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La passione per il Jazz dà buoni frutti

Da qualche anno, ormai, è diventata una piacevole consuetudine ritrovarsi ad ascoltare del buon jazz presso il Caminetto Resort, a Montefiascone. Il merito di questo va a Marco Storti e a Stefania Giacalone i quali, con encomiabile attenzione e cura, organizzano annualmente questo incontro che vede un gruppo di amici e amici degli amici (ma in senso buono) passare un fine settimana di quelli invernali e freddi, del quale normalmente non sapresti che fartene, tra musica jazz dal vivo, buon cibo, ottimo vino e rigenerante vista lago. Ospiti di Margherita Della Rocca e della sua splendida struttura, coccolati e avvolti dal silenzio e dal calore scoppiettante del camino.

Dopo uno stop dovuto al Covid quest’anno Marco e Stefania l’hanno fatto di nuovo, organizzando una tre-giorni in grado si solleticare molti palati. Siamo arrivati di venerdì e, prima dell’aperitivo, abbiamo assistito ad una guida all’ascolto dal titolo Kind of Blue e altre divagazioni. Spoiler: dovrei dire che hanno assistito, perché la guida all’ascolto ho avuto il piacere di curarla io (di persona personalmente, visto che il silenzio di quei luoghi mi evoca in qualche modo le scene di Montalbano).

Dopo l’aperitivo, come si conviene, la cena, deliziosa, sottolineata dalla descrizione, da parte del sommelier, del vino di accompagnamento al pasto scelto dalla coppia Storti & Giacalone. La sera è proseguita poi con la proiezione di – no, non è la Corazzata Potëmkin , che comunque è un bellissimo film a dispetto della fama – la proiezione, dicevamo, del film di Bertrand Tavernier Round Midnight.

Sabato mattina alle terme e pomeriggio in relax, per arrivare alla sera con il clou della tre-giorni, il concerto dell’ensemble di Fabio Tullio con ospite di eccezione Maurizio Giammarco e con Luca Mannutza al piano, Claudio Corvini alla tromba, Luca Pirozzi al contrabbasso, Massimiliano de Lucia alla batteria. Il gruppo ha suonato arrangiamenti di standard ed un brano di Giammarco, On The Kid’s Side.

La domenica poi Leonardo Taloni, un giovanissimo e promettente pianista, ha eseguito brani celebri al pianoforte, per il piacere degli astanti.

Un fine settimana all’insegna del riposo e della bellezza per gli occhi, per le orecchie, per lo spirito e la mente. In un momento geopolitico come questo ne sentivo particolarmente il bisogno.

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Lingomania 2016

C’era un pezzo di storia del Jazz italiano sul palco del Big Mama, domenica sera. Maurizio Giammarco (sax alto, sax tenore), Giovanni Falzone (tromba), Umberto Fiorentino (chitarra elettrica), Furio Di Castri (contrabbasso) e Roberto Gatto (batteria) hanno dato forma e suono ai Lingomania versione 2016. Fondato da Giammarco nei primi anni Ottanta, il gruppo (all’epoca si chiamavano ancora gruppi e non progetti) dei Lingomania era uno dei must listen per un appassionato come me che bazzicava i jazz club. In quel periodo i Lingomania apparvero anche nella trasmissione televisiva DOC, presentata da Renzo Arbore e Gegè Telesforo, trasmissione credo unica nel suo genere nella quale passarono tutti i più grandi jazzisti italiani ed internazionali, compresi Miles Davis e Dizzy Gillespie.

Roberto Gatto
Roberto Gatto

Ed eccomi qua, ad ascoltarli a 30 anni di distanza dall’uscita del loro primo disco, Riverberi, a mezzo metro da loro, praticamente in mezzo a loro, in mezzo alla storia, insomma.

Partono con un pezzo up, Esosfera (M. Giammarco), tratto proprio da Riverberi, seguito dal funky Molti anni fa, anche questo up-tempo. Gli animi si scaldano subito, e lo special di fiati che lancia i soli di Falzone prima e Giammarco poi fomentano la platea. Gatto addenta una bacchetta mentre scartabella gli spartiti, trova quello che cercava e lo poggia sul timpano, poi riprende a suonare picchiando sopra lo spartito stesso, mentre un mood piacevolmente aggressivo pervade l’atmosfera del locale. Segue Images (U. Fiorentino), ballad introdotta dall’autore e sostenuta da un solo di Di Castri con l’ausilio delle percussioni di Gatto,  ma è solo un momento di calma relativa, e già si riaprono le ostilità con Conseguenze (M. Giammarco), nel quale ad una intro serrata in sezione segue un momento free che poi sfuma in un solo bop di Giammarco. Il piede comincia a battere senza ritegno quando uno special introduce un andamento funkeggiante lasciando la scena ad un Falzone scatenato. Pura goduria, lo yeah scatta automatico, e dilaga passando per il solo di Fiorentino prima e di Gatto poi, il quale letteralmente massacra la batteria che fu di Elvin Jones (Gatto mi ha poi raccontato che sulle pelli della stessa c’erano tracce del sangue del famoso batterista, il quale di certo non l’ha trattata meglio). Morning Mood (M. Giammarco), sempre tratto da Riverberi, chiude il set.

Maurizio Giammarco
Maurizio Giammarco

Il secondo set vede l’esecuzione di Riverberi, la title track del disco del 1986: la tromba ha la sordina, i tamburi sono percossi con i mallet, ed una sequenza elettronica fornisce la base ritmico-armonica per l’improvvisazione contemporanea di tromba e sax alto. Un altro giorno (U. Fiorentino), è un medium swing di classe, seguito dallo slow Waiting Sea, nel quale i soli sono esclusivamente per contrabbasso e chitarra. Si finisce ancora up con un brano di Giammarco e con la prospettiva (rivelatami da Roberto Gatto nell’intervallo) di un nuovo disco entro l’anno. Non vedo l’ora.

Giovanni Falzone
Giovanni Falzone

Umberto Fiorentino
Umberto Fiorentino

Furio Di Castri
Furio Di Castri

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Pagina del Big Mama

Ricominciano le guide all’ascolto alla Casa del Jazz

Sono ricominciati ieri, 9 gennaio, gli incontri di guida all’ascolto curati da Gerlando Gatto alla Casa del Jazz. Con la consueta sobrietà e gradevolezza, nonché con l’aiuto del bravo tenorsassofonista Maurizio Giammarco che ha eseguito alcuni brani dal vivo, sono stati presentati gli standard All Of Me, All The Things You Are, Misty, I Want To Talk About You.

Gerlando Gatto e Maurizio Giammarco
Gerlando Gatto e Maurizio Giammarco

Sempre interessante scoprire la storia di questi brani, come All The Things You Are, scritto per il musical Very Warm For May del 1939, musical che, avendo ricevuto numerose critiche negative, andò praticamente vuoto già dalla seconda sera e costrinse l’Alvin Theatre a chiudere dopo sole 59 repliche. Ma il brano di Jerome Kern è sopravvissuto, immortale. Come Misty, inciso da Erroll Garner nel 1954, che ha poi avuto numerose imitazioni, una su tutte I Want To Talk About You di Billy Eckstine, basata sulla stessa struttura armonica.

2013-01-09 20.17.45

Preziosi, come dicevo, i contributi dal vivo di Maurizio Giammarco, sassofonista che è parte del (ricco) patrimonio della storia del Jazz italiano e che è sempre bello poter ascoltare. Preziosi, infine, i tanti contribuiti audio, uno su tutti l’ascolto della versione di All The Things You Are di Gonzalo Rubalcaba dal disco live Discovery. Versione da brivido, bellissima, che vi faccio ascoltare nel video qui sotto. Allacciate le cinture…

Tutti i mercoledi dalle ore 19.00 fino al 13 febbraio 2013, ingresso libero fino a esaurimento posti

Gonzalo Rubalcaba – All The Things You Are

Monk, storia di un genio americano

Quando ho assistito alla sua presentazione, avvenuta il 23 febbraio scorso al Music Inn, avevo appena iniziato la lettura di questa molto particolare biografia di Monk, scritta da Robin D.G. Kelley ed edita in Italia da Minimum Fax con il titolo “Thelonius Monk – Storia di un genio americano”.

Intanto, la serata al Music Inn è stata un bellissimo pretesto per ascoltare un quartetto di ottimi musicisti, a partire da Maurizio Giammarco al sax, proseguendo con Roberto Tarenzi al piano, Dario Deidda al basso elettrico e Marco Valeri alla batteria. Il quartetto ha pescato diversi brani dal repertorio di Monk, interpretandoli in maniera personale e dando alla serata un mood molto gradevole. Sempre elegante e perfettamente controllato, Maurizio Giammarco ha dato l’ennesima prova (semmai ce ne fosse stato bisogno) di essere un grande talento del jazz. Bravi anche i suoi musicisti, con una menzione particolare per Dario Deidda, che ha saputo dare una pulsazione swingante e metronomica al tempo stesso, è una contraddizione in termini ma questo è stato quello che ho provato ascoltandolo.

E veniamo al libro; la prima cosa che salta all’occhio è una impostazione scientifica, basata su interviste, articoli e fonti varie, impostazione  che toglie di dosso a Monk quell’aura da personaggio strano, schivo e controverso. Quello che viene fuori è una persona a tutto tondo, non un personaggio, e tutte le sfaccettature della sua storia e del suo carattere vengono disvelate partendo dalle sue origini, dai suoi affetti familiari e amicali, per continuare con il suo esordio come musicista, le difficoltà dei primi tempi, il momento del grande successo ed il declino finale. La storia di un uomo, ancor prima che di un musicista,  e non la storia di una icona.

Il libro è molto dettagliato, e Kelley narra con dovizia di particolari di tutti i concerti, dei musicisti che vi presero parte, dei locali, dei successi e degli insuccessi. Un libro interessante, in grado di soddisfare le curiosità più spinte, un documento storico importante che costituisce un elemento essenziale nella storiografia del Jazz.

http://www.minimumfax.com/libri/scheda_libro/542

Thelonius Monk - Storia di un genio americano
Thelonius Monk – Storia di un genio americano