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2017: LA SFIDA DEL DUO al 28Divino Jazz

Penso che la formazione in duo sia la più affascinante dal vivo, la più difficile e rischiosa nel jazz. Niente paraventi. L’interazione del binomio con l’audienza diventa una sfida e un “gioco”, …tra ritmica , vuoti sonori, assoli, tecnica e improvvisazioni.
Respect e… Chapeau!

(Marc Reynaud)
MERCOLEDI 4 GENNAIO
ore 22.00
SIMONE ALESSANDRINI & DANILO BLAIOTTA DUET
 aless-blaiotta-press
Simone Alessandrini, sassofoni
Danilo Blaiotta, piano
Simone Alessandrini & Danilo Blaiotta Duet è un progetto nato nel 2016 a partire dalla collaborazione dei due musicisti nel quintetto Balkanica. Il repertorio è composto soprattutto da brani originali ma non disdegna gli “evergreen” della tradizione jazzistica, riarrangiati ovviamente per una formazione, quella del duo, che consente grandi libertà espressive dettate soprattutto dall’estemporaneità e dall’istinto.
Due giovani Jazzisti affermati , ognuno con progetti a nome suo. Non vi mettiamo i curricula ma le loro principali collaborazioni musicali:
Simone Alessandrini: (Jim Porto, Antonio Ciacca, Rita Marcotulli, Fabio Zeppetella, Marcello Rosa, Javier Girotto,
Roberto Gatto, Bepi D’Amato, Fabrizio Bosso, Rosario Giuliani, Paolo Damiani, Marco Tiso, Giacomo Trovajoli, Saint Louis Big Band, Tosca, Sandy
Muller, Badi Assad, Martha High, Stefano Rossini, Gianluca Persichetti, Mario Caroli, Apeiron sax quartet, Guido Baggiani, Sean Friar, Lei Liang)
Danilo Blaiotta: (Logan Richardson, Tommy Crane, Mike Applebaum, Mark Hanna, Mick Brill, Moritz Goetzen, Karl Degenhardt, Claudio Fasoli, Achille Succi, Pietro Leveratto, Attilio Zanchi, Giuseppe Bassi, Francesco Diodati, Joe Amoruso, Antonio Onorato, Francesco Puglisi, Matteo Bortone, Francesco Ciniglio, Reinaldo Santiago, Robertinho De Paula, Luca Nostro, Anita Vitale, …e Stefano Carbonelli.
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GIOVEDI 5 GENNAIO
ore 22.00
PIERONI e PAGLIANI ACTING DUO
actingduoweb
“Instabbilità e Altri Racconti”
Fabrizio Pieroni, piano
Luca Pagliani, chitarra
Subito si capisce che questi due artisti si conoscono.. bene!. Composizioni originali e rielaborazioni di musiche tradizionali e popolari di ogni provenienza geografica e culturale, legate dalla comune radice afro-americana e dal piacere per l’improvvisazione e per la scrittura. Bella, ansi stupenda musica.

“Una proposta, quella di Pagliani e Pieroni, che ha radici diverse ed altre rispetto al filone più propriamente
jazzistico, ma che non manca di intrigare per raffinatezza e bellezza degli arrangiamenti.

E dico arrangiamenti non a caso: tutti i brani sono infatti arrangiati minuziosamente, con tanto di parti call and response, contrappunti, armonizzazioni. E con caleidoscopici inseguimenti tra pianoforte e chitarra, durante i quali i due musicisti si passano la palla dell’improvvisazione.”
Maurizio Alvino (,jazzaroma) Leggi Tutto Guarda Video
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 Due formazioni DUO “patafisiche”che meritano il vostro interesse per la loro bravura e qualità musicale. Non sarete delusi.
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Ingresso LIVE DUO : 10,00 euro con prima cosumazione inclusa.
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28Divino Jazz – Via Mirandola, 21 – Roma – Tel: 3408249718 – www.28divino.com @28divinojazz aperto dalle 19.30
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Inizia la stagione al 28Divino Jazz

Paolo PavanInizia bene la stagione al 28divino Jazz (sempre sotto la direzione artistica di Marc Reynaud), con il quartetto di Paolo Pavan (piano), che schiera Davide Marinacci (sax tenore), Carmine Juvone (contrabbasso) e Francesco Merenda (batteria). Si presenta l’album The Swing Of Things, di recente uscita.  Le composizioni, a firma di Pavan e Marinacci, si ispirano ad un piacevole mainstream e rielaborano influenze funk, bop e hardbop.

La serata è densa di swing e ritmo, ed il pubblico gradisce molto la performance del quartetto, che già si era esibito all’Appio Claudio in Jazz 2014, una delle poche rassegne dell’Estate Romana sopravvissute alla falcidie di festival Jazz della Capitale.

Ho particolarmente apprezzato il playing di Pavan, che si è dimostrato bravo e generoso. Non meno generosi i suoi sodali Marinacci, Juvone e Merenda. Particolare successo ha riscosso un brano, a firma di Pavan, di classica impronta sudamericana, brano la cui esecuzione ha scaldato non poco gli animi degli ascoltatori. Non sono mancati riferimenti a grandi della storia passata e recente del Jazz, con l’esecuzione di brani di Thelonius Monk (Crepuscule With Nellie, eseguita in duo sax/piano), McCoy Tyner, Freddie Hubbard.

Da porre in evidenza il fatto che l’album The Swing Of Things è liberamente ascoltabile e scaricabile dal sito Jamendo https://www.jamendo.com/it/list/a135655/the-swing-of-things con licenza Creative Commons.

Appio Claudio in Jazz

Se pensavate che il Jazz a Roma fosse scomparso, in questa tiepida estate 2014, vi sbagliavate di grosso. Torna infatti la rassegna Appio Claudio in Jazz, organizzata dal ristorante Giuda Ballerino e coordinata dal club 28divino Jazz.

Dal 18 luglio e fino al 5 settembre sarà dunque possibile sedersi (gratuimente) su una panchina del piazzale Appio Claudio a Cinecittà e godere di un concerto di qualità, selezionato con cura da chi della ricerca di nuovi talenti e di nuove sonorità ha fatto una missione, ed offerto da chi della democratizzazione della buona cucina ha fatto uno stile di vita. Stiamo parlando di Marc Reynaud, direttore artistico del 28divino Jazz, e di Andrea Fusco, stella Michelin 2014 e chef del Giuda Ballerino.
I concerti iniziano alle 22:00, ma già alle 19:45 è possibile assistere al sound check, aperto al pubblico. Due concerti a settimana, il martedi ed il venerdi, e la possibilità (per chi lo desidera) di gustare l’ottima cucina del Giuda Ballerino.
Se la Casa del Jazz e altri luoghi istituzionali vacillano, meno male che c’è l’iniziativa di intraprendenti uomini come Marc Reynaud ed Andrea Fusco a rinfocolare la storica e consolidata passione romana per il Jazz!
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Energia = mc3

Un termine abusato, energia, che però rende molto bene l’impatto di questo trio rispondente al nome MC3 e composto dal leader Marco Colonna (sax tenore, clarinetto basso), Fabio Sartori (Hammond), Stefano Cupellini (batteria).

Un approccio pan-modale basato sul groove, come ci ha detto ieri lo stesso Marco Colonna alla fine di una serata speciale: la registrazione dal vivo del primo disco prodotto dalla nascente 28 Records, etichetta del 28DiVino Jazz, club che da qualche anno si è imposto sulla scena romana come uno dei più attenti ai progetti originali, selezionati in base alla sensibilità del direttore artistico Marc Reynaud senza discriminazioni di sotto-genere.

I brani, tutti originali salvo A Call For All Demons (Sun Ra) e Come Sunday (Duke Ellington), si snodano a volte intorno ad una cellula ritmica, spesso impostata dall’Hammond del bravo Sartori a partire da un ostinato di basso suonato sul manuale inferiore, eventualmente contrappuntato da accordi e cluster, con l’innesto di interventi percussivi ad opera del bravo Stefano Cupellini; come nel citato brano di Sun Ra, dove Colonna ha modo di sovrapporre un tema suadente, suonato con il clarone.  Altre volte è il clarone a prendere l’iniziativa, come ne La piccola venere,  dedicato alle donne soldato e frutto della esperienza africana del musicista, nel quale il tema, basato su riff, viene poi doppiato, nel secondo “A”, dai bassi dell’Hammond.

Ad una esposizione dei temi prevalentemente tonale e con una struttura più o meno definita fa da contraltare un impianto solistico basato su quello che definirei “free sostenibile”, ovvero una esplorazione dell’ignoto che ci permette di avventurarci al buio pur avendo in tasca la nostra torcia a pile, che ci dà la sicurezza e la tranquillità per goderci beatamente il brivido dell’inesplorato. Un approccio senz’altro interessante, che coniuga sperimentazione ed esigenze performative, in un riuscito mix che incolla l’ascoltatore alla sedia e che non manca di soddisfare anche i palati più difficili o gli avventori più scettici.

Bello e pieno il suono di Marco Colonna, che riesce ad essere sempre qui ed ora, quando leggero “in punta di ballad“, quando virtuoso (con utilizzo di slap, sovracuti e respirazione circolare), quando bop e quando blues (si veda Blues For Fil, dedicato al sassofonista Filippo Bucci).

Il concerto è finito, il disco è stato registrato e da subito iniziamo il conto alla rovescia fino alla sua uscita, che avverrà presumibilmente dopo l’estate.

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Intervista radio a Marco Colonna e Marc Reynaud

Jazz Talk: due chiacchiere con Gloria Trapani

Gloria TrapaniÈ uscito Rough Diamond, il disco di Gloria Trapani edito dall’etichetta Terre Sommerse, da poco presentato al Massimo Jazz, la rassegna curata da Marc Reynaud. Abbiamo raggiunto Gloria, che ha risposto ad alcune nostre domande.

[Jazz@Roma] Come nasce l’idea di Rough Diamond?

[Gloria Trapani] L’idea di Rough Diamond nace circa tre anni fa. Da tempo avevo un po’ di brani nel cassetto scritti in questi ultimi anni e un grande desiderio di metterli insieme e farli vivere in un progetto, ma tra il desiderio e la realizzazione ci sono tante cose, tanti dubbi, insicurezze, paure, soprattutto quando devi metterti completamene a nudo con i tuoi sentimenti, le tue emozioni. Quasi per caso mi sono imbattuta in un libro dal titolo Rough Diamond (Un diamante grezzo), che è l’autobiografia di Yvette Szczupak-Thomas, una pittrice francese vissuta nel ‘900 che racconta la sua storia prima di intraprendere la sua carriera artistica. È stata per me una lettura folgorante, la sua semplicità, la sua purezza e allo stesso tempo la sua grande forza d’animo, le hanno permesso di fare il suo percorso umano e artistico nonostante il degrado la miseria e le violenze che ha dovuto subire. È stata per me una chiave di volta, quelle cose che determinano nella tua vita un prima ed un dopo. Da quel momento non mi sono più fermata ed ho iniziato a credere davvero che tutti noi abbiamo un percorso importante e unico da percorrere, siamo un po’ tutti dei diamanti grezzi – quindi dei sassi, all’apparenza – ma l’importante è imparare ad essere sinceri con se stessi. Questo disco rappresenta per me la punta di un iceberg, qualcosa di molto più profondo che è successo nella mia vita e che avevo una grande necessità di comunicare.

[J@R] Sei autrice di tutti i brani?

[GT] I brani presenti nel disco sono mie composizioni, più un brano bellissimo di J. Rowles, The Peackocs, con il testo di Norma Winstone. Con i ragazzi del gruppo stavamo valutando, tra un paio di brani, quale dei due inserire nel disco, ma non ci sono stati dubbi, eravamo tutti straentusiasti di questo. E’ un brano molto intenso e non so se riuscirei a cantarlo ancora (spero di sì), ha bisogno di una carica emotiva pazzesca, sia per la melodia sia per la grande intensità del testo, ti prosciuga tutte le energie, però registrarlo è stata un’esperienza totale anche e soprattutto per il feeling che si è creato in studio con i musicisti.

[J@R] Alcuni musicisti tendono a comporre più “tecnicamente”, altri sono più “emozionali”. Tu come ti poni nei confronti della scrittura?

[GT] Questa domanda sulla scrittura è molto interessante, perché è una cosa che non mi sono mai chiesta. Alcuni brani nascono da immagini che ho in testa e a queste immagini associo il testo e la musica con il piano. In realtà alcune volte è arrivata prima la musica, in altre prima il testo. Conoscere la musica, l’armonia, mi aiuta molto ma a volte è un’arma a doppio taglio, perchè ti porta – come dici anche tu nella domanda – a fare scelte più tecniche che non legate alla musica che stai facendo, ed io credo che invece la tecnica e le conoscenze musicali non possono essere fini a se stesse ma debbano mettersi sempre a servizio della musica. Bisogna anche saper rinunciare, a volte, a certe cose. Proprio ieri mi confrontavo con un musicista che stimo molto, che è Angelo Olivieri, e parlavamo dell’importanza di imparare piano piano a fare economia, a togliere il superfluo che credo sia la cosa più difficile da fare e su cui bisogna lavorare tanto.

[J@R] Quanto conta l’affinità con gli altri musicisti?

[GT] Per me è tutto. Sono contenta di rispondere a questa domanda perché la mia musica sono loro! (sorride, ndr). Con Alessandro ci siamo conosciuti suonando insieme nel 2006, con Luigi abbiamo fatto le elementari insieme e poi, dopo vent’anni, ci siamo ritrovati al Conservatorio. Assurda la vita! Mattia ce l’ha presentato Alessandro. Il feeling con loro per me è tutto. Suoniamo insieme in questo progetto da poco più di due anni e devo tanto ad ognuno di loro, per i loro consigli, suggerimenti o semplicemente per il loro approccio alla musica. A volte è capitato che, dopo le prove, grazie a loro mi venivano tante nuove idee di arrangiamento o interpretazione dei brani. Con loro ho iniziato a lavorare ad una idea di suono dove ognuno è una parte fondamentale ed insostituibile, e questo è un concetto secondo me bellissimo perchè rappresenta ciò che è per me la musica, un momento di incontro tra mondi diversi, di scambio e di crescita, sempre.

[J@R] E sul disco ci sono anche altri musicisti?

[GT] Sul disco si sono aggiunti Aldo Bassi e Davide Di Pasquale. Che dire di Aldo, è un musicista eccezionale. Ho avuto modo di conoscerlo al Conservatorio di Frosinone come insegnante e di assisterlo in alcuni concerti, e mi sono completamente innamorata del suo suono e della sua musica. Così ho pensato di chiamarlo come ospite, e lui è stato contento di collaborare con noi. Davide è un nostro caro amico, ho sempre amato e condiviso il suo approccio alla musica e poi credo sia un vero talento, come anche gli altri musicisti, peraltro.

[J@R] Cosa ti auguri per il tuo futuro?

[GT] Intanto mi auguro di portare in giro il più possibile il nostro progetto, far conoscere la nostra musica, anche perchè fin’ora ti ho parlato del lavoro che abbiamo fatto ma è importantissimo anzi fondamentale il riscontro del pubblico, comunicare e condividere ciò che si è e si fa. Ieri siamo stati ospiti del Jazzupfestival, il 20 luglio saremo a Frosinone per il primo festival nazionale dei Conservatori e ad agosto presenteremo il disco a Gaeta, che è la mia città ed alla quale sono legatissima. Ed è anche quella di Luigi. E poi speriamo in nuove idee, nuovi progetti.

Seconda settimana al Massimo Jazz

Seconda ed ultima settimana al Massimo Jazz, rassegna di gruppi Jazz con un disco in uscita, organizzata dall’Associazione Culturale 28DiVino Jazz e curata dal direttore artistico Marc Reynaud.

La prima serata di questa seconda parte prevede, giovedi 27 giugno, l’esibizione del progetto N.EX.T.”New EXperiences Time”, il cui disco è in uscita per Zone di Musica. Carlo Petruzzellis (chitarra), Giuseppe Russo (sax), Francesco Pierotti (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria), danno vita a “esperimenti sonori indirizzati alla ricerca di una libertà musicale svincolata da ogni barriera stilistica”, accostando elementi timbrici e ritmici del Jazz, della Classica, del Latin e del Pop.

Venerdi 28 giugno è la volta di “DISTOPIA” N.O.T, per l’etichetta Brigadisco Records in un progetto di condivisione gratuita Grapevine Telegraph (http://www.grapevinetelegraph.joomlafree.it/). Marco Colonna (sax tenore), Luca Corrado (basso elettrico), Cristian Lombardi (batteria), presentano un lavoro di avanguardia, non facile ma che ha ricevuto numerosi apprezzamenti di critica.

Sabato 29 giugno il Massimo Pirone Quartet presenta WAITING, per la Kyosaku Records, con Massimo Pirone (trombone), Andrea Biondi (vibrafono), Luca Pirozzi (contrabbasso), Pietro Iodice (batteria). Il progetto, originale, è un omaggio a Frank Rosolino, Cootie Williams e Johnny Mandel.

La rassegna si chiude domenica 30 giugno con la presentazione di ALTRA CORSA, ALTRO GIRO  (per Zone di Musica), del Matteo Cona Quartet, con Matteo Cona (chitarra), Augusto Pallocca (sax tenore), Dario Germani (contrabbasso), Stefano Mazzuca (batteria). Il disco rappresenta un diretto riferimento all’infanzia e adolescenza del compositore Cona, infanzia trascorsa nel mondo del Luna Park.

Le metamorfosi di Andrea

Parte dalla mitologia e sconfina nella filosofia il discorso musicale di Andrea Gomellini. Il tema del mutamento continuo, così come rappresentato nella tradizione letteraria e mitologica dagli esseri mutaforma, viene stavolta preso a spunto per farne una metafora della vita, delle emozioni, dei sentimenti. E tale concetto è ben rappresentato nella musica, ancor più che nel titolo del disco e nei titoli delle varie tracce.

Siamo alla serata inaugurale della rassegna Massimo Jazz, all’Auditorium del Massimo, curata da Marc Reynaud, direttore artistico dell’Associazione Culturale 28DiVino Jazz. Andrea Gomellini, chitarrista e compositore, presenta il suo cd Met@morfosi, edito da Zone di Musica. Andrea è accompagnato da Claudio Corvini alla tromba, Luca Pirozzi al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria.

Andrea Gomellini è un chitarrista sensibile, che spiega nei dettagli l’ispirazione di ogni brano mettendosi quindi a nudo, come ha modo di confessare durante la serata. Ma è sicuramente un nudo artistico, che non disturba, anzi. Le sue riflessioni più profonde prendono subito forma nel primo brano, Metamorfosi, che alterna due momenti diversi, rispettivamente nella parte A, dove il tema si sposta liquidamente sfruttando sapienti cambi di tonalità, e nella parte B del brano, che diventa a tratti swing e a tratti di ispirazione hardbop. Morbidamente doppiata la chitarra dalla tromba (o forse potremmo dire che è la chitarra a doppiare la tromba?), il brano muta il tempo ed il senso, traportandoci in un continuum spazio-temporale. Già sento che sto cambiando forma: le mie braccia sono delle pinne. Poi, Le luci di Anher, ballad raffinata e cantabile, un ulteriore cambio di registro. Il tema viene snocciolato in incastri melodico-ritmici, mentre gli assoli vengono giocati sui sedicesimi di un ritmo latin. Anche i musicisti stanno cambiando: Corvini sembra un gabbiano, che sorvola il mare in cerca della preda, e controlla l’acqua con sguardo acuto ed esperto.

E se con Il cerchio di Alice, che se non fosse un 3/4 potrebbe sembrare un brano di Satie, si muta ancora, stavolta verso la forma canonica del jazz waltz, già verso la fine del brano l’ambiente si surriscalda, con Vantaggio a scomporre i quarti di una improvvisazione collettiva, dove tromba e chitarra si rincorrono, salvo essere qua e là calamitate dalle frequenze di Pirozzi, che anche lui non sfugge alla metamorfosi, e si trasforma pian piano in marinaio, al timone di questa nave che muta in barca e poi in peschereccio. Inaspettato blu arriva. Inaspettato davvero? Forse sì, ma nemmeno tanto. Perché quello che di sicuro non manca, alla vena compositiva di Gomellini, è l’istinto del lupo di mare. Sa molto bene, Gomellini, quando osare e portare l’ascoltatore in mare aperto, tra le onde impetuose dei vortici armonico-ritmici, e quando riportarlo in porto, tra le rassicuranti note di una rumba.

C’è poi Enteos, funky con una radice swing, che rappresenta l’entusiasmo, ma anche il dio che è in ognuno di noi (dal greco en theos, come ha modo di spiegare Gomellini). Ma la metamorfosi non si ferma mai, e neanche nell’apparentemente rassicurante bridge di questo brano si può stare tranquilli, e infatti Gomellini ci piazza una battuta dispari. A questo punto siamo fregati,  siamo cambiati tutti: noi ascoltatori, i musicisti, ed anche l’Auditorium del Massimo è diventato una limousine ad otto ruote, che si aggira nella notte di Roma. Scorrono altri brani, ma noi siamo usciti da noi stessi e rientrati mille volte. Le barriere sono saltate. Adesso, sappiamo che tutto è possibile.

Met@morfosi, Zone di Musica, 2013 – Metamorfosi/Le luci di Anher/Il cerchio di Alice/Inaspettato blu/Enteos/Kaka’s danza/Mrs K.B./Nanà/Le 8 ruote – Andrea Gomellini (chitarra), Claudio Corvini (tromba), Luca Pirozzi (contrabbasso), Andrea Nunzi (batteria)

Marc Reynaud, 28 e lode

Siamo al bar del 28DiVino, il Jazz Club di via Mirandola 21 a Roma. Qui con me c’è Marc Reynaud, il direttore artistico del Club. Stasera voglio cercare di capire come ha fatto questo locale a diventare, in così poco tempo, un importante punto di riferimento per il Jazz a Roma e in Italia.

[Jazz@Roma] Marc, cominciamo dalla notizia di questi giorni: il 28DiVino è risultato il primo Jazz Club d’Italia nei Jazzit Awards 2012. Che ne dici di questo primo premio?

[Marc Reynaud] Non è un primo premio, non si tratta di una gara o un concorso. È una votazione popolare. Ed è proprio questo il bello, che musicisti, avventori, esperti del settore, amici, abbiano espresso il loro apprezzamento per il 28 con più di 1000 voti assolutamente spontanei e disinteressati. Una bellissima soddisfazione, che ci gratifica per un lavoro che va avanti da più di tre anni  e che svolgiamo con cuore e passione. Il 28DiVino, e tu che lo conosci penso lo puoi confermare, non è solo il Jazz o solo la programmazione, ma è una filosofia: è il far suonare musicisti con voglia di esprimersi, che compongono musica, che studiano ore ed ore ogni giorno; ma è anche l’ambiente accogliente, il modo in cui trattiamo le persone, l’eterogeneità del nostro pubblico. Ecco, credo che la preferenza accordataci nei Jazzit Awards possa in fondo essere dovuta a questo mix di cose, che ti fa sentire come a casa. Se ci pensi, è a casa nostra che tendiamo a circondarci delle cose migliori.

[J@R] Una delle obiezioni che sento fare, quando chiedo alla gente perché non ascolta musica dal vivo,  è che costa tanto. Quanto si spende al 28DiVino?

[MR] I nostri sono prezzi che potremmo definire “popolari”, pur non essendo noi un centro sociale! Al piano di sotto, nella grotta, siamo associazione culturale, e con 5 euro i soci possono assistere ad un concerto senza obbligo di consumazione. Penso sia chiaro che  non lo facciamo per profitto, ed è anche questo che la gente apprezza. I prezzi sono comunque indicati nel nostro sito, http://www.28divino.com.

[J@R] E riuscite ad andare avanti mantenendo i prezzi così bassi?

[MR] In effetti non ci guadagnamo niente, anzi, più spesso ci rimettiamo qualcosa, ma la filosofia resta e resterà sempre la stessa: dare a tutti la possibilità di assistere ad un buon concerto Jazz e di usufruire di una accoglienza come la nostra.

[J@R] Che generi di Jazz passano al 28DiVino?

[MR] Tutti! Un altro dei nostri punti di orgoglio è che da noi il Jazz si declina nello swing, nel pop, nel rock, nell’elettronica… Sento sempre dire che il Jazz è una musica di nicchia. Forse il motivo va ricercato nel fatto che un ragazzo, che voglia avvicinarsi al genere, ha oggettive difficoltà a partire da Charlie Parker. Per esempio, mio figlio si è interessato al Jazz solo dopo che gli ho fatto ascoltare Francesco Diodati (il cui disco Need Something Strong si è classificato 4° nei Jazzit Award 2012, ndr) e altre cose contaminate con il rock. Ed ora, pian piano, sta risalendo la storia. Ed è anche passando per le contaminazioni che spesso, persone che non conoscevano il Jazz, escono da qui con il sorriso. E poi ritornano. Per me, quella è una vittoria.

[J@R] E se invece la musica non gli piace?

[MR] Il vantaggio di questo posto è che, se non ti piace, ti alzi e vieni di sopra, dove puoi continuare a sentire la musica in sottofondo ma puoi contemporaneamente mangiare, bere, parlare…

[J@R] La scorsa estate hai organizzato il festival “Appio Claudio in Jazz”. Che esperienza è stata?

[MR] Hai presente Don Chisciotte? (ride) Il festival è alla terza edizione ed è una idea di Andrea Fusco, proprietario del ristorante Giuda Ballerino. Il Comune ha inserito l’evento tra quelli dell’Estate Romana ma senza dare una lira, ragion per cui è stato interamente finanziato da Andrea. Questo Festival è particolarmente bello perché si tiene in piazza. Ho visto tanta gente, non solo seduta ai tavoli del ristorante ma anche sulle panchine, a passeggio, affacciata ai balconi… Un bel riscontro, ancor di più visto l’alto livello qualitativo proposto. A modo nostro abbiamo sopperito alle carenze di un panorama estivo 2012 nel quale non si è fatta nemmeno la tradizionale rassegna Villa Celimontana Jazz. Unico neo, tanto per cambiare, la burocrazia: dopo che ci siamo dati da fare per contattare oltre 50 artisti, organizzare il calendario, fare la valutazione di impatto acustico, dopo aver presentato le planimetrie per l’occupazione di suolo pubblico e tutto il resto, un dirigente del X Municipio ha impiegato un mese intero per mettere una firma! L’inizio del Festival è dovuto slittare, a rischio di far saltare tutto. Penso che questo sia definibile con una sola parola: scandaloso. Io non so nemmeno come si chiama il signore che ha tardato così tanto a mettere questa firma, ma lo invito, se legge questa intervista e si riconoscere, a pensare che così fa del male non tanto a me quanto a tutta la collettività! Però, alla fine, è stata una bellissima manifestazione, un grande successo.

[J@R] Lo rifarete?

[MR] Assolutamente sì e, visto che ha funzionato e bene, speriamo che il Comune di Roma e magari qualche sponsor decidano di finanziare la manifestazione.

[J@R] Tornado al 28DiVino, cosa bisogna fare per conoscere la programmazione?

[MR] Dunque, si deve guardare il cielo e in base a dove si trova l’Orsa Maggiore… (ride) No, basta andare sul sito http://www.28divino.com e vedere direttamente la pagina degli eventi! Oppure registrarsi, sempre sul sito, per ricevere via email gli aggiornamenti settimanali. Sul sito c’è tutto: chi suona, cosa si mangia, quanto costa, tutto. C’è anche una pagina Facebook, nonché vari siti di comunicazione che segnalano sempre i nostri eventi e che ringrazio.

[J@R] Parlando di Marc, l’uomo Marc Reynaud… Chi è Taggy Jazzy? (rido)

[MR] È il nostro robot, che sta sul palco, spia le note che i musicisti suonano, e ogni tanto dice la sua! (ride) Il fatto è che il mio lavoro è fabbricare robot nell’ambito dello spettacolo, del cinema e della televisione, e Taggy è una delle mie tante creature. Ma questa è un’altra storia della mia vita, insieme alla vela.

[J@R] Tre parole per descrivere il 28DiVino.

[MR] Rosso, Amore, Jazz. Amici. Ci tengo a dirlo, ma ho iniziato facendo la programmazione del Bebop, qui a Roma. E devo ringraziare Massimo Di Stefano, il precedente direttore artistico del Bebop, che mi ha insegnato il mestiere, introducendomi nel mondo del Jazz romano. Poi devo ringraziare i tanti musicisti i quali, quando abbiamo aperto il 28, sono venuti qui ed hanno accettato di suonare anche per cachet ridotti. I primi tempi del 28 sono stati particolarmente duri, e a volte sono dovuto andare al bancomat per poter pagare gli artisti anche a fronte di magri incassi. Ma la mia più grande soddisfazione è vederli oggi che portano avanti i loro progetti, che fanno dischi, che suonano alla Casa del Jazz. E anche se alcuni non li vedo più sono contento che abbiano potuto nascere e formarsi qui da noi. Un esempio per tutti, visto che è di attualità, Angelo Olivieri e Silvia Bolognesi che il 7 febbraio presentano qui il loro disco.

Ringrazio Marc non solo per questa piacevole chiacchierata ma anche, e ritengo di farlo a nome di tutti noi che amiamo il Jazz, per quanto si dà da fare per promuovere e diffondere questa Musica.

Marc Reynaud, con Angelo Olivieri e Lillo Quarantino
Marc Reynaud, con Angelo Olivieri e Lillo Quarantino