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Roberto Gatto feat. Don Friedman

Giovedi sera mi sono ritrovato all’Alexanderplatz ad ascoltare un pianista che ha suonato con alcuni dei più grandi della storia del Jazz. Sto parlando di Don Friedman, ospite di Roberto Gatto insieme al contrabbassista Giuseppe Bassi. La lista è lunghissima, provo a fare solo alcuni nomi: John Coltrane, Scott La Faro, Ornette Coleman, Billy Higgins, Don Cherry, Eric Dolphy, Max Roach, Ron Carter, Roy Haynes, J.J. Johnson, Elvin Jones, Jimmy Giuffre, Lee Konitz, Clark Terry, Joe Henderson, e… tantissimi altri. Oggi, a settantotto anni, Don Friedman non ha perso smalto e ci ha regalato, in una sala non piena quanto avrebbe meritato, una serata di puro Jazz condito con bebop, swing e blues.

Si comincia con Invitation, che con la sua struttura densa di II – V offre lo spunto per alterazioni e sostituzioni sia armoniche che melodiche, sulle quali Friedman si muove agilmente ben accompagnato da Roberto Gatto, il quale dimostra la sua perizia e capacità lasciando il suo ospite in primo piano, senza sovrastarlo. Anche Bassi offre un solido appiglio senza debordare, salvo mostrare tutta la sua grinta durante gli assoli a lui riservati.

Il secondo brano, Circle Waltz, è una composizione di Friedman, il cui tema è costruito su una serie di break e che rimanda ad una estetica evansiana. Con Bouncing With Bud veniamo sbalzati agli albori del bebop, anche grazie al fraseggio fluido ed emozionale di Friedman, il quale fa uso frequente dei raddoppi e degli stilemi del blues, quasi a ricordarci da dove veniamo. Potrebbe apparire come qualcosa di vecchio o già sentito tutto questo, ma se si considera che tale musica esce dalle vive mani di chi quell’epoca l’ha vissuta, il tutto acquista una luce diversa e soprattutto un interesse che potremmo definire filologico.

C’è spazio anche per una intro di solo piano, lunga quanto tutto il chorus, prima dell’attacco in trio di My Foolish Heart. Un altro rimando a Bill Evans, che è di sicuro uno dei riferimenti del pianista.

La serata è fluida e lucida, e alla fine non possiamo che andarcene soddisfatti non prima di aver acquistato l’ultimo disco di Friedman, Friday AM, inciso nel 2012 con Tim Armacost (sax), Phil Palombi (basso) e Shinnosule Takahashi (batteria). Settantotto anni molto ben suonati, direi.

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Discografia di Don Friedman

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