Incontriamo Fabio Ruggirello, Responsabile culturale dell’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen.
Tra il 2016 e il 2018 l’IIC è divenuto partner di un’importante sinergia tra il teatro danese e quello italiano, ossia tra gli attori dello storico Odin Teatret di Hostelbro e gli spettacoli multimediali della scrittrice e regista Federica Altieri: “Roma Patria Comune”, rappresentato nel settembre del 2016 all’Odin Teatret e nell’aprile del 2017 al Teatro India di Roma, e “Per-Bacco. Turbamenti di-vini”, che nel maggio 2018 si è tenuto per diversi giorni all’Odin Teatret e poi all’IIC di Copenaghen, e che andrà in scena al Teatro Torlonia di Roma il prossimo ottobre. La partnership coinvolge anche il Teatro di Roma, la Regione Lazio e l’Associazione Culturale Appercezioni.
Sul palcoscenico dei due spettacoli: gli attori dell’Odin Teatret Ulrik Skeel e Rina Skeel, l’attrice italiana Maria Letizia Gorga, i musicisti Marcello Allulli, Ermanno Baron, Marco Bonini, Roberto Bellatalla, Gino Maria Boschi, Marwan Samer; i video inediti di Claudio Ammendola.
- Sig. Ruggirello, già nel 2017 e ora nel 2018, si sta realizzando un importante gemellaggio tra il teatro sperimentale danese e quello italiano: come valuta questo incontro dal punto di vista artistico?
Il dialogo culturale fra Italia e Danimarca in ambito teatrale è stato da sempre dinamico e fecondo. Basta pensare ad esempio all’opera di Ludvig Holberg, uno dei padri della letteratura danese,che fin dal Settecento trasse proprio dai suoi viaggi in Italia e dal contatto con la Commedia dell’Arte un’ispirazione fondamentale per le sue opere drammaturgiche, o più recentemente alla straordinaria fortuna scandinava ed in particolare danese dell’opera di Dario Fo. La collaborazione fra Federica Altieri e il teatro Odin di Hostelbro si innesta dunque in un solco già tracciato e conferma la straordinaria fertilitá creativa di questo dialogo, anche in un territorio complesso e articolato, come quello del teatro contemporaneo. La sperimentazione, l’apertura a nuovi linguaggi e il carattere laboratoriale appartengono sia al DNA dell’Odin che alla ricerca teatrale di Federica Altieri: il risultato non poteva quindi che essere un incontro di grande intensità artistica. Sono molto felice che l’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen abbia facilitato questo scambio: fra gli obiettivi operativi dell’Istituto infatti non c’è solo la promozione del patrimonio culturale italiano esistente ma anche quello di fare da ponte fra i due Paesi e catalizzare energie creative verso progetti di collaborazione in ambito culturale come quello di cui stiamo parlando. - Secondo lei, il linguaggio teatrale dei due spettacoli messi in scena è riuscito a oltrepassare le differenze linguistiche dei due Paesi?
È sufficiente assistere anche solo a qualche minuto della messa in scena per rendersi conto che le differenze linguistiche non sono un ostacolo, anzi probabilmente sono state uno stimolo creativo in più per la regista, per gli attori e per tutti i professionisti che hanno contribuito alla realizzazione degli spettacoli. La lingua teatrale è uno strumento straordinariamente potente di cui il linguaggio verbale è solo uno dei registri utilizzabili, e forse nemmeno il più importante. Questo è particolarmente vero per queste due opere di Federica Altieri che, ideate in Italia, sono però venute alla luce nei laboratori dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, in qualche modo nutrendosi di quella atmosfera quasi mistica che ad Holstebro ha da sempre caratterizzato la ricerca artistica sull’uomo, sulla musica, sulla prossemica e in generale sui canali non verbali di comunicazione che innescano la magia del teatro. - Ritiene possano esserci dei fattori di continuità per i prossimi anni?
Ritengo e mi auguro vivamente di sì. Entrambe le opere hanno la caratteristica di presentarsi quasi come opere aperte, continuamente in fieri e quindi disponibili ad essere arricchite o a costituire la base per nuove sperimentazioni. Ho accolto con gioia la notizia della preparazione di una serie di tappe italiane per lo spettacolo “Per-Bacco. Turbamenti di-vini” e quindi spero che il progetto possa arricchirsi di altre pagine in futuro.
- Presso l’Odin Teatret si è parlato di una nuova avanguardia teatrale venuta nuovamente dall’Italia, giocata sull’intreccio delle diverse arti e culture. Quale ritiene siano le analogie e le differenze tra questi due Paesi, e soprattutto tra l’impostazione dell’Odin Teatret e gli spettacoli della regista Federica Altieri?
La storia del teatro danese e quella del teatro italiano nei secoli hanno seguito ovviamente percorsi separati che tuttavia, come dicevo prima, hanno sempre più intensificato i punti di contatto, soprattutto negli ultimi decenni. Inoltre, se esiste un settore della produzione culturale in cui ha poco senso parlare di confini nazionali, quello è proprio il teatro, in cui la riflessione sull’uomo non può che avere un valore universale. Questo è particolarmente vero per il Teatro Odin di Eugenio Barba che da cinquant’anni ha messo radici in una piccola città dello Jutland poco conosciuta ai più ma che ha da sempre avuto uno spiccato carattere internazionale, aperto a esperienze provenienti dai quattro angoli del pianeta. Per quanto riguarda le differenze di impostazione fra l’impostazione dell’Odin e gli spettacoli di Federica Altieri probabilmente quella più evidente è l’uso del corpo dell’attore che è un cardine espressivo fondamentale del teatro “antropologico” di Barba e che invece la regista italiana utilizza in modo più classico per concentrarsi sulla ricerca espressiva attraverso altri mezzi di comunicazione non verbale, come la musica, le immagini video, le luci. Ma per fortuna, nello straordinario mondo del teatro, la diversità è ancora sinonimo di ricchezza.Intervista di Fiorenza Gherardi De Candei