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Sei domande a Riccardo Fassi

[Maurizio Alvino] Sono con Riccardo Fassi, pianista e tastierista ma anche compositore e arrangiatore. Ma tu, Riccardo, come ti definiresti?

[Riccardo Fassi] Sono un musicista curioso di conoscere tutte le forme musicali dal passato ad oggi, sia nel Jazz che nella musica in generale. Interessato a cercare nuove idee in me e nei musicisti con cui collaboro. Determinato a cercare attraverso la musica un continuo scambio di energia sia tra i musicisti che con il pubblico.

[MA] Ieri è stata la Giornata Internazionale del Jazz ed hai condiviso, sulla tua pagina Facebook, un video inedito dove sei con Tom Bones Malone ed il Massimo Pirone 5tet al Festival Jazz di Valmontone. Tom Malone ha suonato con Frank Zappa, con la Blues Brothers Band e con la CBS Orchestra del David Letterman Show. Diciamo che tu non sei nuovo a collaborazioni internazionali. Ma secondo te il Jazz è davvero un linguaggio che mette d’accordo tutti, in qualunque parte del mondo si sia nati? C’è qualcosa di magico in questo, non trovi?

[RF] Il Jazz è diventato un linguaggio universale che permette a persone di ogni continente e lingua di comunicare tra loro ad un livello di sintonia emotiva che va oltre la parola. Sicuramente l’improvvisazione è una forma di magia, che consente a persone lontanissime e con storie diverse di trovare un punto di incontro ad un livello profondo di coscienza.

[MA] Da sempre apprezzo il tuo modo di comporre, sia al livello di arrangiamento ma anche la tua capacità di creare melodie avviluppanti e sinuose. Come sviluppi le tue idee? Hai un flusso di lavoro preciso o dipende dalle situazioni?

[RF] Le idee possono sorgere spontaneamente: a volte mi sembra davvero che qualcuno mi stia dettando le note… altre volte viene richiesto un brano o un programma particolare. Annoto idee melodiche, tracce, armonie, linee e il procedimento può essere diverso, ma ho sempre molti spunti di partenza che poi si materializzano in un brano. Quindi si va dal processo puramente emotivo ad una determinazione costruttiva, specie nel lavoro di arrangiamento.

[MA] Pianoforte, sintetizzatori, organo Hammond… sono tanti gli strumenti a tastiera che padroneggi. Puoi raccontarci cosa racconti con gli uni e con gli altri ?

[RF] Ogni strumento ha una sua anima, un suo suono; è una porta che apre tante prospettive. Il piano ha possibilità infinite, ed è estremamente diretto. È lo strumento col quale è possibile esprimere ogni intenzione emotiva. I sintetizzatori hanno ognuno delle particolarità: il Minimoog ha un colore e densità sonora molto coinvolgenti e diverse da altri synth. Per questo ho registrato delle improvvisazioni in solo su YouTube con questo strumento. Con i synth polifonici come Oberheim o Prophet posso suonare cose che hanno una vastità orchestrale completamente diversa dal piano. L’ Hammond è molto più vicino al blues, al groove, ed è uno strumento che scatena energia ritmica, come in modo diverso il Rhodes Piano, per me fondamentale ed insostituibile in molti contesti musicali!

[MA] La domanda d’obbligo è sulla pandemia e sul forzato stop al lavoro di molti musicisti, che si sono visti precludere la possibilità di esibirsi dal vivo. Come l’hai vissuta, e come la vedi in prospettiva?

[RF] L’impatto iniziale è stato per tutti molto scioccante! Una drammatica condizione per noi musicisti abituati a viaggiare e suonare incontrando sempre nuove situazioni. Queste cose sono mancate molto a tutti. Ho studiato molto e scritto pezzi e arrangiamenti nuovi, provando nuove idee che saranno proiettate in un prossimo futuro. La prospettiva di ripresa è comunque incerta, perché ci vorrà del tempo affinché gli spazi per la musica tornino a vivere come un anno e mezzo fa. La normalità dei teatri pieni tornerà molto lentamente e chissà quando. IEd i video come le esecuzioni in streaming sono un ambito in pieno sviluppo che potrà sempre di più affiancare il live!

[MA] Che progetti hai per il prossimo futuro, soprattutto in un futuro incerto come quello che hai appena delineato?

[RF] Per il futuro ho una lista di progetti sia per orchestra che per piccole formazioni dal duo, al trio al quintetto. Nell’immediato sarà più facile ripartire con queste piccole formazioni. Un nuovo quintetto con musica originale era in preparazione prima della pandemia e sicuramente si riprenderà. Spero che anche l’orchestra in estate si possa fare! Ho un nuovo progetto con Antonello Salis già pronto! Anche in ambito video ci sono diversi progetti in cantiere: anche con sintetizzatori vintage da esplorare nelle loro infinite possibilità!

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Cinque domande a miriam netti


[Maurizio Alvino] Sono con Miriam Netti, cantante jazz, possiamo dirlo? O meglio dire semplicemente cantante? In altre parole: chi è Miriam Netti?

[Miriam Netti] Sono una cantante jazz, così come sono una musicista e un’insegnante e anche un’artista più in generale, faccio della mia vita la mia forma d’arte, sono quello che ho fatto quello che faccio e quello che ho in testa e nel cuore.

[MA] Nel video di Piccole mele verdi, tratto dal tuo album “La bossa”, sei alle prese con la cucina. In fondo il parallelo tra jazz e cucina è stato usato anche da Miles come metafora del suonare jazz, ma viste le tue origini baresi mi viene da pensare che la Puglia abbia un ruolo importante in questa metafora… che poi tanto metafora non è, visto quanto si mangia bene a Bari!

[MN] Non cucino volentieri ma, da buona pugliese, mi piace mangiar bene e in compagnia. Il video di “piccole mele verdi” che puoi trovare sul canale https://youtube.com/c/miriamnetti è stato il mio primo video ufficiale e volevo che restasse in linea con la scelta musicale, per questo racconta con onestà la Miriam di tutti i giorni, quella vera, un po’ caotica, che cammina scalza in casa, ma che accoglie e che vuole far stare bene.

[MA] Mi capita di sentir dire “eh ma il jazz è di nicchia”, e allora io rispondo che solo in Italia esistono decine e decine di piccoli e grandi festival jazz. Secondo te per quale motivo alla fine il jazz vive a dispetto dei preconcetti di molti?

[MN] Penso di poter dire a ragione veduta, da cittadina europea che l’Italia e gli italiani più di altre nazionalità sono molto grati alla musica dal vivo; per gli italiani la musica diventa uno dei momenti dello stare insieme, del “sentire insieme” e dell’Unione spirituale. Penso alle piazze d’arte italiane che uniscono al passeggio l’incontro, la chiacchiera , le bellezze architettoniche e artistico/scultoree. È nella nostra indole, nella nostra storia. Il jazz arriva tardi nella nostra storia; è di nicchia, ma si combina bene al concetto della fruizione facile e immediata in quanto forma di improvvisazione, della “piazza italiana” .

[MA] La domanda d’obbligo è sulla pandemia e sul forzato stop al lavoro di molti musicisti, che si sono visti precludere la possibilità di esibirsi dal vivo. Come l’hai vissuta, e come la vedi in prospettiva?

[MN] La pandemia ci sta portando via la “piazza italiana”, l’incontro e il confronto, cosa ci resta senza la piazza? Io personalmente non vorrei che la musica prodotta dalle grandi case discografiche, spesso individualista e alle volte cinica, vincesse ancora più spazio. Una riflessione di massa è necessaria.

[MA] Che progetti hai per il prossimo futuro, soprattutto in un futuro incerto come quello che ci si prospetta davanti? E il mio non vuole essere un tono pessimistico, piuttosto uno sprone a reagire al meglio.

[MN] Il 6 agosto 2021 esce il disco The Art Of Jazz. Nasce casualmente in una sessione di un giorno in studio di registrazione dove inizialmente ero stata invitata a cantare un paio di pezzi per una etichetta danese, puoi già sentire il primo singolo Who Can I Turn To su tutte le piattaforme digitali, il secondo singolo May I Come In si può già ordinare a questo link https://miriamnetti.lnk.to/Come e a settembre incido il mio prossimo album; sarà un La Bossa Vol.II.

New Talents Jazz Orchestra: intervista a Mario Corvini e Maurizio Miotti

Qual è il segreto per coinvolgere il pubblico?

Mario Corvini: Per coinvolgere il pubblico credo che ci vogliano innanzitutto forte convinzione e la giusta organizzazione per arrivare al meglio alla gente. Noi crediamo fortemente in quello che facciamo, cercando di proporre progetti che piacciano al grande pubblico e anche a noi. Forse è questa la semplice ragione di questo successo.

Maurizio Miotti: Difficile rispondere a questa domanda: sono convinto che l’entusiasmo e la passione con la quale lavoriamo siano contagiosi, e che il pubblico percepisca tutto ciò, lasciandosi coinvolgere e trasportare dalla musica e dalle immagini.

Siete stati sorpresi dal grande successo di questa rassegna?

Maurizio Miotti: Un po’ sì, anche se fin dai primi concerti erano chiare le potenzialità di questa rassegna.

Mario Corvini: Forse si, ma non più di tanto. Sapevamo che sarebbe piaciuto. Per coinvolgere più pubblico ci vogliono tempo e passaparola, e magari una tale affluenza ce la saremmo aspettati in un tempo maggiore.

Come viene organizzato il lavoro per ogni spettacolo, tra scelta delle immagini e scrittura degli arrangiamenti?

Mario Corvini: Il lavoro di organizzazione è abbastanza laborioso, soprattutto nella primissima fase, quella dell’elaborazione progettuale. Poi c’è la fase degli arrangiamenti che vengono mano a mano elaborati, laddove c’è necessità di scrivere appositamente, altrimenti attingiamo dal nostro grande archivio di musica.

Invece la parte relativa alle immagini, video e testi è la fase conclusiva, e se ne occupa egregiamente Maurizio.

Maurizio Miotti: C’è un grande lavoro di studio e ricerca nella scelta del tema centrale di ciascun concerto. Quindi la selezione del repertorio, attingendo agli arrangiamenti delle grandi orchestre jazz oppure scrivendo noi stessi degli arrangiamenti (di alcuni sono anche io autore).

La scelta delle immagine e dei video clip, poi, è guidata dalle suggestioni e dalle emozioni che la musica trasmette.

Pensate che anche l’anno prossimo ci possano essere nuovi appuntamenti?

Maurizio Miotti: Spero proprio di sì! In questi giorni è iniziata quella fase di studio e ricerca di cui ho accennato in precedenza e già si stanno delineando i nuovi temi che caratterizzeranno i concerti della terza edizione della rassegna.

Mario Corvini. Come dice il motto, non c’è due senza tre, ci auguriamo di realizzare la terza edizione, sarebbe fantastico, le idee non ci mancano, e poi gli argomenti offrono varie soluzioni.

Quali altri aspetti del rapporto tra cinema e musica vi piacerebbe raccontare?

Mario Covini: Sarebbe bello realizzare altri autori, o magari indagare il rapporto tra registi e musicisti, tipo Hitchcock e Bernard Herrmann, oppure Spielberg e John Williams.

Maurizio Miotti: La musica jazz è stata scelta per commentare film di generi differenti: sarebbe interessante approfondire il rapporto con la commedia brillante americana, per far cadere un po’ quella barriera che talvolta fa pensare al jazz come una musica per intellettuali.

Quali sono stati per voi finora i momenti più memorabili della rassegna?

Mario Corvini: Ci sono piaciuti tutti, forse però il Noir, e la Commedia all’italiana sono stati di spicco, devo dire in effetti che è difficile avere delle preferenze particolari.

Maurizio Miotti: In ogni concerto ci sono momenti particolari ed emozionanti: nell’ultimo concerto, dedicato ai cartoon, vedere così tanti ragazzi e bambini tra il pubblico, dando loro la possibilità (forse per la prima volta) di ascoltare un’orchestra jazz dal vivo, è stata una bella soddisfazione.

Ci sono altre iniziative alle quali sta già lavorando la New Talents Jazz Orchestra?

Mario Corvini: Stiamo organizzando una serie di concerti in Italia per la prossima stagione. Siamo orchestra residente all’Auditorium Parco della Musica, una collaborazione che porterà sicuramente ad una maggiore attività concertistica.

Questa orchestra ha un grandissimo potenziale e presto verrà messo in atto ma ci vuole tempo perché è sempre difficile fare suonare in maniera costante gli organici numerosi- Finora abbiamo comunque avuto un’ottima tendenza, ci troviamo costantemente nella fase organizzativa di qualcosa di nuovo.

NTJO

Intervista a Luca Roccatagliati

DJ Rocca

Luca Roccatagliati, noto come DJ Rocca. Chiamarlo solo DJ è riduttivo, visto che il suo background è di ispirazione Jazz e Fusion. Lo abbiamo incontrato a Roma in occasione di alcuni suoi concerti con il jazzista Franco D’Andrea.

Luca, è vero che nasci jazzista?

In verità nasco flautista classico. Ho frequentato il conservatorio e mi sono diplomato in flauto traverso, ma piuttosto che amare il programma statale, ascoltavo già i Weather Report e James Brown, grazie ad illuminati DJ che all’epoca facevano ballare suqueste sonorità. Dopo il diploma decisi di imbracciare il sax alto e presi lezioni d’improvvisazione da Marco Tamburini e Piero Odorici, che allora era il nucleo dei giovani virgulti bolognesi.

 
E come succede che un jazzista poi diventa DJ?

Quando sei un giovane sassofonista il percorso per emergere è veramente duro, a meno che tu sia un fenomeno! Ovviamente io non lo ero, ma al tempo stesso, come dicevo sopra, seguivo la scena dei DJ cosidetti “Afro” come Mozart o Daniele Baldelli, che nelle loro serate facevano ballare con i dischi della ECM mischiati agli Steps Ahead, o come Africa Djolè con Herbie Hancock. Era il periodo in cui usciva Rock it,  album nel quale le mie due musiche preferite si fondevano: elettronica e jazz.
Nell’arte del DJing, quindi, ho trovato la mia espressione musicale: la scuola dell’improvvisazione Jazz applicata alla scelta dei dischi per fare ballare, mescolando generi, suoni e ritmi, infondendo uno stile personale.

Come è nata la collaborazione con Franco D’Andrea?

E’ stato tutto merito dell’amico Raffaele Costantino di Musical Box (Rai Radio2). Lui aveva indetto un remix contest su un frammento d’improvvisazione del Maestro. Io partecipai, e fortunatamente venni decretato da Franco stesso vincitore. Galvanizzato da questa cosa, scesi a Roma per incontrare personalmente D’Andrea, il quale mi disse “prima o poi faremo qualcosa”, la classica frase di circostanza. Invece 3 mesi dopo, nel Maggio 2014, il Maestro mi chiamò e mettemmo in piedi il progetto Electric Tree. Da li in poi sono state tutte grandissime soddisfazioni, con svariati concerti ed un album doppio registrato al Parco della Musica, fino al meraviglioso risultato della settimana scorsa, con la formazione in ottetto.

Raccontaci il tuo setup: che strumenti usi, e soprattutto come li usi?

Il mio set up in studio è una cosa, mentre quello dal vivo con Electric Tree è molto più snello. A casa ho svariati sintetizzatori vintage e drum machine, un banco mixer ed un computer fisso, mentre nel live di Electric Tree utilizzo un Macbook Pro con memoria allargata a 16 GB. Sul computer gira Ableton Live, con aperti due synth virtuali Arturia ed una drum machine, più precisamente Analog Lab2, Spark e Stage 73. In più gestisco i suoni virtuali con una tastiera midi usb per i sintetizzatori, mentre per programmare ed editare in diretta la drum machine utilizzo la periferica hardware di Spark, cioè lo Spark LE. Per la modifica in tempo reale delle mie clip ed i campioni catturati dal pianoforte (Franco D’Andrea) e sax (Andrea Ayassott), utilizzo un Akai Apc 40. Nella versione in ottetto aggiungo un mixer esterno ad otto canali, che mi serve per campionare otto strumenti differenti, anziché solo due.

Che differenza c’è tra suonare con Franco D’Andrea e suonare in una discoteca?

In discoteca suono i dischi e mi diletto nel creare un percorso sonoro e di ballo utilizzando composizioni mie e di altri. Con Franco D’Andrea, invece, sono un jazzista che al posto di improvvisare con un flauto od un sax improvvisa con il computer ed i suoni che riesce a creare.

Quali sono i tuoi attuali progetti?

Sono molti e differenziati.
Ho un progetto con Dimitri From Paris, il famoso DJ francese. Si chiama Erodiscotique, ed il nostro suono recupera in chiave attuale la proto House, e la Disco anni 70/80, dove ancora gli arrangiamenti erano sontuosi e molto curati. Abbiamo appena rilasciato il nostro album per l’etichetta giapponese BBQ, con relativo tour a Tokyo nello scorso Dicembre 2016
Ad Aprile 2017 uscirà per l’etichetta milanese Schema, un’altra collaborazione con un amico artista e DJ che si chiama Stefano Ghittoni. In questo album, invece, si recupera il jazz spirituale di Sun Ra, Alice Coltrane e Pharoah Sanders in chiave elettronica dance, strizzando l’occhio all’Hip Hop astratto ed al broken beat.
Infine uscirà per la label inglese Real Balearic, il secondo album a quattro mani con Daniele Baldelli, storico DJ eclettico idolatrato in tutto il mondo. Il suono si rivolge in questa veste, alla scena delle spiagge ibizenche, quindi atmosfere rilassate, ritmi lenti e sapori tropicali, senza rinunciare alla verve cosmica che ci contraddistingue.

Sito ufficiale DJ Rocca

Garbatella Jazz Fest

Garbatella Jazz Festival 2016Il Garbatella Jazz Festival propone quest’anno un programma di contaminazione tra Classica e Jazz. Ieri sera è stata la volta dei Play Verdi, capitanati da Nicola Puglielli (chitarra, arrangiamenti) con Andrea Pace (sax tenore, arrangiamenti), Piero Simoncini (contrabbasso) e Massimo D’Agostino (batteria). Il loro progetto è una rilettura dell’opera di Giuseppe Verdi in chiave jazzistica, con un accento non solo sulla melodia principale ma anche sulle altre voci dell’Opera originale, in un gioco di contrappunti filologico ma anche innovativo, laddove una linea secondaria è stata interrotta ed unita ad un’altra, sicuramente al fine di meglio rendere la trasposizione per questo quartetto ma risultando nel contempo nuova e intrigante.

In apertura hanno dato ottima prova i Mood 5, che hanno piacevolmente impressionato con loro brani originali i tanti appassionati o semplici curiosi accorsi alla Villetta, in via Francesco Passino 26 /  via degli Armatori 3.

Mood 5 al Garbatella Jazz Festival

Con Lamberto Armenia (sax alto), Gian Domenico Murdolo (sax baritono), Stefano Diotallevi (pianoforte), Giuliano Stacchetti (basso elettrico), Vladimiro Nigro (batteria).

La manifestazione, che sta avendo grande successo di pubblico, prosegue fino a sabato.

Intervista a Nicola Puglielli e a Pino Sallusti, direttore artistico della manifestazione.

Play Verdi a Garbatella Jazz Festival

Terni Jazz Orchestra al Terni On

saxesUn pomeriggio domenicale a piazza Europa, a Terni, un’orchestra jazz, un pubblico di famiglie e curiosi. Il repertorio: canzoni di autori ternani, standard americani, canzoni sud-americane, musica leggera italiana e internazionale. Il tutto con quel flavour jazzistico fatto di note tensive e arrangiamenti swinganti, che come ci ha detto il direttore Marco Collazzoni creano quella campitura armonica che può far avvicinare la gente al Jazz. E la gente ha partecipato, ha battuto il piede e qualcuno ha perfino ballato. Una missione, dunque, che ci sembra riuscita.

Abbiamo intervistato Marco Collazzoni alla fine della serata.

Intervista a Marco Collazzoni

Pagina Facebook della Terni Jazz Orchestra

Incontro: “Informazione e promozione per il jazz italiano: i nuovi scenari digitali”

Il 31 maggio 2016 si è svolto alla Casa del Jazz un incontro dal titolo “Informazione e promozione per il jazz italiano: i nuovi scenari digitali”, promosso dalla Associazione Italiana Musicisti di Jazz (MIDJ), durante il quale ho avuto il piacere di essere intervistato da Vincenzo Martorella (curatore dell’incontro). Abbiamo parlato di come è nato il blog Jazzaroma e della accoglienza che ha avuto da parte dei musicisti e del pubblico. All’incontro, che verteva sulla promozione della musica attraverso l’utilizzo dei nuovi media, hanno preso parte: Vincenzo Martorella, Luigi Onori, Fiorenza Gherardi De Candei, Maurizio Alvino, Paolo Tombolesi, Raffaele Costantino, Enrico Cogno, Enzo Abbate. Un grazie speciale lo devo a Daniela Floris.

La canzone secondo Pieranunzi 

In trasferta a Torino, ho avuto l’occasione di assistere al concerto di Enrico Pieranunzi (piano) e Simona Severini (voce). I brani presentati sono quelli di My Songbook, un disco uscito da qualche mese per Jando Music nel quale Pieranunzi ripercorre una selezione di canzoni da lui scritte negli anni, alcune nate senza le parole, scritte in seguito da cantanti con le quali si è trovato a collaborare (Norma Winston), altre delineate attraverso i versi di una poesia (della poetessa sua amica Jacqueline Risset, occasione di scoprire la passione di Pieranunzi per la letteratura e la poesia), altre che originano da album lontani nel tempo ma meravigliosi,come Night Bird, tratto da Soft Journey, inciso con Chet Baker. Molto bello il Torino Jazz Club, ho apprezzato l’accoglienza, la cura dei dettagli, un po’ meno il costo del concerto, 30 euro a persona inclusa una consumazione. In tempi di crisi, un biglietto più contenuto avrebbe forse aiutato a riempire di più il locale in una serata già fortemente penalizzata dalla finale di Champions’ League.

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Intervista con Enrico Pieranunzi e Simona Severini