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Davide Di Pasquale al 28DiVino Jazz

Comincia all’insegna della qualità la nuova stagione al 28DiVino, con una programmazione interessante e sempre “no standard“, ovvero che privilegia il Jazz originale. E sabato sera è stato il turno di Davide Di Pasquale (trombone, flicorno) accompagnato da Andrea Frascaroli (piano elettrico),  Alessandro Del Signore (contrabbasso), Mattia Di Cretico (batteria).

Il concerto è dedicato alle Lezioni americane di Italo Calvino, e si basa sulla forma della suite: la leggerezza, resa come un omaggio a Miles Davis ed alla sua “leggerezza” nel Jazz, con un ostinato di basso sul quale si innesta il flicorno con sordina e le percussioni di Di Cretico, alla Rapidità, seconda delle lezioni americane resa con un brano di impronta cameristica, con Del Signore ad usare l’archetto ed il suono di Fender Rhodes a colorare le armonie con il suo timbro classico e avvolgente.

Concentrati e felicemente ispirati, i quattro musicisti hanno restituito una atmosfera intrigante, con momenti aperti da musica contemporanea, momenti funky, soul e a tratti più propriamente Jazz. Un mix di influenze ben amalgamate e filtrate dalla sensibilità di Di Pasquale e Del Signore, autori di tutti i brani originali presentati. Brani che confluiranno in un disco di prossima uscita e che consigliamo vivamente di ascoltare, appena sarà disponibile. Nel frattempo, il consiglio è di vedere questi quattro signori dal vivo, non appena vi capitano a tiro.

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John Coltrane @ 28DiVino Jazz

20130928_010914Non ne potevamo più di stare senza il Jazz del 28DiVino di via Mirandola 21! E la stagione riparte con John Coltrane, nella incarnazione – piuttosto che nella interpretazione – offerta dai Bar Jazz Sextet +1 di Davide Di Pasquale (trombone), con Carlo Conti (sax alto e soprano), Antonello Sorrentino (tromba, flicorno), Francesco Di Gilio (pianoforte), Stefano Nunzi (contrabbasso), Alessandro Del Signore (contrabbasso), Claudio Sbrolli (batteria). Un omaggio a Coltrane, che il 23 settembre avrebbe compiuto 87 anni. Ed un omaggio entusiasmante, sia per l’impatto offerto da questo nutrito ensemble, sia per la capacità dei singoli musicisti di dare, ciascuno in base al proprio gusto, la pennellata giusta a comporre l’affresco sonoro. E parlando di pennellate non si possono non citare le sagome a grandezza naturale delle quali gli artisti dello Studio Sotterraneo hanno disseminato il Club, rendendo ancora più suggestivo e onirico l’evento.

Ogni insieme è formato di singoli ma capita, come in questo caso, che la somma sia di più del totale. Possiamo infatti soffermarci sulla travolgente verve di Carlo Conti, il quale ha riportato Trane in terra con il suo agile fraseggio, spesso raddoppiato e a tratti animalmente scomposto (a significare l’urgenza dell’omaggio, oltre che a rendere filologicamente lo stesso); possiamo apprezzare il suono di Antonello Sorrentino, un musicista dotato di grande sensibilità che non manca di incantare con la sua ricerca di note e frasi che siano uniche, qui ed ora, rifuggendo le ovvietà e gli automatismi; possiamo rimanere incantati dal trombonismo di Davide Di Pasquale, dotato sempre di grande swing e ricerca melodico-armonica; possiamo stupirci di quanto Francesco Di Gilio sia pronto a reagire agli stimoli che arrivano dal gruppo, restituendo sempre un fraseggio coerente ed in perfetto interplay; possiamo osservare con appagata curiosità i controcanti e gli incastri tra i contrabbassi di Stefano Nunzi e Alessandro Del Signore, o rimanere senza fiato davanti al drumming energico e controllato di Claudio Sbrolli. Possiamo fare tutte queste cose oppure, come succede stasera al 28DiVino, possiamo lasciarci prendere da un insieme di colori, di pennellate e di luci fino a rimanere quasi storditi di felicità, tra una versione cameristica di Naima, suonata senza ritmica e senza assoli, ed un travolgente finale affidato alla splendida Impressions.

Finita la serata non rimane che andare a riprendere i dischi di Coltrane e riascoltarli con rinnovato interesse, per ricordare a noi stessi quanto questo musicista abbia lasciato una impronta indelebile e fondamentale nel Jazz e nella musica in generale.

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Davide Di Pasquale

Yes, Ten Minus One is Nine

Sono nove, uno meno dei Dieci Saggi, ma qui ci sono due donne. Sono gli Yes Or Nine, che ieri sera hanno riempito la grotta del 28DiVino Jazz non solo per via del folto pubblico ma anche in virtù del loro cospicuo numero. Un numero grande rispetto alle formazioni che siamo abituati a vedere nei club, piccolo rispetto ad una Big Band. Ma della Big Band non manca nulla, dal momento che troviamo, pur se in esemplari unici, tutti gli strumenti tipici di questa: sax tenore (Stefano Rotondi, che suona anche il flauto), tromba (Antonello Sorrentino), trombone (Davide Di Pasquale), sax alto (Tomoe Yamamoto), sax baritono (Gian Domenico Murdolo), Pierpaolo Semenzin (piano), Luca Costantini (chitarra), Fabio Fochesato (contrabbasso), Cecilia Sanchietti (batteria).

Il progetto degli Yes Or Nine è interessante ed al tempo stesso affascinante: interpretare il blues in tutte le sue geografiche declinazioni, partendo dall’America del Nord scendendo fino a quella del Sud, transitando per l’Europa e fino ad arrivare in Africa. Un viaggio, dunque, viaggio nel quale la musica è una sorta di tappeto volante che ci trasporta da un continente all’altro, accompagnati da un ensemble compatto che esegue con perizia le composizioni di Stefano Rotondi, da lui stesso arrangiate. La cifra principe dell’organico è sicuramente quella orchestrale: arrangiamenti molto dettagliati e vervosi, temi che poggiano su pedale, uso sapiente delle dinamiche, utilizzo dei background durante gli assoli e degli special come interludio tra un solista e l’altro.

Tra i brani troviamo Boa constrictor, con il tema che si dipana su una struttura modale nella parte A per poi sciogliersi in un fluido walkin’ nella parte B. Le jour du sortilege è un blues minore in 6/8 nel quale il tema si muove principalmente per grado congiunto per poi adagiarsi su un pedale.

Spuntano qua e là, tra i flutti delle partiture del nonetto, le interessanti individualità di solisti come Davide Di Pasquale, che ad esempio ne Il responso, brano dal sapore afro introdotto da un suggestivo riff suonato all’unisono da Murdolo e Fochesato, si esprime con un fraseggio che definirei assertivo, dalla forte personalità ma al tempo stesso nel qui e nell’ora del pezzo. O come Antonello Sorrentino, che si produce in ispirati in & out i quali, benché denotino grandi capacità tecniche e conoscenze armoniche, non risultano mai di maniera, segno della volontà del musicista di dare davvero qualcosa che non sia semplice “mestiere”.

Particolarmente interessante l’approccio solistico di Stefano Rotondi, che costruisce il suo fraseggio partendo da poche note  evolvendo poi in arpeggi triadici e poi ancora in scale bebop. Brani come Eleanor Butterfly, di Gian Domenico Murdolo, o Danzando, ancora di Rotondi, danno poi modo a tutti i musicisti di improvvisare e sfogarsi sulla struttura detta anatole, patrimonio comune di tutti i jazzisti. Particolare, infine,  il sound di Tomoe Yamamoto, una delle due donne della formazione: mi ha ricordato i primi tempi del cool ed un certo timbro tipico di Lee Konitz.

Un progetto interessante, dicevo all’inizio, che ci mostra, al di là di ogni possibile dubbio, quanto il blues influenzi ed abbia influenzato la musica di tutto il mondo e quanto lo stesso sia declinato e declinabile secondo le varie culture musicali. Concludendo, non posso che auspicare che da questa interessante esperienza possa nascere quanto prima un bellissimo disco.