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Un trio perfetto

Nomen omen, avrebbero detto gli antichi romani. Giovedì scorso alla Casa del Jazz Roberto Gatto (batteria, live electronics) ha dato vita, insieme ad Alfonso Santimone (pianoforte, Fender Rhodes, live electronics) e Pierpaolo Ranieri (Fender Jazz bass), ad un concerto che non possiamo non dire perfetto. Perfetto per collocazione musicale, a cavallo tra sperimentazione, improvvisazione e tradizione; perfetto per esecuzione, squilibrata quanto basta per dare il senso del volo di un acrobata senza rete, e al tempo stesso equilibrata sotto il profilo tecnico e del controllo del proprio strumento da parte di tutti i musicisti. Il trio, dal nome PerfecTrio, appunto, ospitava Nil Felder, chitarrista newyorkese di gran talento e classe, che da un paio d’anni collabora spesso con Roberto Gatto.

L’impronta più immediata è quella dell’improvvisazione totale: su una impalcatura ritmica semifluida, solida e fluttuante al tempo stesso, si arrampicano le volute di note e rumori emessi dalla nutrita strumentazione di Santimone il quale, lungi dall’essere alternativo a tutti i costi, mette insieme con grande abilità campionamenti e scale alterate, usando il Fender Rhodes per lo più come sorgente sonora da filtrare e modulare attraverso il computer fino a farne uscire i suoni più diversi e sconvolgenti.

Citazioni, rumori elettronici, campionamenti: materiale sintetico e tecnologico, ma all’ascolto del quale viene fuori tutta l’umanità sottesa da questo ambiente sonoro. Umanità che emerge già ad uno sguardo della fisicità presente sul palco: Santimone è continuamente in movimento tra il piano acustico, il piano elettrico Fender Rhodes, il computer e le varie “superfici di controllo”, Ranieri balla senza sosta trainato dalle sue stesse note, che suona con metronomica precisione eppure dando sempre una impercettibile ed importante spinta in avanti. Gatto si muove felinamente,  attore e regista al tempo stesso, anche lui contribuendo con effetti elettronici all’atmosfera generale. L’unico che sembra immobile è Nil Felder, che però dimostra un time ed un fraseggio impressionanti.

La tradizione è ben presente, anche se non sempre immediatamente riconoscibile: a partire da Aquarela do Brasil (Ary Barroso), che emerge inopinatamente da un magma totalmente improvvisativo, passando per Evidence e Off Minor (Monk), per le meravigliose Lujon (Henry Mancini) e Mood (Ron Carter), fino ad un brano tradizionale africano dal titolo Togo, che Gatto interpreta con quattro bacchette (due per mano) dandogli un piglio quasi trance.

Un concerto mai noioso, sempre pronto a incantare e stupire, che ha tenuto incollati alle sedie alcune centinaia di appassionati i quali, sono sicuro, non vedono l’ora di acquistare il disco di questo trio, in uscita a gennaio 2014 per l’etichetta dell’Auditorium Parco della Musica.

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