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Retrato de Giovanni Mazzarino

Parliamo di Retrato, il disco uscito in allegato a Musica Jazz di maggio e registrato a fine dicembre 2012 dal Giovanni Mazzarino Latin Sextet. Parliamo di musica, ma il titolo suggerisce che la musica sia un punto di partenza verso altri luoghi, dell’arte come dello spazio. Un viaggio nell’America del Sud, nelle sue fascinose melodie, ed un ritratto. Il ritratto di cosa, o di chi? Giovanni Mazzarino è uno di quei pianisti che fondano la loro espressione musicale sui colori, ancor prima che sulle linee. I colori dell’armonia e del ritmo, le linee della melodia e della cantabilità. E ascoltando i brani del disco (otto a firma dello stesso Mazzarino, uno a firma di Dino Rubino e tre presi dalla storia della musica sudamericana), troviamo colori e linee sapientemente miscelati.

A partire da Cansado, un tema in piano solo che lascia presagire un clima drammatico per poi virare invece su un ritmo cha-cha-cha sul quale vanno ad innestarsi gli scambi tra il piano di Mazzarino ed il sax contralto di Francesco Cafiso, che interpretano i loro rispettivi assoli in un alternarsi delizioso tra i due strumenti. È poi la volta di Cafiso, sul tema finale, di riprendere quel tema drammatico per poi chiudere il brano. Descanso, la traccia numero due, dichiara da subito i suoi intenti sambeggianti, con il sax di Cafiso ed il flicorno di Dino Rubino a disegnare avvincenti volute melodiche, ben accompagnati da Mazzarino e dalla ritmica. Nel terzo brano, La vida y la muerte bailan con la cerveza en la mano, una struggente rumba dal sapore antico, abbiamo la sorpresa di ascoltare Francesco Cafiso al flauto, strumento che sembra rendere il musicista più libero di esplorare sentieri nuovi e densi di particolare emozione. Bello ed essenziale l’apporto di Dino Rubino, il trombettista/pianista (qui nella veste di trombettista e flicornista) che firma, tra l’altro, la traccia Pablo.

Il lavoro discografico comprende anche i brani Beatriz (Edu Lobo), Oblivion (Astor Piazzolla) e Besame mucho (Consuelo Velasquez), quest’ultimo eseguito con particolare ispirazione da Mazzarino, in chiusura di disco.

Ritratto di cosa, o di chi, dunque? Di una idea, probabilmente, della idea che questi musicisti si sono fatti di un mondo così lontano geograficamente eppure così vicino al nostro modo di essere. Un mondo dalle mille contraddizioni, che viene visitato con rispetto filologico ma anche con la voglia di mettersi in gioco, di dire la propria e di contribuire alla diffusione di una musica e di una cultura che tanto hanno dato (e danno ancora oggi) alla Musica tout court. Un ritratto bello e intrigante, che non può mancare nella vostra collezione di quadri. Volevo dire dischi.

Artista: Giovanni Mazzarinno Latin Sextet

Titolo: Retrato

Etichetta: Musica Jazz – Anno: 2013

Tracce:

1. Cansado (Mazzarino)

2. Descanso (Mazzarino)

3. La vida y la muerte bailan con la cerveza en la mano (Mazzarino)

4. Fiesta, vida y suerte (Mazzarino)

5. Beatriz (Lobo)/Oblivion (Piazzolla)

6. Pablo (Rubino)

7. Me hace el favor… Pues (Mazzarino)

8. Laguna de la Cocha (Mazzarino)

9. Retrato (Mazzarino)

10. Una noche a Medellin (Mazzarino)

11. Besame mucho (Velasquez)

Musicisti: Dino Rubino (tromba, flicorno), Francesco Cafiso (sax contralto, flauto), Giovanni Mazzarino (pianoforte), Riccardo Fioravanti (contrabbasso), Stefano Bagnoli (batteria), Mimmo Cafiero (percussioni)

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Island Blue Quartet @ Cotton Club, Roma

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Live Remembered: Island Blue 4et

Il 14 ottobre 2011 ho assistito, al Cotton Club, ad un meraviglioso concerto. Si tratta dell’Island Blue Quartet, con Francesco Cafiso (sax alto e giovanissimo leader della formazione), Dino Rubino (tromba e flicorno), Giovanni Mazzarino (piano) e Rosario Bonaccorso (contrabbasso).

I quattro presentavano il primo disco registrato da Cafiso per l’etichetta Verve, dal titolo Moody’n. Benché il titolo sia volutamente senza significato (la parola in inglese non esiste, anche se riecheggia il termine mood che significa atmosfera, stato d’animo), i brani contenuti nel disco rappresentano invece il segno primigenio del Jazz, essendo tratti dal repertorio di grandi jazzisti del passato, da Horace Silver a Charlie Parker, da Benny Golson a Miles Davis. E dove invece i brani sono originali, l’omaggio alla tradizione traspare comunque, nell’approccio dei temi, nell’arrangiamento, nelle improvvisazioni e in generale nella esecuzione.

In un gruppo particolare come questo quartetto, senza la batteria, quello che è subito risultato alle mie orecchie è stato il grande controllo dello strumento da parte di Francesco Cafiso, unito ad una ottima padronanza del linguaggio e del fraseggio. Un fraseggio aperto, moderno, quasi fisico, in cui il musicista sembra diventare un tutt’uno con il suo strumento e sembra che ogni pulsazione del proprio essere, di ogni arteria, di ogni capillare, sia funzionale esclusivamente al suono e alla musica. Di Cafiso va innanzitutto detto che, benché giovanissimo, è ormai considerato un veterano essendo sulla scena del Jazz internazionale da oltre un decennio, da quando Wynton Marsalis lo notò al Pescara Jazz Festival e se lo portò con sé nel suo tour europeo, nel 2003.

Lirico e poetico il fraseggio di Dino Rubino, il quale ha interpretato benissimo il suo ruolo, contribuendo con la sua tromba ad addolcire le sonorità più aspre e bop del sax.

Una nota particolare la devo alla sensibilità pianistica di Giovanni Mazzarino, il quale mai una volta ha dato l’idea di volersi mostrare, ma ha mostrato, e meravigliosamente, l’essenza stessa della musica, mettendosi sempre a servizio della musica e dell’ensemble.

Un trascinante Rosario Bonaccorso ha contribuito all’ottimo risultato con le sue pulsazioni, colorite a tratte dai vocalizzi, emessi da lui stesso a imitazione delle sue stesse linee.

Una serata bella, coinvolgente, trascinante e densa di significato jazzistico. Di quelle serate che ti lasciano nel cuore la gioia di essere un appassionato di Jazz.

Francesco Cafiso
Francesco Cafiso