Anche il terzo sole era ormai tramontato dietro Lumen, e dall’oblò dell’albergo orbitante potevano chiaramente distinguersi i tre piccoli continenti che emergevano dallo sconfinato oceano che ricopriva il pianeta. La gravità artificiale procurava a Thal un senso di spossatezza, accentuato forse dai postumi dell’iperviaggio che l’aveva condotta fin là. Ma nessun disagio poteva distoglierla da quella bellezza, e continuò a fissare Lumen per parecchi minuti, fino a che la voce del governatore non la destò.
“Le porgo il benvenuto a nome di tutta la comunità di Lumen, dottoressa. Spero che abbia fatto un buon iperviaggio. Era la prima volta?”
“Sì. Un’esperienza notevole. E’ strano come si riesca a percorrere distanze interstellari in una frazione del tempo necessario dalla Terra a Marte.”
“Il progresso tecnologico ha avuto una notevole accelerazione nell’ultimo secolo. A volte mi chiedo se non si sia spinto troppo al di là delle nostre capacità di controllo. Lei è una linguista, dunque.”
“Sono qui per studiare l’evoluzione della nostra lingua lontano dal pianeta di origine, nonché la lingua degli indigeni.”
“Gli indigeni parlano una lingua primitiva, dottoressa. Non credo sia saggio studiare una simile accozzaglia di suoni inarticolati.”
Thal rimase in silenzio. Le avevano detto che il governatore Stark non vedeva di buon occhio i nativi di Lumen, ma non avrebbe mai pensato di udire dalla bocca di un membro della Confederazione parole così smaccatamente razziste. Si morse le labbra, e lo fissò con sfida: “Non credo che le sue competenze siano tali da poter giudicare una lingua, Governatore. Inoltre la civiltà lumeniana mi risulta essere tutt’altro che primitiva, paragonabile piuttosto alla nostra era preindustriale.”
La navetta planò dolcemente sulla piattaforma 4 dello spazioporto. Nessuna ombra a contornarla, i tre soli già accerchiavano Lumen da ogni lato. Ma a parte questo, sembrava davvero di essere sulla Terra, il profumo dell’oceano era incredibilmente simile e tutto intorno non si vedevano che umani.
“Buongiorno, dottoressa” la apostrofò un uomo con la divisa della Confederazione, “sarò suo tutore durante tutto il suo soggiorno. Per di qua, prego.”
Il vettore filava silenzioso lungo il binario elettronico dell’ultimo livello, quello permesso solo alle autorità. Thal prese a scorrere i giornali del luogo che il suo tutore aveva avuto cura di farle trovare. Notò subito che le frasi erano ben costruite, le parole scelte con cura e a volte obsolete. Anche la costruzione sintattica tendeva ad essere molto formale, come se i coloni tentassero inconsciamente attraverso l’uso corretto o addirittura aulico della lingua di mantenere un cordone ombelicale con la Terra, come a ribadire la loro appartenenza al genere umano, in contrapposizione alla razza lumeniana. Già, i lumeniani. Ma dove erano? Ancora non le era riuscito di vederne uno, eppure lo spazioporto era molto affollato.
La Biblioteca Globale di Lumen, come tutte le costruzioni del pianeta, era un edificio che si estendeva per la maggior parte sottoterra, dove i soli non arrivano ad inondare di luce e calore le attività quotidiane. Thal si sedette al terminale e iniziò a scorrere la lista dei libri pubblicati nell’ultimo decennio. Sceglieva a caso, lasciandosi trasportare dall’impatto del titolo o dalla biografia dell’autore. Poi iniziava la lettura, sottolineando con la penna ottica i passaggi importanti e prendendo appunti quando necessario. Quei testi erano scritti con un linguaggio ancora più formale dei giornali, come era da aspettarsi. E gli autori erano tutti nati sulla Terra. Sulla Terra. Ancora una volta, nessuna traccia dei lumeniani.
La sera su Lumen si presentava molto suggestiva. Un po’ di luce solare filtrava sempre da dietro l’orizzonte, diffondendo nel cielo un tenue chiarore che la rendeva ancora più invitante. Il centro era colmo di locali le cui insegne luminose abbondavano di riferimenti alla Terra. “Strana cosa la nostalgia”, pensò, “sentirsi persi tra tanta bellezza.” Thal passeggiò a lungo tra le strade prima di risolversi ed entrare in un pub da cui provenivano le note di un blues. “Ma certo! Il blues! Ecco cosa mancava!”
L’atmosfera fumosa ricordava certi pub londinesi, e la gente invece sembrava uscita da un racconto di Joyce. Proprio il locale giusto, Thal si congratulò con se stessa per averlo scelto. Aveva congedato il suo tutore e voleva immergersi nella realtà di quel pianeta, quella vera, non quella dei burocrati e degli snob.
La birra che le servirono aveva un colore biancastro. La cameriera le spiegò che era fatta con il succo di un frutto del luogo, che le conferiva un sapore molto intenso. Thal era attratta da quei nuovi sapori, da quell’atmosfera così allegra. E per un attimo pensò a Leila, la collega che prima di lei era stata nominata per quell’incarico. Leila aveva rifiutato perché aveva paura di fare un iperviaggio. “Oh, Dio!” disse tra sé, “Paura di cosa? Di morire forse? E cosa vale vivere senza provare certe cose, senza la voglia di scoprire e di andare oltre?”
Il chitarrista si era lanciato in un assolo travolgente, mentre l’organo svisava rispondendo ai suoi riff. Tutto il pubblico batteva il piede all’unisono, e Thal si sentì libera.
“Spero che la sua ricerca stia procedendo bene, dottoressa” fece il governatore Stark entrando nella hall dell’albergo orbitante.
“Direi che la parte sulle lingue terrestri può considerarsi conclusa. Purtroppo ancora non ho avuto modo di avere contatti né con lumeniani né con testi scritti da loro. Comincio a pensare che da parte vostra ci sia l’intento di ostacolare i miei studi.”
“Dottoressa! Spero che lei abbia voluto scherzare. Mi creda, nulla è più lontano dalla realtà di quanto lei ha affermato. La farò subito condurre nella Biblioteca della Cultura Indigena, dove potrà consultare tutti i testi che vorrà.”
La sala della biblioteca era molto angusta. Al centro un unico tavolo impolverato, su cui era installato un terminale di vecchia generazione. Subito notò qualcosa di strano. Le date di pubblicazione dei testi non erano uniformemente distribuite nel tempo. Spesso c’erano dei buchi, come se per lunghi periodi non si fosse pubblicato niente. Eppure la colonizzazione terrestre era stata pacifica, gli umani si erano insediati sul Terzo Continente, che i lumeniani neanche conoscevano, e solo in seguito le due civiltà erano venute in contatto. E comunque i buchi risultavano anche in tempi anteriori all’arrivo dei terrestri, come se… Non era possibile! Thal fu scossa da un brivido. Aprì un file a caso. Era un romanzo d’amore di infimo livello, di quelli che si pubblicano a puntate sui giornali scandalistici. Ne aprì un altro: un libro di cucina. Ne aprì diversi, ma non ne trovò nessuno che parlasse della società, di attualità, di storia o di filosofia. Solo pubblicazioni banali. Possibile che una civiltà come quella lumeniana, per quanto meno evoluta di quella terrestre, non avesse lasciato tracce del proprio pensiero e della propria storia?
Quella sera Thal era decisa a scoprire la verità. Ma come avrebbe fatto? Non conosceva nessuno lì e sicuramente, se quello che temeva si fosse dimostrato vero, sarebbe stato meglio per lei non fare nulla e tornarsene buona buona sulla Terra. Ma l’impulso a scoprire la verità era più forte di lei.
Istintivamente si diresse verso il pub dove era stata la prima sera. Qui le persone sembravano alla mano e ben disposte ad aiutarsi l’un l’altro. Un tizio con la faccia da ergastolano le sembrò fare al caso suo. Gli si avvicinò sorridendo, cercando di mascherare l’insicurezza di quel momento.
“Sto cercando il capo dei Lumeniani. Puoi aiutarmi?” disse Thal accendendo una sigaretta.
“Chi sei?” fece il tizio con diffidenza “Lo sai che è illegale recarsi nel ghetto.”
“Ghetto? Che ghetto?” disse Thal incuriosita.
“Senti, non ho voglia di finire dietro un campo di forza. Lasciami stare, bionda!”
Lei si ricordò dei film di spionaggio e azzardò: “Posso pagare. Dimmi il tuo prezzo”
L’uomo sembrò addolcirsi improvvisamente: ”E’ molto difficile penetrare nel ghetto, se vuoi che ti ci porti dovrai darmi almeno 1000 crediti.”
“Ok. Ma spiegami cosa è il ghetto.”
“Vieni dalla Terra, eh? Il ghetto è il Primo Continente. E’ lì che sono confinati gli indigeni.“ “Confinati? Come sarebbe?” Thal era sconvolta.
“Segregati, sotto chiave, dilla come vuoi! Cosa ti interessa?” fece l’uomo con cinismo.
“E nessuno fa niente? Voi terrestri non vi ribellate?”
L’uomo proruppe in una assordante risata: “Noi odiamo gli indigeni. Perché dovremmo ribellarci?”
Thal non riusciva a crederci. La storia della Terra si ripeteva. Anche lì, in quel pianeta sperduto, l’uomo non si era smentito. Ma dov’era finita l’evoluzione morale e sociale così duramente ottenuta dopo secoli di soprusi e barbarie? Forse che lontano dal pianeta di origine qualunque civiltà si trova a dover in qualche modo ricominciare da capo il proprio cammino di sangue?
“Senti bionda, a me non interessa se vuoi andare o no tra quella melma, se vuoi ti ci porto ma… con pagamento anticipato.”
Lei estrasse i crediti e li porse all’uomo. Questi si girò e fece cenno di seguirlo.
Camminarono in silenzio, nel chiarore notturno, diretti al porto. L’uomo le spiegò che le strade elettroniche non potevano essere usate perché bloccate. L’unica via possibile per il ghetto era il mare. Il Primo ed il Terzo Continente erano separati da uno stretto. Una piccola imbarcazione senza luci di segnalazione, il cui pilota fosse stato così ardito da sfidare i controlli radar avrebbe potuto, con un po’ di fortuna, arrivare a destinazione.
La barchetta sulla quale salirono era poco più di un trabiccolo.
“Il radar la scambierà facilmente per un anfiorco, una specie di balena che nuota rimanendo in superficie”, fece l’uomo. Thal si sedette sul sedile accanto al timone e guardò verso l’orizzonte. Una fila di montagne appariva in lontananza. Doveva essere quella la loro meta.
La barca emise un sibilo, e un secondo dopo già si muoveva verso il largo. Non andavano molto veloci, dovevano imitare l’andatura dell’anfiorco per ingannare i radar. Tutto era tranquillo intorno, mentre le luci del porto che avevano appena lasciato diventavano sempre più piccole.
Finalmente furono in vista della meta. Un minuscolo faro, probabilmente di fortuna, spuntava da sopra uno scoglio. L’uomo rallentò e fece una virata per entrare nel porticciolo. Ma appena ebbero superato la scogliera frangiflutti una imponente imbarcazione con le insegne governative tagliò loro la strada. L’uomo provò ad eseguire una nuova virata per aprirsi una via di fuga, ma il dispositivo di accecamento elettronico messo in funzione dalla polizia aveva già mandato in tilt il suo computer di rotta.
“Fermi, spegnete i motori e arrendetevi” fu ordinato dall’altoparlante.
L’uomo era molto nervoso, sembrava terrorizzato all’idea di finire tra le mani della polizia. Thal si sentiva frastornata, ma non capiva quel terrore, le pareva esagerato. In fondo era la polizia che li aveva fermati, e lei era un membro governativo.
Dal piccolo battello che si era staccato dalla nave che li aveva intercettati scese un manipolo di guardie armate di pistole laser. Dietro di loro, con sorpresa, Thal scorse l’ambasciatore Stark.
“Dottoressa, sono molto deluso dal suo comportamento” fece Stark mentre le guardie tenevano fermo l’uomo con la faccia da ergastolano, che si agitava e urlava.
Ad un cenno di Stark, una delle guardie puntò la pistola alla testa dell’uomo, che in un attimo si vaporizzò lasciando una nuvola di polvere dall’odore acre. Thal rimase di ghiaccio, e cominciò a capire il terrore che aveva visto in quegli occhi.
“Mi dispiace dottoressa, non posso permettere che lei racconti sulla Terra quello che testardamente ha voluto scoprire qui”
“Io sono un rappresentante del governo” fece lei con un brivido “se mi tocca sarà processato dalla Confederazione…”
“Dottoressa! La sua intelligenza è molto spiccata, non capisco come possa incorrere in una simile svista! Io non le torcerò un capello, sarà stato un pirata che ha approfittato della sua imprudenza di uscire sola per mare senza scorta.”
Stark fece un altro cenno perentorio, e la guardia puntò la pistola verso Thal.
Al primo sibilo del laser ne seguirono altri due. In pochi istanti delle guardie non era rimasto che vapore. Thal e l’ambasciatore si girarono attoniti nella direzione da cui avevano visto provenire il lampo. Dalla prua della nave, un uomo aveva ancora in mano il fucile laser con puntatore di precisione.
“Not! Cosa ci fai qui?” fece Thal con un fremito di gioia.
“Ambasciatore! Le consiglio di rimanere fermo e di non tentare nulla fino all’arrivo dei miei compagni. Al minimo gesto la polverizzo!” urlò Not dalla prua mantendo l’occhio fisso sul mirino.
Quando furono occhi negli occhi non poterono fare a meno di sorridere, nonostante avessero appena vissuto attimi drammatici. Thal stava cercando di riscostruire quanto era successo: mentre la barca con l’ambasciatore si stava recando presso di loro, Not ed i suoi compagni erano saliti sulla nave immobilizzando le guardie che erano a bordo. Subito dopo Not era corso a prua, senza arrivare in tempo ad evitare la barbara esecuzione di quell’uomo ma riuscendo a salvare Thal dallo stesso destino. Strano davvero ritrovare Not in una situazione così cruda e reale.
“Ero venuto qui otto mesi fa per installare delle nuove strade elettroniche, quando ho scoperto quello che hai scoperto anche tu. Quando i primi terrestri arrivarono, venti anni fa, si stabilirono in un continente non abitato dagli indigeni perché dal clima particolarmente torrido. Grazie alla tecnologia fu possibile difendersi dal calore in modi che i lumeniani non potevano neanche immaginare, e nacque così il primo insediamento umano su Lumen. Dopo un anno avvenne il contatto tra le due civiltà. Inizialmente i terrestri si fecero passare per un popolo nativo di questo pianeta, che aveva sempre vissuto sul Terzo Continente. Ma i lumeniani, che sono molto intelligenti, capirono di avere a che fare con degli alieni, e in massa cercarono di inserirsi in questa civiltà così più evoluta di loro. Per contro la loro cultura avrebbe potuto essere fonte di grande crescita morale e filosofica per la razza umana. Ma a poco a poco, tra i terrestri, cominciò ad insinuarsi il germe dell’odio. I lumeniani furono visti sempre più come parassiti, pronti ad usufruire di tutti i vantaggi e privilegi che venivano loro sempre più spesso concessi. Fu allora che Stark prese piede. Pur di arrivare a governare la colonia, promise agli elettori la ghettizzazione degli indigeni. E fece di peggio. Decise che la loro civiltà non sarebbe stata degna di sopravvivere. In breve ai lumeniani fu tolto ogni diritto, furono censurati gli scritti e smantellate le scuole. Tutti gli intellettuali furono deportati e trucidati in campi di concentramento, mentre venivano proibiti i rapporti sessuali a chi non si sottoponeva alla sterilizzazione.”
“Ecco perché la lingua era così ripulita!” esclamò Thal
“Cosa intendi dire?”
“La prima cosa che ho notato è che qui si parla una lingua molto formale. Immagino che ad un certo punto i lumeniani abbiano iniziato a parlare la nostra lingua, magari non proprio correttamente. E i terrestri, per tenerli ancora più distanti di quanto non facessero, hanno cominciato a renderla più aulica e difficile…”
“Ha ragione, signora!”
Dall’oscurità era spuntato un essere alto un metro e mezzo, con un tronco molto piccolo ma con braccia e gambe simili a quelle degli umani, senza capelli e con delle narici molto grandi. Era un lumeniano! Finalmente Thal ne vedeva uno!
“Era difficile parlare come voi, ma noi avevamo buona volontà. Poi loro ci hanno tolto tutto… tutto! Sono cinque anni che i nostri bambini non vanno a scuola!”
Not riprese: “Quando scoprii tutto questo decisi di rimanere e li aiutai ad organizzare la resistenza. Erano tre settimane che cercavamo di rapire il governatore. Grazie a te che ce lo hai portato nella tana ora potremo invocare una ispezione governativa al ghetto. Nel frattempo nessuno oserà avvicinarci con Stark in nostro possesso. “
Thal si affacciò verso il mare, scrutando il bagliore dietro l’orizzonte.
“A quanto pare ancora non abbiamo imparato a rispettare il prossimo per quello che è, l’uomo si arroga ancora una volta il diritto di imporre le proprie idee con la forza. Chissà se ne usciremo mai.”
Si guardarono ancora negli occhi.
“Not…”
“Thal…”
Sorrisero e, finalmente, le loro labbra si toccarono.