È la notte del 12 gennaio 2013, Babbo Natale è ormai tornato a casa sua, il clima è mite. Davanti al 28DiVino Jazz una folla di persone preme per entrare ad ascoltare SNAP Quintet di Andrea Zanchi (piano elettrico), con Sandro Satta (sax alto), Angelo Olivieri (tromba), Stefano Cantarano (contrabbasso), Massimiliano De Lucia (batteria). C’è gente venuta da fuori Roma, gente che Roma l’ha solo attraversata (ed è già questo un viaggio). Tutti qui per uno snap, uno schiocco di dita, come se lo schiocco li avesse richiamati irresistibilmente.
Il 28DiVino Jazz, in via Mirandola 21 a Roma, si sta ormai accreditando come uno dei migliori jazz club italiani. Il lavoro di Marc Reynaud, il direttore artistico, è improntato alla ricerca delle novità, di giovani talenti e di progetti originali. Senza per questo ignorare i “diversamente giovani” come Sandro Satta, o Angelo Olivieri, che stasera daranno la prova che lo spazio per musicisti come loro, sulla scena jazzistica, è sempre troppo poco.
La grotta è piena, la ragazza che porta i drink è costretta a nuotare tra la gente, fluttuando al di sopra del pavimento senza quasi toccarlo. Gli SNAP attaccano, il ritmo fluisce. Cominciamo a battere il piede, a muovere la testa, a schioccare anche noi le dita. Ognuno a suo modo, cerchiamo di rimanere agganciati al time. Dopo aver eseguito un frammento di Snap, il brano che dà il nome alla formazione (o viceversa?) e che verrà eseguito per intero alla fine della serata, si passa a Someone by Chance, ballad lirica e struggente, nella quale il tema, esposto prima dalla tromba di Olivieri, viene successivamente ripetuto a distanza di tritono dal sax di Satta, creando un notevole effetto drammatico.
Il brano successivo, Storyville, è la cifra del progetto. Il contrabbasso prende un riff ritmico; la struttura armonica ricalca quella di Cantalope Island di Herbie Hancock. Satta ha modo di giocare con le frasi durante il suo solo, ripetendole a distanza di semitono. Zanchi, invece, contrappunta il tema finale con il suo piano elettrico, aggiungendo scintille ad un incendio che già divampa.
Ma ci sono varie sorprese in serbo per noi fortunati che siamo riusciti a guadagnarci un posto in grotta. Si prosegue con Norvegian Wood, di Lennon/McCartney, ballad in 3/4. E 3/4 è forse l’unico tempo dispari del repertorio di questa serata: si è scelto di colpire al cuore, non alla testa. Tempi semplici, groove, improvvisazioni a manetta. Si passa poi a Peri’s Scope, di Bill Evans, e qui Satta sfodera una grinta degna dei più grandi, ai quali lui appartiene di sicuro. Assolo vertiginoso, scoppiettante, condito con sapienza di effetti in&out, fraseggio pentatonale, sovracuti e chi più ne ha non ne ha abbastanza quanto lui. Il suo raddoppio è così entusiasmante che a tratti mi è sembrato un raddoppio del raddoppio, semibiscrome in luogo di semicrome! Anche Olivieri colpisce al cuore, ma usa l’arma della seduzione musicale, fatta di riff ben incastrati tra le pieghe del contrabbasso di Stefano Cantarano e della batteria di Massimiliano De Lucia.
E ancora, un’ultima sorpresa. Sempre nuotando sulle teste del numeroso pubblico, ecco comparire Mauro Verrone con il suo sax alto, in tempo per chiudere il concerto degli SNAP insieme a loro. Un concerto trascinante, vibrante, con solisti di prim’ordine e con brani accattivanti per lo più composti dal leader Andrea Zanchi.
Un ultimo schiocco di dita e le luci si spengono. Il pubblico defluisce, felice. Mi attardo a chiacchierare un po’ con i musicisti e poi, quando sto per guadagnare l’uscita, mi sorprendo con la mano ben nascosta nella tasca del giubbotto a… schioccare le dita. Snap!

