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It’s Jazz Talk: due chiacchiere con Carlo Petruzzellis

Ieri sera, all’Auditorium del Massimo, Carlo Petruzzellis (chitarra, synth) ha presentato il suo disco, N.EX.T.,  insieme ai compagni di viaggio Giuseppe Russo (sassofoni), Francesco Pierotti (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria). Lo abbiamo avvicinato dopo il concerto, ed ecco quello che ci ha raccontato.

[Jazz@Roma] Carlo, abbiamo ascoltato un bel concerto stasera! Parlaci di come e quando è nato questo progetto.

[Carlo Petruzzellis] Dopo vari esperimenti “elettrici” e varie formazioni, a fine 2010 si è consolidato il gruppo come lo avete ascoltato oggi. Per selezionare i brani che poi avremmo inciso, non abbiamo fatto altro che suonare dal vivo, e solo quando siamo arrivati ad una certa maturità e padronanza dei brani siamo andati in studio.

[J@R] Ascoltandoti ho avuto la percezione di un doppio registro: per cominciare, i temi rivelano invariabilmente un grande senso della melodia, e forse il tuo essere del sud ha qualcosa a che fare con questo… quando suoni gli assolo, invece, percepisco una forte influenza rock, unitamente ad un uso frequente di sequenze e riff.

[CP] In passato sono stato onnivoro! Ho ascoltato tantissimi chitarristi, non importava che suonassero flamenco, metal, rock, jazz…  L’importante era che fossero bravi, che mi facessero scoprire tutti i segreti della chitarra. Sono partito da Pat Metheny, a 14 anni, passando poi per Steve Vai, Joe Satriani, Dream Theatre, Joe Pass, Jim Hall, Paco De Lucia… Ho ascoltato tutto! E credo che ciò che si ascolta, quando suono, sia la somma di questo “tutto”.

[J@R] Un’altra cosa che ho notato è il gusto per l’arrangiamento. Che importanza ha per te, rispetto alla composizione?

[CP] Ritengo che composizione ed arrangiamento abbiano pari importanza. Una bella composizione, non arrangiata, o per la quale le varie sezioni non siano ben valorizzate, risulta brutta. A me piace comporre arrangiando a sezioni complete, che poi una volta unite danno forma al brano.

[J@R] Il sintetizzatore: ho scoperto – con piacere – che lo usi con grande sensibilità e sapienza! Anche qui c’è lo zampino di Metheny?

[CP] Molto! (ride, ndr)

[J@R] Come sei arrivato a questo tipo di suono, con il guitar-synth?

[CP] Intanto, ho una laurea in ingegneria elettronica. Dunque ho voluto unire le mie conoscenze tecniche e la musica. Il synth, e l’effettistica in generale, ti permette di sbizzarrirti, mescolando i suoni. Ma più che usare il synth alla Pat Metheny, con il suo suono synth di tromba, per esempio, mi piace creare suoni di pad.

[J@R] Ho avvertito l’utilizzo dell’LFO, tra l’altro… C’è dunque una programmazione specifica, non ti limiti ad usare i preset…

[CP] Sì, ed anche sugli effetti c’è stato un lavoro di riprogrammazione della pedaliera, in modo da splittare i vari canali: canale distorto, canale pulito, mescolati con il pedale del volume, che però controllava il gain della distorsione! Insomma, voglio avere il controllo di tutte le componenti sonore, mescolandole come su un mixer (che tra l’altro è integrato nel mio setup). Lo scopo è unire e miscelare tante sonorità. Perché ad usare il preset, si usa qualcosa che probabilmente ha già usato qualcun altro, e non va bene! (ride, ndr)

[J@R] Nonostante questa tua dedizione alla programmazione, nonostante la laurea in ingegneria elettronica… nonostante tutto questo, l’uso che fai del synth è del tutto dosato e non ridondante!

[CP] Alla fine credo che il buon gusto debba dominare. Il synth è bello, ma c’è un pericolo: se strafai, diventa brutto. O lo dosi, e crei una pasta sonora, o diventa pacchiano. Per questo cerco di non usarlo in tutti i brani, e quando lo uso cerco di fare in modo che crei amalgama, anche perché non avendo un tastierista nel gruppo, la chitarra ha qui anche il compito di riempire, usando layer sonori che si devono poter percepire senza essere invadenti.

[J@R] È importante l’affiatamento con i musicisti del tuo gruppo?

[CP] Probabilmente, in un gruppo come questo, è impossibile sostituire un musicista all’ultimo momento. Questi brani vanno suonati e risuonati in modo che tra tutti noi si crei un’empatia che ci permetta di intenderci senza segnali. Poi tra noi c’è un ottimo rapporto umano, ed una intesa che ci consente di capirci al volo. E poi ci conoscevamo già per aver suonato insieme anche in altri progetti.

[J@R] Come avete pianificato la promozione del vostro disco?

[CP] L’intento principale è promuoverlo il più possibile nei live, perché ritengo che questo tipo di musica renda più dal vivo che su disco. È una questione di energia, che il disco – o meglio – le casse del PC, non possono assolutamente rendere! Purtroppo, apro questa parentesi, nonostante tutto lo sviluppo tecnologico che c’è stato, la qualità della musica che ascoltiamo è calata.

[J@R] Anche perchè spesso la si ascolta nei formati compressi…

[CP] Infatti, considerando che adesso si può registrare fino a 192 kHz, portare poi il brano a 44.1 kHz e comprimerlo in mp3… è come uccidere! E chiudo la parentesi! Per tornare alla tua domanda, stiamo pianificando una serie di date, compatibilmente con la difficoltà economica del periodo di crisi generale.

[J@R] E allora, visto che prediligi il suono dal vivo, spero che ti farà piacere essere stato intervistato sul nostro blog, che si occupa prevalentemente dei live jazz a Roma. Grazie, e in bocca al lupo!

[CP] Grazie a te, è stato un piacere!

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Biografia di Carlo Petruzzellis

Intervista a Carlo Petruzzellis (versione radiofonica)

Sintetizzatore

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