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Migrantes

Dedicato al fenomeno dell’emigrazione, Migrantes è un disco che non si può ignorare. Il Jazz di Pasquale Innarella è improntato ad una forte contaminazione di suoni, ma anche di usanze, storie, sapori, odori. E ancora, è contaminazione tra mondi e tempi lontani, come i paesani che dalle terre del Sud Italia andarono a cercar fortuna altrove e gli africani che oggi, colmi di speranza, sbarcano sulle spiagge lampedusane. Uscito per Alfa Music e prodotto da Le Rane di Testaccio il lavoro, oltre a Pasquale Innarella ai sassofoni, vede la partecipazione di Francesco Lo Cascio al vibrafono, del compianto Pino Sallusti al contrabbasso e di Roberto Altamura alla batteria.

La formula è quella collaudata del precedente disco di Innarella, ma qui il respiro si fa più ampio, universale, e dalle terre di Irpinia si vola molto più su. Prima in Oriente, con il tema, costruito sulla scala minore armonica, di Oriental Mood e poi con le alternanze di quattro e tre quarti di Yekermo Sew. In Arteteke emergono atmosfere più contemporanee con incursioni nel Free (e qui vengono fuori le origini musicali di Innarella, che si avvicinò al Jazz ascoltando Albert Ayler alla radio) e anche nel genere più propriamente atonale (e qui l’impronta di Lo Cascio appare determinante). Atmosfere che ritroviamo anche nella lunga intro di Migrantes, la title trackI go, la ballad del disco, delinea in musica la partenza di queste persone le quali, per disperazione, sono pronte a sacrificare la vita pur di arrivare da quest’altra parte del mondo.

Ogni angolo di questo lavoro emana la passione di Innarella per la musica e la sua attenzione al fenomeno della emigrazione, fenomeno che lui stesso ha vissuto sulla propria pelle come racconta nelle note di copertina. Il suo sax lancinante ben si adatta al concept del disco, magistralmente compendiato dal vibrafono di Lo Cascio che innesta note taglienti qua e là a condire il tutto. I brani sono tutti composti da Pasquale Innarella a parte il citato Yekermo Sew, di Mulatu Astatke, e Night In Town di Pino Sallusti.

 

 

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The Danish Connection sfida l’ispettore Clouseau

È una mia tara o il vibrafono è uno strumento magico che ci fa di colpo sentire protagonisti della Pantera Rosa? È solo nostalgia o le Vibes sono l’emblema inconfondibile delle orchestre degli Anni Sessanta?

Ecco, con queste domande nella testa mi accingevo, giovedi sera al 28DiVino Jazz, a farmi coccolare dalle note di una formazione inconsueta, fatta da musicisti provenienti da nazioni diverse: Francesco Lo Cascio (vibrafono) e Pasquale Innarella (sassofoni) dall’Italia, Erik Ørum Von Spreckelsen (piano), Tony Cigna (batteria) e Francesco Cigna (Chitarra) dalla Danimarca, Johnny Åman (contrabbasso) dalla Svezia. Il gruppo ha, tra l’altro, anche la peculiarità di riunire, dopo ben trentadue anni che non si vedevano, i vecchi amici Francesco Lo Cascio e Tony Cigna, i quali ai tempi del loro ultimo incontro, a Palermo, non erano nemmeno musicisti!

Il film inizia, e l’ispettore Lo Cascio/Clouseau gioca il primo ciak con un classicissimo You Don’t Know What Love Is, scritto nel 1941 da Gene De Paul e Don Raye. Strano ma qui non c’è traccia dell’imbranataggine di Clouseau; solo la sensibilità di Lo Cascio, che accompagna con discrezione e rilassatezza il tema, esposto con schiettezza irpina da Pasquale Innarella e dal suo sax contralto. Anche il suo nemico di sempre, Ørum Von Spreckelsen/Dreyfus, non sembra voler dare subito l’affondo di cui sarebbe capace, e medita nervosamente accompagnando come un cavallo al trotto, che vorrebbe liberare tutta la sua energia ma viene trattenuto dal suo driver. E qui il driver è Francesco Cigna, giovane e sensibile chitarrista, che non cerca mai di dimostrare nulla se non che il Jazz, a ben guardare, è un po’ come il buddismo, una filosofia di vita che ci fa rimanere distaccati ma al tempo stesso ci fa penetrare nella più profonda essenza delle cose; un driver con l’apporto metronomico, quasi svizzero (tanto per aggiungere un’altra nazione alla Connection), di Johnny Åman e Tony Cigna, i quali forniscono una pulsazione sempre in avanti.

Si passa così attraverso le varie scene di questa Pantera Rosa del 2012. Ed ecco Oleo, il famoso brano di Sonny Rollins, preso a 200 battiti al minuto, con il tema eseguito all’unisono da piano, vibrafono e chitarra. Il primo solo è di Lo Cascio, che riesce sempre a trovare nuove scomposizioni ritmiche del tempo, usando arpeggi quartali e diminuiti, scale bebop o alterate, sapientemente mescolate in frammenti di un puzzle che riesce sempre. Poi arriva la chitarra di Francesco Cigna, che ci avviluppa e ci convince che il Jazz è davvero tutto nella vita. La scena prosegue, con Pasquale Innarella e le sue arrampicate dal registro medio fino ai sovracuti, condite da un uso moderno delle pentatoniche prese sempre da punti diversi della scala con quel tipico effetto in&out, dentro e fuori dalla tonalità. Ed è la volta di Ørum Von Spreckelsen ed il suo pianismo che tanto ricorda Sonny Clark, mentre il contrabbasso accompagna su un pedale in due per poi, quando la tensione è salita, tornare in quattro. Yeah! Arriva infine il batterista Tony Cigna, che inizia a dilatare i suoi colpi fin quasi al silenzio, riuscendo ad aggiungere togliendo.

Manca solo Åman/Kato perché i personaggi del film siano completi, e finalmente arriva anche lui con l’assolo su Lover Man, la famosissima canzone di Davis/Ramirez/Sherman del 1942, con un fraseggio agevole, swing, quasi chitarristico vista la facilità dell’approccio ad uno strumento, il contrabbasso, che fra tutti gli strumenti musicali è quello con la forma più sensuale.

Si arriva al termine della serata, ed ancora una volta si va sul classico, con un blues in Fa. Anche qui si percepisce l’ispirazione zen del Jazz, la rilassatezza dei musicisti che è preludio ad una performance di grande impatto, sulle nostre orecchie e sul nostro cuore. Il film finisce, i titoli di coda scorrono. Ed io, che ormai ho perso il sonno, corro a casa a vedermi La Pantera Rosa.

Danish Connection
Danish Connection

Mauro Verrone @ Monte Mario Jazz Festival

Ieri mi sono trovato a partecipare a questo evento culturale da una posizione privilegiata, dal momento che ho avuto il piacere di accompagnare al pianoforte, insieme a Marco Piersanti al contrabbasso e ai batteristi (uno alla volta!) Alex De Martino, Ivano Nardi (organizzatore del festival) e Valerio Toninel, il sassofonista Mauro Verrone il quale, dopo un vivace dibattito su Charlie Parker e dopo la visione di alcune scene del film di Bertrand Tavernier Round Midnight, ha eseguito alcuni standard rievocando il celebre fraseggio parkeriano e mandando in visibilio la platea dello Spazio Freelance Cafe che non ha risparmiato applausi a scena aperta mentre Mauro improvvisava su Groovin’ High, You Don’t Know What Love Is, Oleo, Lover Man, On Green Dolphin Street, All Blues. Ospite di eccezione di Mauro, poi, è stato Tony Formichella, che ha ottimamente contribuito al mood della serata. Piacevolissimo poi l’intervento vocale di Maria Cristina Di Patrizio su Lover Man e All Blues.

L’evento è compreso all’interno del Monte Mario Jazz Festival – 30 anni dopo, iniziativa che è di quelle che riportano alla memoria i fermenti culturali degli anni 70, quando l’impegno culturale e politico permeava tutta la società e centri culturali, politici e artistici fiorivano ovunque, contribuendo con la loro cultura underground alla cultura tout court. E tale evento, nelle intenzioni degli organizzatori, vuole essere proprio questo: un riproporre la cultura, la musica e la bellezza anche in un contesto decentrato come quello di Monte Mario, dove iniziative di tal fatta mancano da troppo tempo.

Mentre il Festival prosegue con altre iniziative, io gli auguro lunga vita e mi auguro che iniziative culturali e musicali tornino sempre più in auge, che circoli culturali come questo nascano sempre più e ovunque, in modo che la musica e l’arte tornino ad essere pane quotidiano di molti e non di pochi.

I prossimi appuntamenti con il Festival sono, sempre a partire dalle 20.30:

SABATO 17 NOVEMBRE: Proiezione del corto I fiori di Monte Mario, di Massimiliano Carboni. Con Massimiliano Carboni, Carola Di Scipio e Ivano Nardi

VENERDI 23 NOVEMBRE: The Better Way: Marco Colonna (clarinetto basso, sassofoni) e Ivano Nardi (batteria, percussioni); Tony Formichella Base One: Tony Formichella (sax tenore), Francesco Tosoni (chitarra), Mauro Gavini (basso), Mattia Di Cretico (batteria)

SABATO 24 NOVEMBRE: Improgressive: Alberto Popolla (clarinetti), Errico De Fabritiis (sassofoni e flauto); Pasquale Innarella 4et: Pasquale Innarella (sassofoni), Francesco Lo Cascio (vibrafono), Pino Sallusti (contrabbasso), Roberto Altamura (batteria)

Monte Mario Jazz Festival
Monte Mario Jazz Festival
Monte Mario Jazz Festival
Monte Mario Jazz Festival

Pasquale Innarella Quartet @ 28DiVino

Yeah! Sine!

Non posso far altro che parlare inglese ed irpino visto che ieri sera, nell’accogliente grotta del 28DiVino, abbiamo assistito alla contaminazione più spinta ed incredibile tra canti popolari irpini, musiche contadine e jazz moderno. Un mix di grande energia e bellezza, con una forte connotazione, voluta dal leader Pasquale Innarella, di carattere meridionalista e sociale.

Uomini di terra è il titolo del CD presentato, ed in effetti in tutti i brani si respira l’odore della terra: a partire da Festa contadina, un tema che evoca le musiche suonate dalle bande paesane nelle quali Pasquale ha mosso i primi passi, passando per Flowers for Rocco Scotellaro, dedicato al poeta e politico meridionale e meridionalista, dove una poetica intro di contrabbasso lascia poi la scena ad un up-tempo degno della migliore tradizione hard bop, per arrivare alle atmosfere free di Terre selvatiche.

Il disco è arricchito da una versione de Non è l’amore che va via di Vinicio Capossela, artista con il quale Pasquale ha collaborato, e una bellissima Malaika, canzone popolare d’amore africana, reinterpretata con grande gusto e lirismo dallo splendido vibrafonista Francesco Lo Cascio. Bravissimi Roberto Altamura alla batteria e Pino Sallusti al contrabbasso, hanno non solo fornito il supporto alle arrampicate solistiche di Innarella e Lo Cascio, ma sono stati loro stessi assoluti comprimari, sia in termini di intenzione che in termini di musicalità.

Una serata incredibile dunque, all’insegna della contaminazione come nella migliore tradizione del Jazz, ma dove il Jazz è rimasto vivo e presente sempre, senza mai cedere a snaturazioni e mantenendo sempre quel “piglio” che tanto piace a noi jazzisti.

Yeah! Sine!

http://pasqualeinnarella.it

Pasquale Innarella Quartet
Pasquale Innarella Quartet
Pasquale Innarella Quartet, Uomini di Terra
Pasquale Innarella Quartet, Uomini di Terra

Disco: Uomini di terra
Artista: Pasquale Innarella Quartet

Tracce:

01. L`uomo delle terre
02. Flowers for Rocco Scotellaro
03. Malayka
04. Terra selvatica
05. Festa contadina
06. Non è l`amore che va via
07. Donne delle tembe
08. Blued

Etichetta: Terre sommerse
Anno: 2012