Uscito da poco per AlfaMusic il disco In the Bloom, a firma della formazione GB Project che annovera Alessandro Scala (sax soprano), Gilberto Mazzotti (piano), Piero Simoncini (contrabbasso), Michele Iaia (batteria). Con la partecipazione di Simone Zanchini (fisarmonica), che nel disco suona in Waltz for You e in Light.
Si parte con un tempo medio in sei ottavi (Sei Otto il titolo): un pedale ritmico che si scioglie nell’arco di otto misure, ripetuto per due volte fino all’esplosione swing del ritornello. Si passa poi per il tangoso Savor, introdotto da un vamp di pianoforte che viene poi ripreso periodicamente durante il brano.
Il gruppo è ben affiatato, i musicisti dimostrano perizia ed una certa eleganza. In Waltz for You è la fisarmonica di Zanchini a dare il tono introspettivo al brano, mentre Funk Joy ci riporta verso territori più moderni per quanto ampiamente battuti. Salsa marina è il secondo brano prettamente sudamericano, evidentemente è una delle cifre del progetto.
In Light c’è il ritorno della fisarmonica, anche qui a rimarcare il feel da ballad, mentre alla title track è affidato il compito di chiudere il disco, con un lungo assolo di pianoforte a suggellare il tutto.
Disco: In the Bloom
Autore: GB Project
Anno: 2016
Etichetta: AlfaMusic
Tracce: Sei Otto / Savor / Espi / Waltz for You / Funk Joy / Salsa Marina / Light / In the Bloom
Il Garbatella Jazz Festival propone quest’anno un programma di contaminazione tra Classica e Jazz. Ieri sera è stata la volta dei Play Verdi, capitanati da Nicola Puglielli (chitarra, arrangiamenti) con Andrea Pace (sax tenore, arrangiamenti), Piero Simoncini (contrabbasso) e Massimo D’Agostino (batteria). Il loro progetto è una rilettura dell’opera di Giuseppe Verdi in chiave jazzistica, con un accento non solo sulla melodia principale ma anche sulle altre voci dell’Opera originale, in un gioco di contrappunti filologico ma anche innovativo, laddove una linea secondaria è stata interrotta ed unita ad un’altra, sicuramente al fine di meglio rendere la trasposizione per questo quartetto ma risultando nel contempo nuova e intrigante.
In apertura hanno dato ottima prova i Mood 5, che hanno piacevolmente impressionato con loro brani originali i tanti appassionati o semplici curiosi accorsi alla Villetta, in via Francesco Passino 26 / via degli Armatori 3.
Con Lamberto Armenia (sax alto), Gian Domenico Murdolo (sax baritono), Stefano Diotallevi (pianoforte), Giuliano Stacchetti (basso elettrico), Vladimiro Nigro (batteria).
La manifestazione, che sta avendo grande successo di pubblico, prosegue fino a sabato.
Ho avuto modo di vedere il quartetto di Patrizia Scascitelli, una delle prime (se non la prima) pianiste jazz italiane, che vive a New York dal 1981 ma che periodicamente viene a suonare in Italia. E per l’ennesimo anno ha fatto tappa al 28DiVino Jazz, dove si è presentata con i fidi Andrea Pace (sax tenore e soprano), Piero Simoncini (contrabbasso) e Carlo Battisti (batteria).
Un repertorio di brani originali, da lei scritti ed arrangiati, mescolati con brani di Horace Silver, scomparso lo scorso anno. La scrittura di Patrizia è fresca, come un soffio di brezza, si ascolti First Day Of Spring, con il quale si apre il concerto al 28DiVino, una minisuite che ad una prima parte a tempo moderato, con Battisti a scandire i quarti con i mallets, segue una seconda parte giocata in up-tempo, nella quale Simoncini e Pace hanno modo di scaldare i muscoli ed entrare pienamente in partita. Si ascolti anche Hudson Valley, un tema classico, cantabilissimo, che dà l’avvio al secondo set.
Non mancano il funky (Pink Flamingos, dedicato alla bassista Antonella Mazza) ed un tema claustrofobico come Madness, scritto di getto dopo l’attentato terroristico di Parigi.
I brani scelti per omaggiare Horace Silver sono Senor Blues, Adjustment, Pretty Eyes, Cape Verdean Blues e Peace, struggente ballad che non manca di toccare le corde più malinconiche del nostro inconscio.
Una serata classica, bella, godibile nelle armonizzazioni di Patrizia ed elettrizzante negli avviluppanti assoli di Andrea Pace, ottimamente supportati da una ritmica rodata come quella di Battisti e Simoncini.
Serata terminata con la piacevole intervista concessa da Patrizia alla nostra web radio.
Giuseppe Verdi ieri sera ha cambiato nome. O forse, viene il dubbio che sia esistito, più o meno nella prima metà del ventesimo secolo, un uomo di nome Joseph Greens, che spesso tirava tardi nei club della Cinquantaduesima strada di New York. Non può essere altrimenti, perché se sulle prime, il preludio dell’Aida, esposto da sassofono e chitarra, risulta effettivamente verdiano in tutto e per tutto, quando è il momento dell’assolo di chitarra siamo in pieno Jazz: swing, fraseggio, feeling!
Siamo alla quarta serata della rassegna Massimo Jazz, dove Nicola Puglielli (chitarra), Andrea Pace (sax tenore), Piero Simoncini (contrabbasso) e Massimo D’Agostino (batteria) presentano il loro progetto: la produzione di un disco con il crowdfunding, il sistema di finanziamento dal basso che sempre più sta prendendo piede nel mondo. La formazione, dal nome Hic et Nunc 4et, si prefigge di suonare le musiche di Giuseppe Verdi (Play Verdi il titolo) senza modificarne i temi e le armonie, ma arrangiandole modernamente e jazzisticamente, restituendo tutta la loro originale bellezza ma aprendole agli assoli, come è prassi operativa corrente nel Jazz. Una musica a Km zero, come ha detto ironicamente Puglielli, una musica che pesca anche dalla tradizione italiana e non solo da quella afro-americana.
E non stona, dopo il preludio al Macbeth, ascoltare il tenore di Andrea Pace che volteggia breckerianamente su un tempo raddoppiato, come non stona l’intro di chitarra di Puglielli sul preludio dell’Ernani, intro giocata su arpeggi e armonici. Non stonano le spazzole di D’Agostino, che teletrasportano il nostro Verdi nell’era dei night club, e non stona l’assolo di contrabbasso di Simoncini, perfettamente ed inequivocabilmente qui ed ora, hic et nunc.
I temi sono quelli di Simon Boccanegra, Stiffelio, Un ballo in maschera, la Traviata, La forza del destino. E se in alcuni tratti gli arrangiamenti tendono ad apparire più “classici”, a far da contraltare ci sono gli innumerevoli momenti swing e bop che non mancano di ottenere l’approvazione entusiasta della platea.
Alla fine della serata, insieme alla maggior parte del pubblico presente, decido di diventare produttore del disco. Vale sicuramente la pena finanziare una operazione interessante, divertente e, una volta tanto, culturalmente più affine alla nostra riconosciuta grande tradizione musicale.
Il 20 giugno inizia la rassegna Massimo Jazz, all’Auditorium del Massimo, con il dichiarato scopo di presentare artisti che abbiano inciso un disco di propri brani originali. Sicuramente una boccata d’aria fresca nell’asfittico panorama italiano, che troppo spesso propone i soliti noti e non lascia spazi né ai giovani né a quelli che erano sì, giovani, ma che ormai già da anni calcano (con successo) la scena musicale.
La rassegna si apre con il quartetto di Andrea Gomellini, che presenta il cd Met@morfosi (Zone di Musica). Gomellini, coadiuvato da Claudio Corvini (tromba), Luca Pirozzi (contrabbasso) e Valerio Vantaggio (batteria), presenta il suo disco come testimonianza di un “momento intimo della sua carriera artistica”. Melodia, dunque, che si inserisce però in strutture moderne e mutanti, come in una continua e perenne metamorfosi.
Venerdì 21 giugno vede l’esibizione del Gabriele Buonasorte Quartet a presentare il disco Forward (NAU Records), con Angelo Olivieri (tromba, flicorno), Mauro Gavini (basso elettrico), Mattia Di Cretico (batteria). Il disco combina atmosfere ritmiche di varia origine con jazz modale, “a tratti audace nelle sue diramazioni free“.
Sabato 22 giugno è la volta di Gloria Trapani e del suo disco Rough Diamond (Terre sommerse), con Luigi Di Chiappari (piano), Alessandro Del Signore (contrabbasso), Mattia Di Cretico (batteria). Ogni brano è una fotografia di un momento vissuto, a raccontare l’emozione di un incontro, di un viaggio, di un ricordo, di un libro, come la title track Rough Diamond, ispirata alla storia di Yvette Szcupak Thomas, pittrice francese vissuta nel ’900. Ricerca melodica ma anche ritmiche aperte e sospese, a volte funky e R&B.
Domenica 23 giugno l’Hic Et Nunc Quartet presenta in anteprima il disco Play Verdi, prodotto con il sistema del crowdfunding. Agli spettatori sarà possibile, versando un contributo, diventare produttori del disco stesso. Nicola Puglielli (chitarra), Andrea Pace (sax, ewi), Piero Simoncini (contrabbasso), Massimo D’Agostino (batteria) ci guidano in un viaggio jazzistico all’interno della produzione Verdiana, dove le melodie proposte sono proprio quelle originali, “in tutta la loro bellezza”.
La rassegna prevede 8 date, dal 20 al 30 giugno, sempre nei giorni di giovedì, venerdì, sabato e domenica, con inizio alle 21.45. Per i dettagli vi rimandiamo alla pagina ufficiale dell’Auditorium del Massimo
In questo primo gennaio 2013 sono andato a riascoltare un bel disco del 2004. Si tratta di Nebuloso, a firma del quartetto ZAST (acronimo di Zito/Andreoni/Simoncini/Tullio), dodici tracce, sette delle quali a firma di Fabio Tullio, quattro di Mauro Andreoni ed una di Vito Giordano.
Niente di meglio per iniziare il nuovo anno, visto il clima meditativo che già il primo brano mi ispira, a partire dal titolo, appunto, Nebuloso. Il tempo lento invita a fare bilanci, mentre il tema cantabile, esposto nel registro medio dal contrabbasso di Piero Simoncini, mi mette nella condizione migliore per accettare quelli positivi ma anche quelli negativi. Mauro Andreoni punteggia con accordi legati da piccole frasi, mentre Gigi Zito rimane sospeso sui piatti della sua batteria. Su tutto si innesta il sassofono soprano di Fabio Tullio, leader di questa formazione. Il suo è un assolo lontano da virtuosismi e da presenzialismi; anche nei repentini e brevi raddoppi non c’è intenzione aggressiva. Tutti suonano con estrema rilassatezza e interplay, andando oltre il mood che si respira in molte produzioni ECM che potrebbero apparire come il riferimento di un brano come questo, e dando a mio avviso qualcosa in più. Quando arriva l’assolo di piano, tutto appare ancora più nitido e cristallino, come se quello che è stato suonato fino ad ora non potesse esistere senza questo assolo, e viceversa. Anche Andreoni sceglie di non aggredire, privilegiando la via comunicativa dell’empatia con il brano, al servizio del quale si mette, al pari degli altri.
Nebuloso è la traccia più lunga del disco, a rimarcare quanto la vena introspettiva di Tullio sia qui una cifra essenziale e dominante. E questa vena è tanto più evidente nella scelta del sassofono soprano, tra tutti i sassofoni quello con il registro più drammatico.
Ma con il secondo brano, ecco venir fuori la verve.Il settimo senso, un medium swing in cui ha modo di emergere tutta la jazzitudine di questi musicisti, che possono qui fraseggiare classicamente su una struttura armonica caratteristica. Bello e dinamico lo swingante solo di piano, con intriganti momenti di climax. Incalzante e interessante il successivo solo di sax.
La vena introspettivo-malinconica riappare poi con Buio pesto. Tutto il disco ne è costellato, ma questa vena non è mai autodistruttiva, e spesso si riscatta passando da un tema lento ad assoli eseguiti su un tempo sincopato, come in Un colpo in testa, o con brani come Il sorriso di Giada o la funkeggiante Solar Eclipse.
Insomma, credo di aver scelto bene il disco da ascoltare come primo disco dell’anno. A dimostrazione che spesso le cose belle sono quelle che andiamo a ripescare dal passato e che credevamo superate. Un disco bello, intenso, meditativo ma con una vena di sottesa allegria che in fondo è il modo in cui i saggi affrontano la vita.
01. Nebuloso (Tullio)
02. Il settimo senso (Tullio)
03. Buio pesto (Tullio)
04. Un colpo in testa (Tullio)
05. Abrehet (Giordano)
06. Il sorriso di Giada (Tullio)
07. La porta ermetica (Andreoni)
08. Pioggia estiva (Andreoni)
09. Accordion No Accordion (Tullio)
10. Oratorio (Andreoni)
11. Cadenas de amor (Andreoni)
12. Solar Eclipse (Tullio)