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Doppio set per Giovanni Benvenuti e Francesco Pierotti

Doppio set, il primo alle 18:30 ed il secondo alle 22:00. Nuova formula al 28DiVino Jazz, il club che più di ogni altro tiene un occhio puntato sulle novità e sulle più recenti tendenze.

Approfitto, dunque. È domenica, domani ci si sveglia presto. E dunque eccomi, alle 18:30, di fronte a Giovanni Benvenuti (sax tenore) e Francesco Pierotti (contrabbasso). La serata è dedicata agli standard, ma già il tipo di formazione mi lascia immaginare che non saranno i “soliti” standard. Ed in effetti così è. Brani come What Is This Thing Called Love (Cole Porter) e You Don’t Know What Love Is (Gene de Paul) si rinnovano, godendo dei rubati e dei silenzi misti alle lunghissime sequenze del sassofono o del contrabbasso. Out Of Nowhere (Johnny Green) si contrae per poi ridistendersi, assumendo una nuova forma rispetto al classico andamento del suo tema. Giant Steps (John Coltrane), brano che lasciò Tommy Flanagan inerme, incapace di approcciare ad un assolo, viene eseguito con scioltezza disarmante, fluendo limpidamente sulle orecchie degli ascoltatori che si lasciano ammaliare, probabilmente inconsapevoli della difficoltà intrinseca della progressione armonica.

Giovanni Benvenuti suona con grande rilassatezza, lasciando pulsare la musica attraverso le sue dita e intrecciando volute ritmico armoniche con le linee di Francesco Pierotti. Un Pierotti altrettanto rilassato che non manca di stupire con raddoppi e controtempi piazzati a mestiere.

Il tempo passa, gli standard si susseguono, ed il concerto finisce. Viene chiesto il bis, ed il duo esegue un blues di Charlie Parker.

Una serata di grande feeling, rilassante e rigenerante. Vado a casa, sono passate da poco le otto e mezza. Sveglia presto domattina, ma col sorriso.

Schermata 2015-01-19 alle 18.25.28

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Giant Steps (wiki)

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It’s Jazz Talk: due chiacchiere con Carlo Petruzzellis

Ieri sera, all’Auditorium del Massimo, Carlo Petruzzellis (chitarra, synth) ha presentato il suo disco, N.EX.T.,  insieme ai compagni di viaggio Giuseppe Russo (sassofoni), Francesco Pierotti (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria). Lo abbiamo avvicinato dopo il concerto, ed ecco quello che ci ha raccontato.

[Jazz@Roma] Carlo, abbiamo ascoltato un bel concerto stasera! Parlaci di come e quando è nato questo progetto.

[Carlo Petruzzellis] Dopo vari esperimenti “elettrici” e varie formazioni, a fine 2010 si è consolidato il gruppo come lo avete ascoltato oggi. Per selezionare i brani che poi avremmo inciso, non abbiamo fatto altro che suonare dal vivo, e solo quando siamo arrivati ad una certa maturità e padronanza dei brani siamo andati in studio.

[J@R] Ascoltandoti ho avuto la percezione di un doppio registro: per cominciare, i temi rivelano invariabilmente un grande senso della melodia, e forse il tuo essere del sud ha qualcosa a che fare con questo… quando suoni gli assolo, invece, percepisco una forte influenza rock, unitamente ad un uso frequente di sequenze e riff.

[CP] In passato sono stato onnivoro! Ho ascoltato tantissimi chitarristi, non importava che suonassero flamenco, metal, rock, jazz…  L’importante era che fossero bravi, che mi facessero scoprire tutti i segreti della chitarra. Sono partito da Pat Metheny, a 14 anni, passando poi per Steve Vai, Joe Satriani, Dream Theatre, Joe Pass, Jim Hall, Paco De Lucia… Ho ascoltato tutto! E credo che ciò che si ascolta, quando suono, sia la somma di questo “tutto”.

[J@R] Un’altra cosa che ho notato è il gusto per l’arrangiamento. Che importanza ha per te, rispetto alla composizione?

[CP] Ritengo che composizione ed arrangiamento abbiano pari importanza. Una bella composizione, non arrangiata, o per la quale le varie sezioni non siano ben valorizzate, risulta brutta. A me piace comporre arrangiando a sezioni complete, che poi una volta unite danno forma al brano.

[J@R] Il sintetizzatore: ho scoperto – con piacere – che lo usi con grande sensibilità e sapienza! Anche qui c’è lo zampino di Metheny?

[CP] Molto! (ride, ndr)

[J@R] Come sei arrivato a questo tipo di suono, con il guitar-synth?

[CP] Intanto, ho una laurea in ingegneria elettronica. Dunque ho voluto unire le mie conoscenze tecniche e la musica. Il synth, e l’effettistica in generale, ti permette di sbizzarrirti, mescolando i suoni. Ma più che usare il synth alla Pat Metheny, con il suo suono synth di tromba, per esempio, mi piace creare suoni di pad.

[J@R] Ho avvertito l’utilizzo dell’LFO, tra l’altro… C’è dunque una programmazione specifica, non ti limiti ad usare i preset…

[CP] Sì, ed anche sugli effetti c’è stato un lavoro di riprogrammazione della pedaliera, in modo da splittare i vari canali: canale distorto, canale pulito, mescolati con il pedale del volume, che però controllava il gain della distorsione! Insomma, voglio avere il controllo di tutte le componenti sonore, mescolandole come su un mixer (che tra l’altro è integrato nel mio setup). Lo scopo è unire e miscelare tante sonorità. Perché ad usare il preset, si usa qualcosa che probabilmente ha già usato qualcun altro, e non va bene! (ride, ndr)

[J@R] Nonostante questa tua dedizione alla programmazione, nonostante la laurea in ingegneria elettronica… nonostante tutto questo, l’uso che fai del synth è del tutto dosato e non ridondante!

[CP] Alla fine credo che il buon gusto debba dominare. Il synth è bello, ma c’è un pericolo: se strafai, diventa brutto. O lo dosi, e crei una pasta sonora, o diventa pacchiano. Per questo cerco di non usarlo in tutti i brani, e quando lo uso cerco di fare in modo che crei amalgama, anche perché non avendo un tastierista nel gruppo, la chitarra ha qui anche il compito di riempire, usando layer sonori che si devono poter percepire senza essere invadenti.

[J@R] È importante l’affiatamento con i musicisti del tuo gruppo?

[CP] Probabilmente, in un gruppo come questo, è impossibile sostituire un musicista all’ultimo momento. Questi brani vanno suonati e risuonati in modo che tra tutti noi si crei un’empatia che ci permetta di intenderci senza segnali. Poi tra noi c’è un ottimo rapporto umano, ed una intesa che ci consente di capirci al volo. E poi ci conoscevamo già per aver suonato insieme anche in altri progetti.

[J@R] Come avete pianificato la promozione del vostro disco?

[CP] L’intento principale è promuoverlo il più possibile nei live, perché ritengo che questo tipo di musica renda più dal vivo che su disco. È una questione di energia, che il disco – o meglio – le casse del PC, non possono assolutamente rendere! Purtroppo, apro questa parentesi, nonostante tutto lo sviluppo tecnologico che c’è stato, la qualità della musica che ascoltiamo è calata.

[J@R] Anche perchè spesso la si ascolta nei formati compressi…

[CP] Infatti, considerando che adesso si può registrare fino a 192 kHz, portare poi il brano a 44.1 kHz e comprimerlo in mp3… è come uccidere! E chiudo la parentesi! Per tornare alla tua domanda, stiamo pianificando una serie di date, compatibilmente con la difficoltà economica del periodo di crisi generale.

[J@R] E allora, visto che prediligi il suono dal vivo, spero che ti farà piacere essere stato intervistato sul nostro blog, che si occupa prevalentemente dei live jazz a Roma. Grazie, e in bocca al lupo!

[CP] Grazie a te, è stato un piacere!

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Biografia di Carlo Petruzzellis

Intervista a Carlo Petruzzellis (versione radiofonica)

Sintetizzatore

LFO

Seconda settimana al Massimo Jazz

Seconda ed ultima settimana al Massimo Jazz, rassegna di gruppi Jazz con un disco in uscita, organizzata dall’Associazione Culturale 28DiVino Jazz e curata dal direttore artistico Marc Reynaud.

La prima serata di questa seconda parte prevede, giovedi 27 giugno, l’esibizione del progetto N.EX.T.”New EXperiences Time”, il cui disco è in uscita per Zone di Musica. Carlo Petruzzellis (chitarra), Giuseppe Russo (sax), Francesco Pierotti (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria), danno vita a “esperimenti sonori indirizzati alla ricerca di una libertà musicale svincolata da ogni barriera stilistica”, accostando elementi timbrici e ritmici del Jazz, della Classica, del Latin e del Pop.

Venerdi 28 giugno è la volta di “DISTOPIA” N.O.T, per l’etichetta Brigadisco Records in un progetto di condivisione gratuita Grapevine Telegraph (http://www.grapevinetelegraph.joomlafree.it/). Marco Colonna (sax tenore), Luca Corrado (basso elettrico), Cristian Lombardi (batteria), presentano un lavoro di avanguardia, non facile ma che ha ricevuto numerosi apprezzamenti di critica.

Sabato 29 giugno il Massimo Pirone Quartet presenta WAITING, per la Kyosaku Records, con Massimo Pirone (trombone), Andrea Biondi (vibrafono), Luca Pirozzi (contrabbasso), Pietro Iodice (batteria). Il progetto, originale, è un omaggio a Frank Rosolino, Cootie Williams e Johnny Mandel.

La rassegna si chiude domenica 30 giugno con la presentazione di ALTRA CORSA, ALTRO GIRO  (per Zone di Musica), del Matteo Cona Quartet, con Matteo Cona (chitarra), Augusto Pallocca (sax tenore), Dario Germani (contrabbasso), Stefano Mazzuca (batteria). Il disco rappresenta un diretto riferimento all’infanzia e adolescenza del compositore Cona, infanzia trascorsa nel mondo del Luna Park.

The A! of Trio

Ogni volta che assisto ad un concerto fatto da giovani, immancabilmente la sala è strapiena. Buon segno. I giovani in questione sono Francesco Pierotti (contrabbasso), Enrico Zanisi (piano), Fabio D’Isanto (batteria). Presentano il loro disco “A!”, composto di brani originali a firma di Pierotti, ma anche di Zanisi e D’Isanto.

La prima cosa che mi viene in mente, fin dall’attacco, sono certe atmosfere alla Lyle Mays. Zanisi esegue degli accordi su figure medie o lunghe, ai quali si affianca poi la batteria con un tempo slow rock. Su tutto si innesta poi il contrabbasso, che incanta per la sua apparente “non urgenza”, il suo rimanere quasi in disparte, comunque dicendo la sua. Tutti e tre suonano con una impronta cameristica, non sovrastandosi gli uni con gli altri ma rimanendo ensemble. Anche quando l’energia sale, come nei repentini ed energici raddoppi di Zanisi o negli interplay più aggressivi, tutto rimane filtrato da una grande sensibilità, sensibilità apprezzabile in ogni musicista e tanto più in musicisti così giovani.

Ma l’evocazione musicale di questo trio non si ferma alle citate atmosfere maysiane. Proseguendo l’ascolto, nella affollata grotta del 28DiVino Jazz dove il progetto è nato circa un anno fa, percepisco Haydn, Sibelius. In particolare nei finali, nei quali spesso il pianoforte rimane da solo ed esegue delle cadenze classiche, con tanto di movimento delle parti e contrappunto. Impossibile, poi, non pensare a Brad Mehldau ed al suo trio; e non solo per l’atmosfera da “terza corrente”, ma anche per la scelta di titoli come Dreaming About Torino Livorno, che rimandano esplicitamente all’album Places.

Tutto il concerto è al servizio della poetica di Pierotti, il quale circoscrive molto bene l’ambito nel quale ha scelto di esprimersi: tempi semplici (a parte il difficilissimo e riuscitissimo 13/8 di Bipolarity), temi lirici suonati per lo più nel registro medio del contrabbasso, cura dell’approccio compositivo, efficacia mai sopra le righe dell’approccio esecutivo.

Indiscusso l’apporto di Enrico Zanisi, vincitore tra l’altro del premio Top Jazz 2012 come “miglior nuovo talento”, e prezioso il contributo di Fabio D’Isanto, con il suo punteggiare il tempo con maestria e creatività.

Sentirò parlare a lungo di questi musicisti. Una convinzione ed un augurio. E quando li vedrò su qualche importante palco italiano o internazionale potrò dire: “L’avevo scritto, io!”

A! - Francesco Pierotti Trio
A! – Francesco Pierotti Trio

Shifting Point (Gianni Salinetti)

Scartabellando tra i miei tanti cd ho riascoltato il bel disco di Gianni Salinetti, Shifting Point. Otto tracce originali, tutte a firma di Gianni tranne Chiaranotte, a firma di Manuel Magrini. In tutto otto composizioni in perfetto equilibrio tra melodia e fusion. Quello che salta subito all’orecchio è la grande sensibilità e l’attenzione alla composizione e agli arrangiamenti, caratteristiche non scontate e che fa tanto più piacere trovare in un’opera prima.

I brani scorrono via con facilità, con la predominanza di un carattere introspettivo che però non è mai cupo o fine a stesso come a volte capita in tanti anche blasonati lavori discografici. Shifting Point è fluido ed angoloso al tempo stesso; non lascia scampo all’ascoltatore, che si ritrova in un vortice di note dove la parte improvvisata è il naturale compendio di quella scritta, e dove ogni tema è  una sorta di prosecuzione del precedente. Un’opera unitaria, dunque, con una precisa identità.

Oltre alla presenza di un musicista famoso e navigato come John B. Arnold alla batteria, presenza che contribuisce alla definizione del carattere del lavoro, voglio segnalare in particolare lo stile di Gianni Salinetti, che con la sua chitarra non straborda mai e che anzi lascia ampi spazi mettendosi al servizio del brano e mai stando al di sopra di questo. Una menzione particolare, poi, la merita il giovanissimo pianista Manuel Magrini, che dimostra eccellenti doti e grandi prospettive. La formazione si completa imfine con i bravi Francesco Pierotti al contrabbasso e Raffaele Matta alla seconda chitarra.

Ottima anche la performance live tratta da questo disco, alla quale ho avuto il piacere di assistere qualche mese fa e che contemplava, oltre ai musicisti suddetti, anche la presenza di Antonello Sorrentino alla tromba e al flicorno, presenza che ha arricchito ulteriormente la musica.

http://www.zonedimusica.com

Disco: Shifting Point
Artista: Gianni Salinetti

Tracce:

1 – Tunnel
2 – Portrait
3 – Not Today
4 – Cold Cage
5 – Layers
6 – Shifting Point
7 – Chiaranotte
8 – Reverse

Etichetta: Zone di musica
Anno: 2012

Gianni Salinetti
Shifting Point, Gianni Salinetti