma prima di farlo li invito ad ascoltare questo lavoro splendidamente suonato, oltre che da Joe Slomp alla voce, da Stefano Micarelli (chitarra), Dario Deidda (basso), Pino Iodice (pianoforte e tastiere), Pietro Iodice (batteria), e con la partecipazione di Pauline London (seconda voce).
Pierpaolo vanta una carriera come jazzman di altissimo livello, con collaborazioni importanti e diverse: Francesco Bruno, Agostino Marangolo, Richard Bona, Enzo Pietropaoli, Antonello Salis e tanti altri. È stato inoltre il preparatore del protagonista Kim Rossi Stuart nel film Piano solo, dedicato al pianista Luca Flores.
Joe Slomp/Pierpaolo Principato
Tutto questo background musicale trapela dall’ascolto live di questo bel duo che, sia che suoni The Very Thought Of You (R. Noble) o Some Other Time (L. Bernstein), sia che suoni Overjoyed (S. Wonder) o Alone Again Naturally (G. O’Sullivan), porta all’orecchio dei fortunati ascoltatori il gusto e la classe del Jazz patinato, rendendo i vari brani belli e croccanti allo stesso modo, in tutti insinuando il germe della superlocria e della blue note.
Non mi rimane che fare un pubblico, esplicito invito ad entrambi: far sì che questa bella e piacevole serata non sia stata solo una rimpatriata tra vecchi amici, ma che sia l’inizio di un progetto in duo che li porti magari anche ad incidere un disco.