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Jazz Talk: due chiacchiere con Gloria Trapani

Gloria TrapaniÈ uscito Rough Diamond, il disco di Gloria Trapani edito dall’etichetta Terre Sommerse, da poco presentato al Massimo Jazz, la rassegna curata da Marc Reynaud. Abbiamo raggiunto Gloria, che ha risposto ad alcune nostre domande.

[Jazz@Roma] Come nasce l’idea di Rough Diamond?

[Gloria Trapani] L’idea di Rough Diamond nace circa tre anni fa. Da tempo avevo un po’ di brani nel cassetto scritti in questi ultimi anni e un grande desiderio di metterli insieme e farli vivere in un progetto, ma tra il desiderio e la realizzazione ci sono tante cose, tanti dubbi, insicurezze, paure, soprattutto quando devi metterti completamene a nudo con i tuoi sentimenti, le tue emozioni. Quasi per caso mi sono imbattuta in un libro dal titolo Rough Diamond (Un diamante grezzo), che è l’autobiografia di Yvette Szczupak-Thomas, una pittrice francese vissuta nel ‘900 che racconta la sua storia prima di intraprendere la sua carriera artistica. È stata per me una lettura folgorante, la sua semplicità, la sua purezza e allo stesso tempo la sua grande forza d’animo, le hanno permesso di fare il suo percorso umano e artistico nonostante il degrado la miseria e le violenze che ha dovuto subire. È stata per me una chiave di volta, quelle cose che determinano nella tua vita un prima ed un dopo. Da quel momento non mi sono più fermata ed ho iniziato a credere davvero che tutti noi abbiamo un percorso importante e unico da percorrere, siamo un po’ tutti dei diamanti grezzi – quindi dei sassi, all’apparenza – ma l’importante è imparare ad essere sinceri con se stessi. Questo disco rappresenta per me la punta di un iceberg, qualcosa di molto più profondo che è successo nella mia vita e che avevo una grande necessità di comunicare.

[J@R] Sei autrice di tutti i brani?

[GT] I brani presenti nel disco sono mie composizioni, più un brano bellissimo di J. Rowles, The Peackocs, con il testo di Norma Winstone. Con i ragazzi del gruppo stavamo valutando, tra un paio di brani, quale dei due inserire nel disco, ma non ci sono stati dubbi, eravamo tutti straentusiasti di questo. E’ un brano molto intenso e non so se riuscirei a cantarlo ancora (spero di sì), ha bisogno di una carica emotiva pazzesca, sia per la melodia sia per la grande intensità del testo, ti prosciuga tutte le energie, però registrarlo è stata un’esperienza totale anche e soprattutto per il feeling che si è creato in studio con i musicisti.

[J@R] Alcuni musicisti tendono a comporre più “tecnicamente”, altri sono più “emozionali”. Tu come ti poni nei confronti della scrittura?

[GT] Questa domanda sulla scrittura è molto interessante, perché è una cosa che non mi sono mai chiesta. Alcuni brani nascono da immagini che ho in testa e a queste immagini associo il testo e la musica con il piano. In realtà alcune volte è arrivata prima la musica, in altre prima il testo. Conoscere la musica, l’armonia, mi aiuta molto ma a volte è un’arma a doppio taglio, perchè ti porta – come dici anche tu nella domanda – a fare scelte più tecniche che non legate alla musica che stai facendo, ed io credo che invece la tecnica e le conoscenze musicali non possono essere fini a se stesse ma debbano mettersi sempre a servizio della musica. Bisogna anche saper rinunciare, a volte, a certe cose. Proprio ieri mi confrontavo con un musicista che stimo molto, che è Angelo Olivieri, e parlavamo dell’importanza di imparare piano piano a fare economia, a togliere il superfluo che credo sia la cosa più difficile da fare e su cui bisogna lavorare tanto.

[J@R] Quanto conta l’affinità con gli altri musicisti?

[GT] Per me è tutto. Sono contenta di rispondere a questa domanda perché la mia musica sono loro! (sorride, ndr). Con Alessandro ci siamo conosciuti suonando insieme nel 2006, con Luigi abbiamo fatto le elementari insieme e poi, dopo vent’anni, ci siamo ritrovati al Conservatorio. Assurda la vita! Mattia ce l’ha presentato Alessandro. Il feeling con loro per me è tutto. Suoniamo insieme in questo progetto da poco più di due anni e devo tanto ad ognuno di loro, per i loro consigli, suggerimenti o semplicemente per il loro approccio alla musica. A volte è capitato che, dopo le prove, grazie a loro mi venivano tante nuove idee di arrangiamento o interpretazione dei brani. Con loro ho iniziato a lavorare ad una idea di suono dove ognuno è una parte fondamentale ed insostituibile, e questo è un concetto secondo me bellissimo perchè rappresenta ciò che è per me la musica, un momento di incontro tra mondi diversi, di scambio e di crescita, sempre.

[J@R] E sul disco ci sono anche altri musicisti?

[GT] Sul disco si sono aggiunti Aldo Bassi e Davide Di Pasquale. Che dire di Aldo, è un musicista eccezionale. Ho avuto modo di conoscerlo al Conservatorio di Frosinone come insegnante e di assisterlo in alcuni concerti, e mi sono completamente innamorata del suo suono e della sua musica. Così ho pensato di chiamarlo come ospite, e lui è stato contento di collaborare con noi. Davide è un nostro caro amico, ho sempre amato e condiviso il suo approccio alla musica e poi credo sia un vero talento, come anche gli altri musicisti, peraltro.

[J@R] Cosa ti auguri per il tuo futuro?

[GT] Intanto mi auguro di portare in giro il più possibile il nostro progetto, far conoscere la nostra musica, anche perchè fin’ora ti ho parlato del lavoro che abbiamo fatto ma è importantissimo anzi fondamentale il riscontro del pubblico, comunicare e condividere ciò che si è e si fa. Ieri siamo stati ospiti del Jazzupfestival, il 20 luglio saremo a Frosinone per il primo festival nazionale dei Conservatori e ad agosto presenteremo il disco a Gaeta, che è la mia città ed alla quale sono legatissima. Ed è anche quella di Luigi. E poi speriamo in nuove idee, nuovi progetti.

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Al via la rassegna Massimo Jazz

Il 20 giugno inizia la rassegna Massimo Jazz, all’Auditorium del Massimo, con il dichiarato scopo di presentare artisti che abbiano inciso un disco di propri brani originali. Sicuramente una boccata d’aria fresca nell’asfittico panorama italiano, che troppo spesso propone i soliti noti e non lascia spazi né ai giovani né a quelli che erano sì, giovani, ma che ormai già da anni  calcano (con successo) la scena musicale.

La rassegna si apre con il quartetto di Andrea Gomellini, che presenta il cd Met@morfosi (Zone di Musica). Gomellini, coadiuvato da Claudio Corvini (tromba), Luca Pirozzi (contrabbasso) e Valerio Vantaggio (batteria), presenta il suo disco come testimonianza di un “momento intimo della sua carriera artistica”. Melodia, dunque, che si inserisce però in strutture moderne e mutanti, come in una continua e perenne metamorfosi.

Venerdì 21 giugno vede l’esibizione del Gabriele Buonasorte Quartet a presentare il disco Forward (NAU Records), con Angelo Olivieri (tromba, flicorno), Mauro Gavini (basso elettrico), Mattia Di Cretico (batteria). Il disco combina atmosfere ritmiche di varia origine con jazz modale, “a tratti audace nelle sue diramazioni free“.

Sabato 22 giugno è la volta di Gloria Trapani e del suo disco Rough Diamond (Terre sommerse), con Luigi Di Chiappari (piano), Alessandro Del Signore (contrabbasso), Mattia Di Cretico (batteria). Ogni brano è una fotografia di un momento vissuto, a raccontare l’emozione di un incontro, di un viaggio, di un ricordo, di un libro, come la title track Rough Diamond, ispirata alla storia di Yvette Szcupak Thomas, pittrice francese vissuta nel ’900. Ricerca melodica ma anche ritmiche aperte e sospese, a volte funky e R&B.

Domenica 23 giugno l’Hic Et Nunc Quartet presenta in anteprima il disco Play Verdi, prodotto con il sistema del crowdfunding. Agli spettatori sarà possibile, versando un contributo, diventare produttori del disco stesso. Nicola Puglielli (chitarra), Andrea Pace  (sax, ewi), Piero Simoncini (contrabbasso), Massimo D’Agostino (batteria) ci guidano in un viaggio jazzistico all’interno della produzione Verdiana, dove le melodie proposte sono proprio quelle originali, “in tutta la loro bellezza”.

La rassegna prevede 8 date, dal 20 al 30 giugno, sempre nei giorni di giovedì, venerdì, sabato e domenica, con inizio alle 21.45. Per i dettagli vi rimandiamo alla pagina ufficiale dell’Auditorium del Massimo

A Pinky Diamond

Gloria TrapaniMi sento subito al sicuro, fin dal momento in cui Gloria Trapani presenta il suo quartetto con Luigi Di Chiappari al piano, Alessandro del Signore al contrabbasso e Mattia Di Cretico alla batteria. Tutti ottimi musicisti, tutti abbastanza giovani da non poter essere ritenuti “vecchia politica della musica”. E si parte per questa serata conclusiva del Pinky High Jazz, la rassegna al femminile del 28DiVino.

La freschezza di questo progetto, che verrà pubblicato a breve per l’etichetta Terre Sommerse con il titolo Rough Diamond, la si legge negli occhi di Gloria: ogni brano, ogni frase melodica, ogni parola del testo, ogni accordo ed ogni nota hanno una loro storia, che l’artista ha cura e modo di raccontare, rivivendola insieme alla numerosa platea del sabato sera. E la si assapora come la buona cucina, che vuole spazio per il gusto ma anche per la forma. Il gusto è nel suono, che per certi versi rimanda ai cantautori americani e per altri a certe atmosfere funky/fusion. La forma è invece nell’estetica di ogni singolo brano.

Come in Wild Flowers, ballad che ad una introduzione dilatata fa seguire un leggero funky condito di accordi sospesi, metafora del selvaggio che c’è anche nel più mite di tutti noi. O come in Silence, che ricrea con la musica il silenzio stesso, non certo alla maniera di John Cage ma, al contrario, con l’uso pieno dei tre strumenti a disposizione, piano contrabbasso e batteria, qui con il contrabbasso suonato ad archetto.

La notevole sensibilità di questa artista, lungi da stucchevolezze di sorta, è ben compendiata dal suo gusto compositivo. Autrice di tutti i brani del disco, Gloria predilige ritmi lenti con accenni funk ma non disdegna tempi dispari come il 3/4, o come il 5/4 di Tutto cambia. La sua voce è semplice, diretta, non mente agli ascoltatori. Una voce che non cerca di essere diversa e che, proprio in virtù di questo, finisce per essere la quintessenza stessa della voce, senza bisogno di paragoni di alcun tipo.

Bravi i suoi compagni di viaggio. Mattia Di Cretico è sempre attento, pulito, ben calzante rispetto ad un progetto che sta in equilibrio tra Canzone e Jazz. Alessandro Del Signore è anche lui in perfetta aderenza e sintonia. E Luigi Di Chiappari fa ottimamente da cardine tra ritmica e voce, contribuendo con i suoi assoli a spezzare la metrica dei brani e ritagliandosi un momento suo, momento nel quale non è il brano ma il pianista a dettare le regole.

Belle le versioni di Well You Needn’t di Thelonius Monk, il cui tema viene eseguito in stop time, e di Afro Blue di Mongo Santamaria, brano nel quale Di Chiappari ha modo di scatenarsi con un solo che si spinge fin nei territori dell’atonale, con uso di accordi ribattuti e di pedali estemporanei, ben sostenuti da Del Signore e Di Cretico, fino ad un walkin’ che fa da interludio e da premessa per un altrettanto splendido assolo di contrabbasso. E bella l’interpretazione di Amelia, di Joni Mitchell, resa da Gloria Trapani con intensa semplicità.

Insomma, un progetto fresco, nuovo, in cui la Canzone ben si sposa con il Funky e con il Jazz. Mi sa che me lo compro, il disco!