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Gianluca Figliola @ Gregory’s

Non più una scoperta, ma una conferma. Dopo averlo visto già in vari contesti, dal quintetto al duo all’organ trio, posso dire a ragion veduta che Gianluca Figliola dimostra di avere tutte le doti per essere annoverato tra i grandi giovani del nostro Jazz, e penso a Zanisi, Cigalini, Cafiso e altri ma anche allo stesso Leonardo Corradi (organo), con Figliola protagonista insieme a Marco Valeri (batteria) della serata di domenica sera al Gregory’s.

Una serata all’insegna dello swing e del funk, a tratti inframezzato da ballad suonate con gusto ed equilibrio. È un Figliola maturo, forte dell’apprezzamento di musicisti del calibro di Rosario Giuliani e Roberto Gatto, con i quali recentemente ha avuto occasione di esibirsi. Il suo chitarrismo è dotato di grande impatto e la sua pronuncia jazzistica notevole, mentre la mano sinistra di Corradi delinea una walking line sulla quale lui mostra di sentirsi perfettamente a proprio agio. Perfetto l’incastro con Marco Valeri, anche lui decisamente tra i migliori batteristi in circolazione.

Una serata che, tra standard e brani originali, ha deliziato una platea internazionale attenta e completamente presa dallo swing del trio, una platea che non ha esitato a chiedere il bis con un sentito “one more!” e che conferma le nostre impressioni.

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Enrico Bracco 4et

Niente di meglio, per allentare la tensione di una settimana lavorativa, che capitare all’Alexanderplatz mentre sta suonando Enrico Bracco con il suo quartetto. Il concerto è appena iniziato con le note di Isfahan (Ellington/Strayhorn), suonata ad un tempo un po’ più veloce rispetto a quello dello storico video del nel quale Duke regge lo spartito a Johnny Hodges. Atmosfera rilassata, swing pulsante, creano un benefico effetto coadiuvando l’ipotalamo nell’abbassare i livelli di stress accumulato.

Enrico è un chitarrista sensibile, con un fraseggio agile e sempre in tema, sia che suoni moderno, con arpeggi triadici e scale aumentate, sia che suoni classico, tra scale bebop e diminuite. E non è da meno questa sera, ben coadiuvato da Luca Fattorini al contrabbasso, il quale è essenziale e perfetto al tempo stesso mentre accompagna brani originali come Sman o Alis 3.

Al sax tenore Matt Renzi fornisce il naturale compendio del leader, suonando i temi all’unisono e regalando soli belli e ispirati come in But Beautiful (Van Heusen). Non mancano momenti più up come l’esecuzione di Isotope (Henderson), e momenti più rilassati come Flower, una bossa funkeggiante scritta da Bracco nella quale Marco Valeri ha modo di dimostrare tutta la sua dote ritmica.

A sorpresa, ma non troppo, la chiusura del concerto vede il quartetto trasformarsi in quintetto, con Luca Mannutza che si materializza al pianoforte e che con All Too Soon (Ellington) ci saluta, mandandoci a casa molto più buoni.

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Monk, storia di un genio americano

Quando ho assistito alla sua presentazione, avvenuta il 23 febbraio scorso al Music Inn, avevo appena iniziato la lettura di questa molto particolare biografia di Monk, scritta da Robin D.G. Kelley ed edita in Italia da Minimum Fax con il titolo “Thelonius Monk – Storia di un genio americano”.

Intanto, la serata al Music Inn è stata un bellissimo pretesto per ascoltare un quartetto di ottimi musicisti, a partire da Maurizio Giammarco al sax, proseguendo con Roberto Tarenzi al piano, Dario Deidda al basso elettrico e Marco Valeri alla batteria. Il quartetto ha pescato diversi brani dal repertorio di Monk, interpretandoli in maniera personale e dando alla serata un mood molto gradevole. Sempre elegante e perfettamente controllato, Maurizio Giammarco ha dato l’ennesima prova (semmai ce ne fosse stato bisogno) di essere un grande talento del jazz. Bravi anche i suoi musicisti, con una menzione particolare per Dario Deidda, che ha saputo dare una pulsazione swingante e metronomica al tempo stesso, è una contraddizione in termini ma questo è stato quello che ho provato ascoltandolo.

E veniamo al libro; la prima cosa che salta all’occhio è una impostazione scientifica, basata su interviste, articoli e fonti varie, impostazione  che toglie di dosso a Monk quell’aura da personaggio strano, schivo e controverso. Quello che viene fuori è una persona a tutto tondo, non un personaggio, e tutte le sfaccettature della sua storia e del suo carattere vengono disvelate partendo dalle sue origini, dai suoi affetti familiari e amicali, per continuare con il suo esordio come musicista, le difficoltà dei primi tempi, il momento del grande successo ed il declino finale. La storia di un uomo, ancor prima che di un musicista,  e non la storia di una icona.

Il libro è molto dettagliato, e Kelley narra con dovizia di particolari di tutti i concerti, dei musicisti che vi presero parte, dei locali, dei successi e degli insuccessi. Un libro interessante, in grado di soddisfare le curiosità più spinte, un documento storico importante che costituisce un elemento essenziale nella storiografia del Jazz.

http://www.minimumfax.com/libri/scheda_libro/542

Thelonius Monk - Storia di un genio americano
Thelonius Monk – Storia di un genio americano