W il Jazzit Fest

Si va via da Collescipoli con la consapevolezza che qualcosa di bello sta accadendo per il Jazz, qui. È nata una fiera campionaria dove ogni artista, senza pagare nulla, può esporre la propria musica con lo scopo di trovare una etichetta, un contratto o un ingaggio. Dove è possibile chiacchierare con Michael Cuscuna di Jazz e discografia. Dove in una passeggiata di pochi minuti in un borgo medioevale fantastico, si possono ascoltare le proposte musicali più diverse, dal MAT Trio di Marcello Allulli ai Triad Vibration. Dove due suonatori che improvvisano un duo in piazzetta sono in realtà dei meravigliosi musicisti. Per chi ama il Jazz, un sogno che si avvera. Per chi lo scopre qui, l’occasione per iniziare ad amarlo.

Quasi ventimila presenze in tre giorni, centinaia di musicisti, grande feeling. Tutto questo deve farci riflettere che il Jazz non solo è vivo, ma può dare del filo da torcere alla cosiddetta musica commerciale in termini di partecipazione, ascolto, e di business in generale. Un grazie a Luciano Vanni, direttore della rivista Jazzit e promotore del Jazzit Fest, che mi ha ospitato, e che ha dato carta bianca a me ed agli altri blogger, tra i quali cito Cristiana Piraino di Roma Live e Andrew Holgate di Roma Jazz. Un grazie a Daniela Floris per l’amicizia, è stato un piacere parlare di Jazz anche in questa occasione. W il Jazzit Fest!

con Paul Wertico
con Paul Wertico
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Jazzit Fest – ultima giornata

Siamo alla conclusione di questo Jazzit Fest, sottotitolo “Jazz Expo 2014”, e ci attende un’ultima notte di musica ed emozioni. Stamattina ho fatto colazione a due tavoli da quello di Paul Wertico, ho avuto modo di intervistare Ermanno Basso di Cam Jazz (intervista), ho conosciuto Sergio Gimigliano, l’organizzatore di Peperoncino Jazz (un festival itinerante che attraversa tutta la Calabria, altrà realtà interessante nel panorama dei festival jazz italiani), ho intervistato Nicola Mingo (intervista). A chiusura della mattinata ho intervistato poi Luciano Vanni, che il Jazzit Fest lo ha immaginato, progettato e realizzato (intervista). Vanni ci ha raccontato tutto, il perché ed il percome della sua iniziativa, ed ha espresso grande felicità e soddisfazione per quello che è un mezzo di scambio, di confronto e, prima ancora, di conoscenza tra operatori del settore. Non un festival dunque, ma un meeting, un luogo spazio-temporale nel quale guardarsi in faccia e parlare di Jazz, magari anche  discutendo animatamente. E per gli artisti una vetrina, la possibilità di esporre la propria musica attraverso degli showcase di mezz’ora, nella speranza di ottenere un contratto, degli ingaggi, o anche solo di vendere dei dischi. E di ingaggi ne sono stati fatti diversi, ci dice Vanni, per un importo di circa ventimila euro. “Per il prossimo anno punto a centomila euro”, prosegue Vanni, e l’entusiasmo di tutti, a partire dai musicisti stessi e fino agli operatori del settore, ci conferma che si è sulla strada giusta.

Poco fa ho avuto modo di visitare Milk Music, una residenza creativa dove una giovane casa di produzione discografica ha organizzato una sala di registrazione, nella quale qualunque musicista può entrare ed uscire con un disco completo di art work! (intervista)

A pochi passi, nella chiesa dell’Addolorata, Attilio Berni ha presentato il suo progetto Saxophobia, nel quale suona diversi sassofoni della sua collezione (intervista).

Stiamo per entrare nel vivo, vi racconteremo il resto del festival con interviste, post sui social network e foto. Let’s jazz on!

Secondo giorno di Jazzit Fest – prime impressioni

Sono da poco arrivato a Collescipoli e l’atmosfera è quella che ricordavo dello scorso anno: tanti, tantissimi musicisti, navigati, giovani e alle prime armi, tutti con una grande passione e con la voglia di dire la propria. Il mondo del Jazz sembra essere bello e rigoglioso a guardare questo borgo pieno di gente, eppure non è tutto oro quel che luccica. Ho assistito al meeting sul Jazz, tra gli ospiti Michael Cuscuna. Si è parlato di discografia, di etichette, di streaming e di download. Cuscuna ha raccontato la storia del disco attraverso la parabola della Blue Note, facendo notare come in fondo, quando negli anni 60 ci si riuniva tra amici per ascoltare un disco, si trattava di un social network ante litteram. Poi le cose sono cambiate, e la comunità è diventata virtuale, virtualmente molto più ampia ma… Ermanno Basso, di Cam Jazz, ha lamentato che le piattaforme di streaming pagano una cifra risibile per gli ascolti digitali. Una cifra così risibile per cui non è possibile costruire alcun modello di business a queste condizioni, a meno che le piattaforme digitali non siano disposte a riconoscere maggiori diritti alle case discografiche e dunque agli artisti. A questo si aggiunga il fatto che, per via della frammentazione del consumo di musica (è possibile acquistare singole tracce di un album) nonché della rapidità con la quale il mercato chiede nuovi dischi, si assiste ad una iperproduzione che deve gioco forza abbassare i costi e dunque la qualità.

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 Molti sono stati gli interventi di musicisti, ognuno con la propria storia ed il proprio contributo. Tra tutti citiamo Angelo Olivieri, che al nostro microfono ha ribadito quanto sia importante fare meno dischi, perchè la discografia deve seguire la musica e non il contrario. L’intervista la trovate qui.

Il festival prosegue con concerti di studenti di musica (Saint Louis, Siena Jazz, Waapa Ensembles). Seguiranno gli Italian Jazz Showcase, non vedo l’ora. La festa comincia adesso. La notte è giovane.

Oggi inizia il Jazzit Fest 2014

Si parte! Una festa, uno showcase, un incontro. Chiamatelo come volete, la sostanza è che centinaia di musicisti e migliaia di appassionati e curiosi stanno convergendo nel borgo medioevale di Collescipoli (TR), il centro d’Italia o giù di lì, per una tre giorni di Jazz a tutto tondo. Conferenze, workshop, esibizioni distribuiti tra i vicoli e le piazze del borgo, uno scenario fantastico che non può che esaltare il contenuto altamente culturale dell’iniziativa. Forse per la prima volta in Italia un evento come questo non è realizzato con i contributi pubblici, e non ci sono i soliti nomi del Jazz nostrano: al loro posto, giovani ed intraprendenti musicisti che cercano spazi per esprimersi, per suonare e farsi conoscere. Nulla di più ghiotto per un appassionato di potersi concedere una passeggiata ad ingresso gratuito passando da un trio ad un quartetto ad un piano solo, avendo condensati in poche centinaia di metri quadrati il sound di tanti jazzisti provenienti da ogni parte d’Italia.

Stasera ci saranno Enrico Roccatani (piano solo), Fabio Giachino Trio (un vero “power piano trio”, ecco la nostra intervista alla radio), Ivano Leva Trio, Stefano Coppari Quartet, Simone Alessandrini – Natalino Marchetti, Mirko Pedrotti Quintet, Sebastian Marino Trio, Mev Trio feat. Erasmo Petringa, Milk, Leonardo De Lorenzo “Pictures Quintet”, Enrico Brion Quadrivio, FM Quartet, Francesco De Palma Trio (ecco la nostra recensione di questo trio, del quale è appena uscito il disco “Zeno”), Mocata – Scaglia – Wertico “Free The Opera!”, Mauro Bottini Quartet, Matteo Cidale Quartet, Massimo Carrieri Trio, U-Man Trio in ricordo di Fabrizio Cecca, scomparso pochi giorni fa, Unicam Jazz Quartet (quattro ragazzi da tenere d’occhio, li abbiamo recensiti dal vivo e su disco), TriAd Vibration.

Da domani, e fino a domenica, seguiremo sul posto ed in diretta l’evento  con interviste radio, tweet, recensioni.

Per info: Sito ufficiale Jazzit Fest

Standard is Ideal

Ma insomma, gli standard hanno ancora qualcosa da dire? A questa domanda potrebbero scatenarsi dibattiti infiniti, ma in fondo potremmo anche cavarcela dicendo che, se il mondo è vario, il Jazz lo è ancora di più e dunque lasciamo che ognuno lo declini come meglio crede.

Ma ieri sera, al 28DiVino Jazz, non c’è stato tempo per le domande. Rory Hoffman, chitarrista e polistrumentista di Nashville, era accompagnato da Mario Rosini (tastiere) e da Gianni Insalata (batteria). La serata era la prima di un tour italiano organizzato da Groove Master Edition, che ieri era presente con Roberto Ramberti.

Cieco dalla nascita, Rory ha sviluppato una personalissima tecnica sulla chitarra, che tiene sulle ginocchia picchiettando sulla tastiera con la mano destra. Il suo swing è trascinante, dirompente, luminoso, e non può non dare nuovo lustro a brani come Easy Living (Ralph Reinger), Too Marvelous For Words (Richard Whiting) o There Will Never Be Another You (Harry Warren). Non solo. Rory passa con disinvoltura dalla chitarra al sax soprano curvo all’armonica al canto. E non è tutto.

Parliamo di Mario Rosini e Gianni Insalata. Mediterranei, sottolineo, e non solo per la provenienza geografica dei due (entrambi pugliesi), ma anche e soprattutto per il contributo di allegria e di festa musicalmente intesa che sono riusciti a dare all’intera performance. Una festa che ricorda la migliore tradizione popolare ma perfettamente coesa allo spirito del Jazz e del Blues, in un amalgama così perfetto che difficilmente si può credere che i tre non suonino insieme da molto tempo.

Grande divertimento, in sala e sul palco, con Hoffman che ha avuto modo di dire, col più grande dei sorrisi, “I’m having fun!” e che non ha mancato di apprezzare, con espressioni di puro divertimento, le uscite pirotecniche di Insalata o le scale alterate di Rosini, speso suonate a velocità da brivido e che hanno infiammato una calorosa platea.

Bello, divertente, entusiasmante, dunque… gli standard, hanno ancora qualcosa da dire? Il tour prosegue verso Lucera, Avellino e Bari. Yeah!

Un certo Fabrizio Pieroni

È stata una piacevole sorpresa ritrovare ieri, dopo tanto tempo, Fabrizio Pieroni, pianista versatile ed incline al Jazz come alla Classica, al Blues come al Tango. L’occasione, il reading di Un certo Lucas, di Julio Cortàzar, presso la libreria Altroquando in via del governo vecchio, evento organizzato dalla casa editrice SUR (dietro la quale si cela Marco Cassini, patròn della Minimum Fax) e consistente nella lettura contemporanea del libro in diverse librerie della Capitale ma anche nel resto d’Italia.

Il reading ha visto la lettura dei micro racconti di Cortàzar da parte dello scrittore Giorgio Vasta, accompagnato al pianoforte da Fabrizio Pieroni. Devo ammettere che per me, appassionato di Jazz fino allo spasimo, è stato difficile seguire fino in fondo le parole, soprattutto quanto queste venivano sottolineate dalle note di Donna Lee (Charlie Parker), di Blue Monk o di Round Midnight (Thelonius Monk), magicamente interpretati da Pieroni.

La lettura è proseguita con Lucas e i suoi ospedali, Lucas e i suoi pianisti, e con la proiezione di un filmato in cui lo stesso Cortàzar legge Un piccolo paradiso. Fino ad Amore 77, che Pieroni chiude con una stupenda versione del tango de los tangos, La Cumparsita.

Una calda e piacevole serata nel centro della vecchia Roma, in un locale pieno di libri, con la possibilità di bere una buona birra, ascoltando dell’ottima letteratura, con l’accompagnamento di un bravo pianista. Cosa volere di più?

Starship For Lovers

Presentato oggi all’Auditorium Parco della Musica il disco del PerfecTrio dal titolo Starship For Lovers, in uscita il 16 giugno. Per l’occasione il trio, capitanato da Roberto Gatto (batteria, live electronics) e con Alfonso Santimone (piano, rhodes, synth) e Pierpaolo Ranieri (basso elettrico, live electronics), si è esibito per più di un’ora ed ha poi incontrato i fan nella libreria dell’Auditorium, non prima di averci concesso questa  bella intervista.

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Intervista a Roberto Gatto, Alfonso Santimone e Pierpaolo Ranieri

Recensione live alla Casa del Jazz

Recensione live a Radio Tre Rai

Bossanova al Bebop

Venerdì sera ho assistito al concerto di Paolo Recchia (sax alto) con Enrico Bracco (chitarra) e Nicola Borrelli (contrabbasso). I tre presentavano il disco Three For Getz (già alla quarta ristampa), che abbiamo già recensito su queste pagine, un disco manifestamente dedicato a Stan Getz il quale, nella seconda parte della sua vita, si appassionò molto ai ritmi del sudamerica. Da qui, viene naturale che sul palco ci fosse un’ospite brasiliana, Val Coutinho, cantante di grande spontaneità e immediatezza, che si è esibita senza filtri e proprio per questo si è fatta apprezzare.

Il concerto inizia con Hershey Bar (John Mandel), uno swing della migliore tradizione americana. Subito dopo, Val viene invitata da Paolo Recchia a guadagnare il palco del Bebop, palco dal quale inizia a cantare Jobim. Tanti sono i brani pescati dal songbook del grande musicista brasiliano, tra i quali Chega de saudade e poi Luiza, nel quale Recchia sceglie di non suonare, lasciando generosamente questo e altri spazi alla cantante.

Una serata virata decisamente verso il Brasile, dunque, fatta eccezione per Indian Summer (Victor Herbert) e Voyage (Kenny Barron), presenti sul disco Three For Getz e che il trio di Recchia esegue con grande classe.

Paolo Recchia è un musicista di grande sensibilità, molto attento al suono e alla continua ricerca di qualcosa di più e di nuovo, come si conviene ad un artista che possa definirsi tale. Non da meno sono Enrico Bracco, chitarrista anche lui molto attento ai dettagli del suono e preciso nel fraseggio,  e Nicola Borrelli, un vero metronomo che rende la performance alla stregua di un trenino che, di scambio in scambio, senza mai esitare ci porta a destinazione in perfetto orario.

Un concerto di quelli che non possono mancare nel carnet di un vero appassionato, non mancate l’occasione se capitano nella vostra zona.

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Intervista (audio) a Paolo Recchia

Recensione disco Three For Getz

Sito ufficiale di Paolo Recchia