Non più una scoperta, ma una conferma. Dopo averlo visto già in vari contesti, dal quintetto al duo all’organ trio, posso dire a ragion veduta che Gianluca Figliola dimostra di avere tutte le doti per essere annoverato tra i grandi giovani del nostro Jazz, e penso a Zanisi, Cigalini, Cafiso e altri ma anche allo stesso Leonardo Corradi (organo), con Figliola protagonista insieme a Marco Valeri (batteria) della serata di domenica sera al Gregory’s.
Una serata all’insegna dello swing e del funk, a tratti inframezzato da ballad suonate con gusto ed equilibrio. È un Figliola maturo, forte dell’apprezzamento di musicisti del calibro di Rosario Giuliani e Roberto Gatto, con i quali recentemente ha avuto occasione di esibirsi. Il suo chitarrismo è dotato di grande impatto e la sua pronuncia jazzistica notevole, mentre la mano sinistra di Corradi delinea una walking line sulla quale lui mostra di sentirsi perfettamente a proprio agio. Perfetto l’incastro con Marco Valeri, anche lui decisamente tra i migliori batteristi in circolazione.
Una serata che, tra standard e brani originali, ha deliziato una platea internazionale attenta e completamente presa dallo swing del trio, una platea che non ha esitato a chiedere il bis con un sentito “one more!” e che conferma le nostre impressioni.
Devo dirlo subito: ieri ho assistito ad uno di quei concerti che io definisco top, e voglio dimostrarlo. Sul palchetto del 28DiVino Jazz sono saliti i Fighting 4 Jazz, nuovissima formazione capitanata da Gianluca Figliola alla chitarra, con Leonardo Corradi (Hammond), Daniele Tittarelli (sax alto), Paolo Mignosi (batteria), e ci hanno regalato un’ora e mezza di feeling, divertimento e swing allo stato puro. Quattro brani a firma di Figliola ed altri estratti dal repertorio di Monk, Shorter, Gordon, Coltrane.
Figliola è uno di quei tipi umani che ispirano da subito simpatia: presenta spesso i suoi musicisti, annuncia il titolo di ogni brano che sta per eseguire, ringrazia più volte il pubblico venuto ad ascoltare. Quasi imbarazzato dal dover parlare di sé e della sua musica, si rivela poi dirompente nel fraseggio e nella pronuncia jazzistica. Ha un grande senso ritmico, che declina senza didascalismi e con una libertà espressiva che solo un jazzista maturo si può permettere, prendendosi anche quattro misure di pausa durante un solo. Si muove con agilità tra frammenti bebop e blues con squarci improvvisi sul mondo pentatonale, creando nell’ascoltatore grande interesse e coinvolgimento. Lo swing per lui sembra non avere segreti, e questo scalda tantissimo la serata.
È coadiuvato da musicisti di grande capacità, Gianluca Figliola: Leonardo Corradi, hammondista spezzino ventunenne, si rivela ben dotato dal punto di vista del fraseggio, mentre la sua mano sinistra si muove instancabilmente sui quarti dando impulso a tutto il suono emesso dai suoi sodali. Anche Daniele Tittarelli fa la sua parte, spesso portando il mood sulle strade del cool. Perfetto, infine, Paolo Mignosi, che riesce sempre ad essere giusto, impacchettando a dovere il time e portandolo verso la meta.
La meta è una platea allegra e rigenerata, che esce sorridente ed emozionata dal Club, consapevole di aver assistito ad uno di quei concerti che si possono dire top. Visto? Cosa vi avevo detto?
Basta, non ne posso più di jazzisti più o meno bravi, grandi sperimentatori ma per niente innovativi, che si danno arie da guru della musica! Non ne posso più di vedere sedicenti artisti, che in quanto tali dovrebbero essere persone sensibili, mostrare una totale insensibilità alla vita ed alla varia umanità che si affaccia, con facce tante e diverse, con storie uniche, ai loro concerti. Ogni vita meriterebbe un romanzo, ed ogni persona di quelle presenti ieri sera al 28DiVino Jazz era di sicuro una persona speciale.
Speciale, perché speciale è a mio avviso il Gianluca Figliola 5et. Presentano il loro disco, It’s Strictly Forbidden (dedicato a Tony Formichella, che è anche ospite nella title track) e la grotta del 28 è piena. Anche stasera, Luna è costretta a volare sopra le teste del pubblico per portare loro da bere.
Gianluca Figliola (chitarra), Fabrizio Cassarà (sax tenore), Raphael Heudron (pianoforte), Paolo Scozzi (contrabbasso) e Paolo Mignosi (batteria) sono un gruppo, un gruppo vero. Si presentano come un corpus unicum, e questo si avverte già dalla presentazione dei pezzi, quasi tutti originali, dei quali Figliola dice “abbiamo scritto”, “abbiamo inciso”. Noi come cifra, come intenzione, in una Italia dove, sia a livello politico che sociale che culturale che condominiale, si tende invariabilmente a frammentarsi ed a sciogliersi in mille rivoli.
Figliola è solare, pronto alla battuta. Scherza con il pubblico e con i suoi sodali, i quali tengono botta e contrappuntano le sue gag con prontezza e affabilità. Si schermisce quando presenta uno dei pochi pezzi non originali, Blue in Green, dicendo che “la faranno in maniera più modesta”, con ovvio riferimento al disco Kind Of Blue, di Miles Davis. Ma non c’è niente di modesto nella bellissima esecuzione che segue, esecuzione che vede lo struggente tema esposto da sassofono e contrabbasso con il supporto della chitarra, per poi disvelare uno splendido solo di piano, ben complementato da contrabbasso e batteria.
Atmosfere bop, fraseggi vertiginosi, grande drive. I brani si susseguono e, mano mano, vengono fuori capacità e musicalità di tutti, dal leader Gianluca Figliola che improvvisa con frequenti raddoppi, al bravo Fabrizio Cassarà, solista ben equipaggiato e autore della bella Giù, 32 misure che incantano per la nitidezza del tema, fatto di intervalli di sesta e settima minore, che danno un notevole respiro e senso di apertura, al convincente Raphael Heudron, che offre un pianismo personale, a tratti jazz e a tratti più cameristico ma sempre swing, sempre giusto. Non mancano di dare il loro contributo il contrabbassista Paolo Scozzi, colonna portante dei pulsanti battiti della band, e Paolo Mignosi, sempre attento e puntuale.
Sono felice. Stasera ho avuto la prova che ci sono artisti “umani”. Artisti che è un piacere ascoltare ma con i quali è anche un piacere parlare. Dunque non manca niente al Gianluca Figliola 5et: jazz, divertimento, umanità, vitalità. Uno di quei casi in cui ha davvero senso dire: “dal vivo”!