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Kepler 452-B, Cosmic Space Quartet (english version)

I find again Francesco and Tony Cigna sometime after another of their albums’ release, Dedication, which I talked about on this blog. The title of their new CD, Kepler 452-B, intrigues me and inevitably reminds me to Sun Ra. However, since the intro of Nebula, the first track, it appears clear that this album is something else. The “cosmic” vibe seems to stem from a detail that immediately stands out to my ear: the presence of synthesisers. It’s Francesco’s guitar, equipped with a MIDI output(*), that controls a virtual synth capable of adding a pad to the classic sound of the strings, converting the intro into something more than just an acoustic sound. So, the track is realized with acoustic instruments, but it gets spiced up with this electronic touch that I personally find to be its extra gear.

The tracks, all signed by Francesco Cigna, go from Nebula’s ¾ to pedal-based structures (Kepler 452-B, The Cosmos, Isolation), from ballads (Weightless) to even eights (Ode to the Sun).

Kepler 452-B’s intro reminds to the dawn of synthesis, when the first Moogs began to appear on stage, with a lead that traces the outlines of a mysterious, sonic landscape. Like a Meteorite, on the other hand, starts with a synthetic arpeggio which eventually gives its place to the swing of electric piano, bass and drums; then, in multiple moments, the arpeggio comes back, including in the finale, where Francesco’s voice joins with an evocative sound that goes back to disco-seventies atmospheres. The use of sus4 chords in The Cosmos also reminds to electric atmospheres, this time more fusion, as well as Weightless’s intro, that calls to mind Joe Zawinul’s synths.

The album’s crew is formed by Francesco Cigna (guitar, guitar synthesizer, vocals, electronic devices), Erik Ørum von Spreckelsen,(piano & Fender Rhodes), Morten Ankarfeldt (bass), and Tony Cigna (drums), and its release is scheduled for July 22nd 2022, on CD and all digital platforms.

For more information check the Cosmic Space Quartet‘s Facebook page.

Cosmic Space Quartet

(*) The MIDI protocol (Musical Instrument Digital Interface) is a protocol for communication among electronic music instruments. It was invented by Dave Smith of Sequential Circuits and the engineer Chet Wood, who in 1981 wrote together the Universal Synthesizer Interface document.

For more information, see: https://it.wikipedia.org/wiki/Musical_Instrument_Digital_Interface

Translation by Maria Alvino (IG: @im.called.maria).

Leggi la versione italiana

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Kepler 452-B, Cosmic Space Quartet

Ritrovo Francesco e Tony Cigna ad alcuni anni da un altro loro album, Dedication, di cui avevo parlato su queste pagine. Il titolo del nuovo disco, Kepler 452-B, mi intriga e mi rimanda inevitabilmente a Sun Ra, ma già dall’intro di Nebula, il primo brano, capisco che si tratta di altro. Il richiamo “cosmico” sembra infatti derivare da un dettaglio che colpisce subito il mio orecchio: la presenza dei sintetizzatori. È la chitarra di Francesco che, dotata di uscita MIDI (*), controlla un virtual synth che al suono normale delle corde aggiunge un pad, rendendo l’intro foriera di altro che non sia solo un suono acustico. Perché il lavoro è fondamentalmente realizzato con strumenti acustici ma la spezia con cui sono conditi è questo tocco elettronico che a mio avviso è la sua marcia in più.

I brani, tutti a firma di Francesco Cigna, spaziano dal 3/4 di Nebula a strutture fondate su pedale (Kepler 452-B, The Cosmos, Isolation), dalla ballad (Weightless) all’even eights (Ode to the Sun).

Rimanda agli albori della sintesi, quando i primi Moog cominciarono ad apparire sui palchi, l’inizio di Kepler 452-B, con un lead che tratteggia i contorni di un landscape sonoro misterioso. Like a Meorite, invece, inizia con un arpeggio sintetico sul quale si innesta lo swing di piano elettrico, basso e batteria, per poi ritrovare l’arpeggio in più momenti inclusa la parte finale, dove si aggiunge la voce di Francesco con un parlato evocativo di atmosfere discoseventies. Anche l’utilizzo di accordi sus4 in The Cosmos rimanda ad atmosfere elettriche, più fusion stavolta, così come l’intro di Weightless, che richiama alla mente i synth di Joe Zawinul.

La crew del disco è formata da Francesco Cigna (chitarra, guitar synth, voce, elettronica), Erik Ørum von Spreckelsen (piano e Fender Rhodes), Morten Ankarfeldt (basso), Tony Cigna (batteria), e l’uscita è prevista il 22 luglio 2022 in CD e su tutte le piattaforme digitali.

Info sulla pagina Facebook del Cosmic Space Quartet

Cosmic Space Quartet

(*) Il protocollo MIDI (Musical Instrument Digital Interface) è un protocollo per la comunicazione tra strumenti musicali elettronici. inventato da Dave Smith della Sequential Circuits e dall’ingegnere Chet Wood, che nel 1981 scrissero il documento Universal Synthesizer Interface.

Per approfondire vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Musical_Instrument_Digital_Interface

Check the english version by Maria Alvino (IG: @im.called.maria)

My One And Only Planet

Metti una pandemia, che costringe buona parte del mondo civilizzato chiuso in casa. Metti una emergenza climatica sempre più pressante. Metti la sensibilità ai cambiamenti climatici di un gruppo di artisti e la loro urgenza di rappresentarla.

Da tutto questo nasce My One And Only Planet, disco solitario ma corale, dove Lucia Ianniello (tromba), Roberto Cervi (chitarre), Paolo Tombolesi (piano e tastiere), Mario Mazzenga (basso elettrico) e Grant Calvin Weston (batteria) suonano, ognuno da casa propria e per lo più improvvisando, delle parti alle quali in seguito si aggiungono le parti degli altri in una stratificazione che va a comporre il brano nella sua interezza. Un procedimento che può sembrare forzato, innaturale, soprattutto in ambito jazzistico, che invece sortisce un sorprendente effetto “live“, dove si percepisce una sorta di “interplay differito”.

Il disco si connota per l’alternarsi, tra un brano corale e l’altro, di un interludio a firma, di volta in volta, di uno solo dei musicisti dell’ensemble. L’intento, ci pare, è quello di voler rivendicare la solitudine ed il senso di frustrazione sopportato durante il lockdown, solitudine però rielaborata e restituita in forma di musica salvifica.

Atmosfere dilatate alternate a ritmi più incalzanti, il disco si svela con elegante leggerezza alle nostre orecchie, finemente condotto dalla batteria di Weston e tenuto alla briglia dal basso di Mazzenga. La tromba di Lucia Ianniello surfa con agio sopra le armonie sospese di Tombolesi e Cervi, i quali si compendiano tra loro con grande intesa.

Col primo brano, Over The Wind, già capitoliamo. Le note ci avviluppano fumose e placide, trascinandoci in un gorgo oscuro ma rassicurante. E se in New Drop l’amosfera si fa bluesy, con l’organo che si aggiunge alla chitarra, in Yellow Ladybug veniamo riportati nei territori della fusion, per poi essere proiettati nelle lande più ardite del free con Sea Swallow prima e Ocean on Fire poi.

Un disco che vuole essere un motivo di riflessione, di allarme, ma il cui ascolto è al tempo stesso rassicurante.

Sul press kit allegato al disco, uscito per Freely Records il 29 gennaio 2022, si legge:

Nel momento in cui i cambiamenti climatici mettono a repentaglio il futuro del genere umano sul nostro unico e solo pianeta, l’esperienza della pandemia ci ricorda che nessuno si salva da solo, ma che c’è bisogno di una presa di coscienza e di un lavoro collettivo di tutti i popoli della Terra.

https://www.freelyrecords.com/

Border Wall, l’EP anti CORONAvirus

Lungi da me fare del clic-baiting, né tanto meno diffondere fake news. Non sto promuovendo un fantomatico rimedio contro il Coronavirus, ma se è vero che un farmaco contro questa terribile malattia ancora non lo abbiamo, della buona musica può però sicuramente aiutarci durante i lunghi giorni di questa quarantena italiana.

Per prima cosa, una doverosa premessa: il disco, anzi l’EP di cui vi sto per parlare, non è propriamente annoverabile nella categoria del Jazz, anche se certi ambienti dell’Hip-Hop si fregiano spesso di questa etichetta. È pur vero che le etichette lasciano il tempo che trovano, ma per dovere di cronaca verso i miei lettori mi sento di specificare che si tratta di Hip-Hop. Attenzione, però, se ve ne parlo è perché il disco ha colpito positivamente le mie orecchie di jazzofilo.

Vi parlo di SWED, giovane artista italiano cresciuto tra musica Lirica, Jazz e Blues, per poi scoprire il mondo dell’Hip-Hop e in particolare l’old school americana. Questo, almeno, recita la sua bio.

Ma veniamo al suo EP, uscito il 20 marzo su tutte le piattaforme digitali, dal titolo Border Wall. Il disco è molto ben suonato ed arrangiato, le atmosfere sono quelle tipiche del genere ed i ritmi trascinanti, di quelli che ti fanno muovere sulla sedia. Quello che colpisce e che differenzia questo lavoro da tutto quanto possiamo avere già sentito è il timbro di voce di SWED, molto scuro, al limite dell’intellegibile, che dona carattere ed unicità al sound.

I suoi testi sono una critica al mondo musicale attuale, spesso povero di contenuti, con una visione distorta e oggettivata della donna. Ma non è una critica bigotta, bensì una reazione che si concretizza in versi come:

and i know what they want
i see the mercenaries have gone
from your land and from your home
i see the marines have been at war
just for gasoline are devided all
are devided all ,are devided all world
no more wars no more walls

e so cosa vogliono
vedo che i mercenari se ne sono andati
dalla tua terra e da casa tua
vedo che i marines sono stati in guerra
solo per la benzina sono divisi tutti
sono divisi in tutto, sono divisi in tutto il mondo
niente più guerre niente più muri

dove vi è una forte critica alla politica delle multinazionali senza scrupoli, oppure in questi altri versi, tratti da Musica Basura:

(entendido bien?)
has oído bien
(tomo cien?)
pesos ,para no sentir la falta de un beso
de un corazon tan lejano
por la razon de este viejo
mundo de basura tan pendejo

(capito correttamente?)
hai sentito bene
(prendine cento?)
pesos, per non sentire la mancanza di un bacio
da un cuore così lontano
per la ragione di questo vecchio
mondo dei rifiuti così stupido

dai quali traspare la dura critica verso un mondo che mercifica tutto, dove tutto è monouso e niente ha più un vero valore.

Ho ascoltato a lungo e più volte in cuffia questo EP ben suonante e avvolgente. L’ho trovato gradevole, contemporaneo e vecchio stile allo stesso tempo. A mio parere merita un’ascolto.

Disponibile anche in vinile limited edition pubblicato da Do Your Thang

Jazz Online

Se stai cercando jazz online potresti essere interessato ad abbonarti ad un servizio in streaming che ti consenta di ascoltare la musica senza dover scegliere un cd, metterlo nel lettore, ecc. Mi rendo conto che mettere un cd è già un gesto molto antico, e che il tempo che viviamo non sia più troppo indulgente verso quei riti che richiedevano il loro momento, e che aggiungevano valore all’esperienza di ascolto. Di seguito ti propongo tre soluzioni offerte da Amazon.

Amazon Music Unlimited

Se sei tra coloro che non hanno voglia nemmeno di digitare il nome di un artista, puoi ascoltare jazz online aderendo all’offerta, gratis per i primi 30 giorni, di Amazon Music Unlimited. Con questa piattaforma, abbinata ad un dispositivo come Amazon Echo Dot, puoi chiedere ad Alexa la musica che vuoi ascoltare, senza dover muovere un dito e senza nemmeno dover aprire il computer, rimanendo comodamente sul divano. Irresistibile, vero?

Download di MP3

Una ulteriore possibilità è quella di scaricare MP3 ed ascoltarli comodamente sul tuo smartphone o iPod. In questo caso puoi trovare pane per i tuoi denti in questa selezione di MP3 jazz.

Vinili e CD, che passione

Infine, se hai invece ancora voglia di ascoltare un cd, o addirittura un vinile, ti segnalo qui una ampia scelta di cd e vinili tra i quali attingere.

Conclusioni

Dunque non hai più scuse per non ascoltare la musica che preferisci, che sia jazz o di qualunque altro tipo. D’altra parte la musica è l’arte che ci mette in contatto con la nostra anima e le nostre emozioni più profonde, perché privarsene?

My Favourite Strings vol. 1

cover albumLa scelta di far uscire solo in versione digitale My Favourite Strings vol. 1, il nuovo disco di Dario Deidda prodotto dalla Groove Master Edition di Gegè Telesforo,  sarà pure dettata da una strategia commerciale ma appare come una precisa dichiarazione di intenti: essere qui, nel presente della musica. Una scelta di brani particolare, con pezzi degli anni Venti del secolo scorso che convivono benissimo insieme a composizioni di John Coltrane e Lyle Mays, ma anche di Sting e Marcus Miller. Deidda è un magister del suo strumento, che suona con precisione metronomica conferendo una sorta di machine feel alla propria esecuzione, ed è con questo bagaglio che affronta i vari brani. A partire da Bye Bye Blues, brano del 1925, suonato in stile manouche (quando a quell’epoca Django Reinhardt aveva solo 15 anni). Passando per Puttin’ On The Ritz (1927), dove sul tempo scandito dal basso elettrico si innestano le improvvisazioni del contrabbasso prima e del piano poi. Da sottolineare che tutti gli strumenti sono suonati in sovraincisioni successive dallo stesso Deidda, e qui il pensiero va a Conversations With Myself di Bill Evans con la differenza che, mentre Evans registra tre volte il suo stesso strumento, Deidda oltre al basso elettrico, al basso acustico ed al contrabbasso incide anche il piano, coadiuvato da Telesforo per le percussioni e la voce. My Favourite Strings, la title track, è un condensato di Deiddologia: l’approccio matematico, con il tempo dispari in cinque quarti; l’approccio lirico, con un cantabilissimo tema; l’approccio solistico, con un assolo di basso elettrico anche esso cantabile e ritmicamente smuovente. Brano trascinante, magicamente fluente, che potrebbe diventare un nuovo classico nel futuro.

Come detto ci sono poi Coltrane, Mays, Sting, e una meravigliosa versione di Freedom Jazz Dance, brano tratto dall’omonimo album dell’Ethnic Heritage Ensemble. Il disco chiude con Run For Cover, strutturata su un groove incentrato sulle improvvisazioni vocali di Telesforo e che traghetta l’ascoltatore verso il funky più raffinato, pieno di contrappunti e scarti, con la sensazione meravigliosa di non sapere mai esattamente dove stia il beat, a dimostrare che Heisenberg aveva ragione con quel suo principio di indeterminazione.

Uscito il 14 ottobre 2017, il disco è da diversi giorni al primo posto della classifica  dei più venduti.

DARIO DEIDDA _“MY FAVOURITE STRINGS vol.1”

  1. Bye Bye Blues (Hamm-Bennett-Lown-Gray)
  2. Air Mail Special  (B.Goodman-J.R.Mundy-C.Christian)
  3. Puttin On The Ritz (I.Berlin)
  4. Moment’s Notice (J.Coltrane)
  5. Daddy’s Riff  (E.Telesforo-B.Sidran)
  6. My Favourite Strings (D.Deidda)
  7. Chorino (L.Mays)
  8. Until (Sting)
  9. Freedom Jazz Dance (E.Harris)
  10. Run For Cover (Marcus Miller) (bonus track)

 

Migrantes

Dedicato al fenomeno dell’emigrazione, Migrantes è un disco che non si può ignorare. Il Jazz di Pasquale Innarella è improntato ad una forte contaminazione di suoni, ma anche di usanze, storie, sapori, odori. E ancora, è contaminazione tra mondi e tempi lontani, come i paesani che dalle terre del Sud Italia andarono a cercar fortuna altrove e gli africani che oggi, colmi di speranza, sbarcano sulle spiagge lampedusane. Uscito per Alfa Music e prodotto da Le Rane di Testaccio il lavoro, oltre a Pasquale Innarella ai sassofoni, vede la partecipazione di Francesco Lo Cascio al vibrafono, del compianto Pino Sallusti al contrabbasso e di Roberto Altamura alla batteria.

La formula è quella collaudata del precedente disco di Innarella, ma qui il respiro si fa più ampio, universale, e dalle terre di Irpinia si vola molto più su. Prima in Oriente, con il tema, costruito sulla scala minore armonica, di Oriental Mood e poi con le alternanze di quattro e tre quarti di Yekermo Sew. In Arteteke emergono atmosfere più contemporanee con incursioni nel Free (e qui vengono fuori le origini musicali di Innarella, che si avvicinò al Jazz ascoltando Albert Ayler alla radio) e anche nel genere più propriamente atonale (e qui l’impronta di Lo Cascio appare determinante). Atmosfere che ritroviamo anche nella lunga intro di Migrantes, la title trackI go, la ballad del disco, delinea in musica la partenza di queste persone le quali, per disperazione, sono pronte a sacrificare la vita pur di arrivare da quest’altra parte del mondo.

Ogni angolo di questo lavoro emana la passione di Innarella per la musica e la sua attenzione al fenomeno della emigrazione, fenomeno che lui stesso ha vissuto sulla propria pelle come racconta nelle note di copertina. Il suo sax lancinante ben si adatta al concept del disco, magistralmente compendiato dal vibrafono di Lo Cascio che innesta note taglienti qua e là a condire il tutto. I brani sono tutti composti da Pasquale Innarella a parte il citato Yekermo Sew, di Mulatu Astatke, e Night In Town di Pino Sallusti.

 

 

A Beautiful Story

E’ uscito per Jando Music/Via Veneto Jazz il nuovo disco di Rosario Bonaccorso, A Beautiful Story. Il contrabbassista si avvale della partecipazione di Enrico Zanisi (piano), Dino Rubino (flicorno) e Alessandro Paternesi (batteria), un cast giovane e di grande talento, il supporto ideale per far emergere il lirismo e la cantabilità che caratterizzano la vena compositiva di Bonaccorso. Il flicorno di Rubino impone, già dal primo brano nonché title track, una impronta malinconica e filmica, con scatti di swing (Come l’acqua tra le dita), ben adagiandosi sul piano di Zanisi il quale non manca di aggiungere la sua propria e inconfondibile poetica.

Con Der Walfish, terza traccia del disco, l’atmosfera si fa meno malinconica, riecheggiando nella mia mente concerti ascoltati negli anni Ottanta in club come lo storico Music Inn di Pepito Pignatelli, mentre un deciso passo verso la tonalità maggiore  si ha con Duccidu, nel quale il flicorno si spinge sul registro più alto.

Un disco intimo, senza dubbio, cantabile come un aria lirica, che poche volte si concede virate verso un up-tempo (Freddie). Ed è proprio in questo carattere crepuscolare che sta il suo fascino. E’ un disco permeato ovunque del contributo discreto del leader, il quale solamente in Lulù e la luna suona il tema, peraltro in un continuo fade in/fade out con il pianoforte. Una scelta che merita attenzione, anche in virtù dell’esito: il disco è delicato, ammaliante, perfetto nella sua epifania.

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Sito ufficiale di Rosario Bonaccorso