Giovedi sera, alla Casa del Jazz, Enrico Zanisi ha presentato il disco Keywords, suonato in trio con Joe Rehmer (contrabbasso) e Alessandro Paternesi (batteria) e da poco uscito per la Cam Jazz. Il disco è la terza prova da leader del pianista, già molto noto e apprezzato a dispetto della sua giovane età.
Come lui stesso ha avuto modo di confermare durante l’intervista che mi ha rilasciato alla fine del concerto, uno dei cardini intorno al quale ruota la sua musica è il mondo classico. A partire dal brano di apertura della serata, Träumerei di Schumann, veniamo infatti teletrasportati in un altro spazio-tempo: siamo qui per ascoltare Jazz, ma improvvisamente ci accorgiamo di quanto poco significhi costruire altitudini di muri tra generi, e Robert Schumann confluisce nell’estetica di Bill Evans così come questo a sua volta ci conduce a Brad Mehldau, in un continuum che non ha altre regole se non la bellezza. Anche la scelta di Enrico di iniziare con il brano classico, brano che nel disco è invece ultimo in scaletta, sembra voler rimarcare questo concetto.
Il secondo brano, Equilibre, inizia con un arpeggio alla carillon eseguito con la mano destra al quale si sovrappone poi un arpeggio con la sinistra, bella prova di tecnica e indipendenza delle mani che ci fa intuire un altro degli ascolti di Enrico, il rock progressive. Qui Enrico si produce in un assolo, costruito su un ostinato suonato nella parte grave della tastiera del pianoforte mentre l’altra mano si inerpica disegnando melodicamente armonie, a tratti in e a tratti out, a tratti classiche e a tratti blues, in un riuscito equilibrio che non può che suscitare sentimenti estatici anche nell’ascoltatore più smaliziato.
In Beautiful Lies, ad un tema esposto secondo gli stilemi della ballad e dopo un elegante e deciso assolo di contrabbasso, segue un solo di piano durante il quale apprezziamo tutta la verve zanisiana, che quando è il momento viene fuori con tutta la sua contenuta e perfetta irruenza.
Segue Au Revoir, ballad filmica e introspettiva, e poi Claro, con momenti nei quali si evidenzia il lucido interplay con la batteria ed il contrabbasso. Sia Joe Rehmer che Alessandro Paternesi sono perfettamente in sintonia con il leader, dimostrando una unitarietà e maturità di trio notevoli, a partire dagli attacchi non dati: il classico “one, two… one-two-three-four” non vengono mai dati, semplicemente il trio… inizia a suonare! L’intenzione poliritmica è spesso presente, così come i tempi dispari, ma ogni analisi teorica si rivela incapace di descrivere l’estetica di brani come Recitativo (brano nel quale l’ispirazione classica ci sembra mediata da ascolti metheniani) o Magic Numbers (altro brano nel quale gli ascolti progressive di Enrico emergono in tutta la loro enfasi).
Più che un concerto, un percorso emozionale, che nonostante la complessità dei tempi e la ricerca di forme elaborate non manca di ammaliare l’ascoltatore che voglia spogliarsi delle pochezze della quotidianità per immergersi in una piscina termale rigenerante come un ventre materno, nel quale tutto basta alla vita ed alla salute di corpo e anima.
Mi piacerebbe vedere Enrico in un tour negli Stati Uniti, sono sicuro che da lì acquisterebbe quella ulteriore visibilità che merita. Nel frattempo mi godo la possibilità di vederlo a due metri dal bel palco della Casa del Jazz, e perfino di intervistarlo a fine serata.
Daje Enrico…
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Intervista a Enrico Zanisi dopo il concerto
Sito Cam Jazz da dove è possibile ascoltare e acquistare il disco