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Animali urbani

Giampiero Rubei è il padrone di casa della serata di ieri, alla Casa del Jazz. È lui che presenta l’evento, lui che si fa portatore dell’emozione nel ricordo di Massimo Urbani, da tutti riconosciuto come un grande sassofonista italiano e internazionale. “Era da tempo che dovevamo fare questa serata”, dice Rubei. Ma non è solo al sassofonista, di cui il prossimo anno ricorrerà il ventennale della morte, che Rubei si riferisce: si riferisce anche all’uomo, all’amico, al fratello.

Maurizio Urbani, fratello di Massimo, presenta il quintetto Animali urbani, con il quale ha in progetto di realizzare il disco Song For Max, che sarà edito da Videoradio/Raitrade. Il quintetto comprende, oltre a Maurizio Urbani (sax tenore): Federico Laterza (piano e tastiere), arrangiatore di tutti i brani e autore di alcuni, Claudio Corvini (tromba), Daniele Basirico (basso elettrico), Alessandro Marzi (batteria).

Prima del concerto c’è la proiezione del documentario Massimo Urbani nella fabbrica abbandonata di Paolo Colangeli, una bella intervista uscita postuma nel 1995. In questo filmato viene fuori l’umanità di Massimo, la sua intelligenza ma anche la sua emarginazione. Su tutto scorrono le note del suo sax, quando sentimentali e quando selvagge, dalle quali traspare quello che era il suo mondo musicale ed i suoi riferimenti, musicali e non. Da Sonny Stitt a Jimi Hendrix, da John Coltrane a Giacomo Puccini, Massimo racconta come sia stato influenzato dai suoi ascolti e come al tempo stesso li abbia rielaborati per poi diventare Massimo Urbani. È  commovente e anche interessante sentirlo parlare dei suoi problemi con la droga. Il filmato è ulteriormente condito da immagini notturne di Roma le quali, unite al suono struggente del sassofono, creano un suggestivo effetto filmico.

Nel frattempo i musicisti hanno preso posto sul palco. E si parte con Animali urbani, la traccia da cui il quintetto prende nome. Il ritmo è funky/fusion, e Laterza accompagna con il piano doppiato da un synth pad  controllato da una tastiera midi. L’atmosfera è decisamente anni 80. Il primo solo lo prende Urbani, che approccia alla David Sanborn, ma con il tenore; e d’altra parte la sequenza modale di accordi è un invito a nozze per questo tipo di sound, nel quale Urbani riesce benissimo. Poi è la volta di Corvini, che apre da par suo la partita introducendo un ulteriore livello di complessità, sempre in bilico perfetto tra in & out, dentro e fuori dalla tonalità.

Anche nel secondo brano, Joy Spring di Clifford Brown, benché sia un brano classico, l’approccio è “fusion“, con un ostinato iniziale del piano che fa da lancio al tema. Il primo assolo è di Urbani, il secondo di Corvini, il terzo di Laterza. Stavolta si aggiunge un quarto solista, il bravo Daniele Basirico, che alla fine del suo intervento riprende l’ostinato inizialmente eseguito dal piano per rilanciare il tema finale. Ma quando il brano sembra ormai concluso, ecco che Laterza riapre il match, dando il via ad una improvvisazione collettiva finale. Il terzo brano conferma l’ambientazione: Laterza doppia di nuovo gli accordi di piano con il synth pad, e Corvini aggiunge la sordina creando una sonorità alla Miles. Il tutto con grande equilibrio e gusto.

La serata prosegue limpida e solare: si succedono la ballad Soul Eyes di Mal Waldron, molto amata da Massimo Urbani, introdotta al piano con il tema di Don’t Forget The Poet di Enrico Pieranunzi, e poi Resolution di John Coltrane (aggressivo al punto giusto il solo di basso elettrico accompagnato dal sintetizzatore), Estate (Bruno Martino), Distratto Man di Federico Laterza (misurato ed elegante il solo di batteria di Marzi prima della ripresa del tema), This I Dig Of You (Hank Mobley).

Un ultimo blues, e la serata sfuma nella pioggia che ci coglie all’uscita. Una vena malinconica che non guasta, se pensiamo ad un grande musicista che non c’è più ma che continua a vivere nei cuori e nei player degli appassionati.

Animali Urbani 5et @ Casa del Jazz
Animali Urbani 5et @ Casa del Jazz

Riferimenti web:

Massimo Urbani nella fabbrica abbandonata

MIDI (Musical Instrument Digital Interface)

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Jouer le Jazz

“Se i francesi dicono jouer e gli inglesi dicono to play, vuol dire che suonare è anche un gioco”, questo mi ha detto Mauro Verrone alla fine del concerto che ha tenuto ieri sera al 28DiVino Jazz in occasione del suo compleanno.  E ad ascoltare il quartetto di Mauro, in effetti, si percepisce lo spirito giocoso e allegro del suo approccio.

Psychotone Birthday il titolo dell’evento. I nomi: Mauro Verrone (sax alto), Luigi Bonafede (piano), Daniele Basirico (basso elettrico), Massimiliano De Lucia (batteria). L’occasione: il cinquantunesimo compleanno di Mauro Verrone. La platea è piena di musicisti, venuti a salutarlo e a godersi due ore di bebop allo stato puro.

Fin dall’inizio, le note del sax inondano la sala: copiose e scoppiettanti, plasmate non solo dal soffio ma da tutta la fisicità di Mauro Verrone. Scale bebop, pentatoniche, sequenze, cromatismi, scherzi (come la sostituzione di una nota alta con quella all’ottava più bassa), tutto questo mi mette allegria e mi riconcilia con la vita. In ogni assolo troviamo citazioni e frammenti tratti dalla tradizione e non solo: da Sault Peanuts a Confirmation, senza tralasciare la musica classica. In ogni tema c’è sempre un tocco di personalità, e mi viene in mente il bridge di Oleo eseguito solo dalla batteria. Non è da meno il bravo Luigi Bonafede, già pianista di Massimo Urbani, venuto da Alessandria per l’occasione. Anche lui è bebop, e la sua smania allegra è incontenibile perfino in una ballad come Soul Eyes, di Mal Waldron, nella quale l’assolo inizia e prosegue con frasi pregne di stilemi tipici del blues. Il tutto condito da Daniele Basirico al basso elettrico 6 corde, che apporta un ingrediente meno usato (ma non meno degno di interesse) in questo specifico ambito, e dal vervoso Massimiliano De Lucia alla batteria, da tempo al fianco di Verrone e quindi collaudatissimo.

La festa prosegue, con gli ospiti Paolo Tombolesi al piano, Mimma Pisto alla voce, Angelo Olivieri alla tromba. Ancora una volta, via Mirandola diventa una macchina del tempo che ci riporta all’epoca d’oro. E non manca la nostalgia per un grande sassofonista italiano, Massimo Urbani, che di molti dei musicisti presenti è stato amico e sodale, nostalgia palpabile nella scelta di brani da lui amati e suonati, come Speak Low, brano che chiude la serata.

Che bello il Jazz, che bello il gioco. E che bello quando le due cose coesistono.

Mauro Verrone @ 28DiVino Jazz
Mauro Verrone @ 28DiVino Jazz
Luigi Bonafede @ 28DiVino Jazz
Luigi Bonafede @ 28DiVino Jazz