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Fuga dalla città

 All’Alexanderplatz, in un pigro sabato di Pasqua, quando tutti fuggono via da Roma o per lo meno non escono, ho assistito al concerto del quartetto di Riccardo Fassi (pianoforte) e Sandro Satta (sax alto), con Luca Pirozzi (basso el.) e Pietro Iodice (batteria). Era molto tempo che non andavo in un club, ma l’atmosfera tipica di questo luogo magico mi ha di nuovo fatto sentire a casa, come sempre.

Il quartetto è uno spin-off della Tankio Band, storica formazione orchestrale di Fassi. La scaletta contiene brani originali a firma di Fassi e Satta, con uno stile che richiama in parte il Jazz degli anni Settanta e Ottanta, pedali ritmici basati su accordi sus 4, fraseggi complessi con volute ipnotiche e improvvisi swing travolgenti. Non manca il rock, che appare qua e là con naturalezza.

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L’impalcatura armonico-ritmica è granitica, con Iodice e Pirozzi a scandire con energia il tempo metronomico. Su loro si innesta l’eleganza di Fassi, il suo pianismo gentile e molto swingante, perfetto nel fare da supporto a Satta. Il sassofonista è misurato e al tempo stesso pirotecnico, riuscendo a passare con gusto dal fraseggio in ottavi a quello in sedicesimi a quello in trentaduesimi, mantenendo sempre un grande controllo dello strumento.

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Brani avvolgenti come Pattern and Mutter, di Satta, gettano l’ascoltatore nella dipendenza più sfrenata, lasciandolo con l’unico desiderio che il brano duri per sempre. C’è poi Allegro Rabarbaro, di Fassi, una marcia che ricorda alcune colonne sonore degli anni Settanta, ed il pensiero va ad Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri ed a quel famoso tema di Ennio Morricone (tema del quale Fassi ha inciso una bella versione con la sua Tankio Band, Serial Killer, 2001). Non mancano le dediche: B. Groove, di Fassi, un brano dal ritmo trascinante dedicato a Billy Cobham, e Three Chords for D.B., una ballad strutturata su un pedale armonico basato su tre accordi, appunto, e dedicata al sassofonista David Binney.

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Non poteva mancare un brano di Frank Zappa, con Toads Of The Short Forest, tratto dall’album Weasels Ripped My Flesh, del 1970, un tre quarti che ci regala l’ennesima perla da questo artista immenso che è stato Zappa, e che Fassi non si stanca mai di omaggiare.

Il concerto finisce, la Pasqua è fra qualche ora. Sarà una Pasqua più felice.

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Fassi e Falzone fanno faville alla Casa del Jazz

Ogni tanto capita, e ieri sera mi è capitato: ho assistito ad uno dei concerti che amo definire top. Sono molti i motivi per cui un concerto può essere considerato top, ad esempio quando l’artista è particolarmente ispirato o quando il pubblico segue con grande trasporto e partecipazione. Può dipendere dal contenuto particolarmente alto della esecuzione o anche solo dall’emozione che si percepisce in sala. Ieri sera, questi ingredienti c’erano tutti.

Siamo a Roma, alla Casa del Jazz, e sul palco si incontrano due mostri sacri quali la Tankio Band di Riccardo Fassi, formazione ormai storica e con un curriculum di tutto rispetto, e Giovanni Falzone, trombettista, compositore e arrangiatore tra i più interessanti della scena italiana e non solo italiana. Il tema della serata è composto da una prima parte dedicata a Frank Zappa, con arrangiamenti di Fassi, ed una seconda parte di brani a firma di Falzone.

Della Tankio Band, attiva sulla scena da più di trent’anni, non si può dire altro che bene. Formata da elementi di prim’ordine, semplicemente, spacca. Grande impatto sonoro nella esecuzione dei brillanti arrangiamenti, grande feeling ed interplay, solisti di livello. La direzione di Fassi è attenta, discreta e generosa. Lo spazio è suddiviso con gusto ed equilibrio tra i vari musicisti, i quali si alternano, nell’arringare la platea, tra Andrea Tofanelli e Francesco Lento (trombe), Roberto Pecorelli (trombone basso), Massimo Pirone (trombone), Sandro Satta (sax alto), Michel Audisso (sax soprano, sax alto), Torquato Sdrucia (sax baritono), Pierpaolo Bisogno (vibrafono), Steve Cantarano (contrabbasso), Pietro Iodice (batteria).

Si comincia con Uncle Meat (Frank Zappa), una marcia in 3/4 che vede, come primo solista, il bravo Michel Audisso al quale si sovrappongono, ad un cenno di Fassi, gli ottoni, con un background che verrà ripetuto anche sul solo dell’ottimo Satta.

Segue Modular Blue, a firma di Riccardo Fassi, un blues modificato, come dice l’autore, ma nemmeno poi tanto visto che inizia con un assolo di trombone con plunger del collaudato Pirone, assolo che rimanda a roventi atmosfere bluesy. Il tema, prima eseguito da più strumenti all’unisono e poi armonizzato, lascia alla fine spazio ad un bruciante assolo del vibrafonista Bisogno, una vera “marcia in più” della Tankio Band sia dal punto di vista del sound che da quello più strettamente artistico. Seguono i soli di Sdrucia al baritono e di Fassi al piano, per poi riprendere il tema, strutturato in larghe volute avviluppanti secondo un tipico stile fassiano.

Viene annunciata l’esecuzione di Serial Killer, sempre a firma di Fassi, un brano ispirato alla musica seriale, ed è questo il momento dell’entrata in scena di Giovanni Falzone.

Fassi si siede al piano elettrico, e l’atmosfera si fa contemporary. La tromba effettata di Falzone fraseggia modalmente dentro e fuori dall’accordo, mentre i solidi Iodice e Cantarano marcano ritmicamente un territorio aperto al funky ed al groove. Il comping di Fassi si fa più aspro, e mi viene da pensare come, in una manciata di minuti, siamo passati attraverso influenze rock, jazz, e di musica contemporanea.

Corale causale è il primo dei brani a firma di Falzone ad essere eseguito. Basato su una scrittura contemporanea, prevede l’esecuzione di parti in sezione eseguite su cenno, secondo i dettami della tecnica detta conduction, una sorta di conduzione mista ad improvvisazione. Forse la summa delle diverse personalità di Falzone, che ha così modo di esprimersi attraverso la composizione, l’arrangiamento (anche estemporaneo) e l’esecuzione. Divertente ed evocativo l’uso del microfono della sua tromba per effettare la voce e creare una sorta di noise durante i crescendo dell’orchestra. Non scrivere col pennarello non adatto (che inizia con Falzone da solo per poi accogliere nel quadro sonoro anche batteria, contrabbasso e piano elettrico), una vibrante versione di So What (Miles Davis), fondata su un ritmo che somiglia ad un bolero, sono parte del contributo di scrittura che Falzone porta come presente per la serata.

Ma il contributo di Falzone, oltre che squisitamente musicale, è ludico ed istrionico. Si muove a tempo, balla, esegue la conduction. Crea una fisicità sul palco inusuale per il pubblico del Jazz. L’impasto con la Tankio Band è dirompente, e l’effetto sulla platea è di puro divertimento. Impossibile non battere il piede, impossibile non gridare “yeah”.

Ancora Zappa, con la meravigliosa ballad dal titolo Twenty Small Cigars, e poi Let’s Make the Water Turn Black, Eat That Question, e King Kong, il bis che chiude la serata. Una serata che dovrebbe essere trasmessa in prima serata.

Intervista radio a Giovanni Falzone

Intervista radio a Riccardo Fassi

Waiting…

Il cd Waiting, del Massimo Pirone 4et, non è ancora uscito (ma le tracce sono già disponibili nel formato digitale) eppure è qui, davanti a noi spettatori dell’Auditorium del Massimo, all’EUR, in tutta la sua forza espressiva e comunicativa. Massimo Pirone (trombone) con Andrea Biondi (vibrafono), Luca Pirozzi (contrabbasso) e Pietro Iodice (batteria), presenta il proprio omaggio alla tradizione del Jazz. Si tratta di brani, tutti a firma di Pirone, ispirati e dedicati a musicisti quali Cootie Williams, Frank Rosolino, Thelonius Monk, Fred Wesley.

E l’omaggio ha inizio con Waiting, la title track, di ispirazione classicissima, a partire dal tema, esposto dal trombone, per poi arrivare agli assolo, trombone – vibrafono – contrabbasso. Ma quello che sorprende, in un progetto marcatamente “classico” come questo, è il cambio di passo repentino che si ascolta spesso, soprattutto grazie all’apporto di Andrea Biondi, il quale non manca di spezzare il tempo e dilatare lo spazio armonico, portando i suoi sodali e se stesso su territori aperti alla Musica Contemporanea, passando per l’atonale (o forse potremmo più schönberghianamente dire pantonale) e spingendo anche Pirozzi e Iodice (i quali tra l’altro mostrano di trovarsi perfettamente a loro agio in questi transiti) a sintonizzarsi su altre frequenze. Il risultato è una sorta di macchina del tempo musicale, che si sposta senza soluzione di continuità e con grande naturalezza dagli Anni Quaranta ai giorni nostri, rinnovando e aggiungendo.

I brani scorrono con piacevolezza, inframezzati dagli unici due standard del disco, Emily e Laura, qui mixati in una soave dedica alle due bimbe di Pirone. Di particolare impatto il brano Incubi, aperto da Iodice con i mallets, e proseguito da tutti su un pedale quasi-afro di contrabbasso sul quale si innestano le note lunghe del trombone, sostenute dagli accordi aperti del vibrafono.

Un’altra splendida serata al Massimo Jazz, ieri, la rassegna curata da Marc Reynaud e da Natacha Daunizeau. La rassegna chiuderà i battenti stasera dopo averci regalato otto serate di bella musica nell’intento – oggi sempre più difficile – di promuovere la discografica jazzistica contro tutto e contro tutti. Resta la convinzione che, finché ci saranno persone come Marc e Natacha che mettono cuore e passione in quello che fanno, ci sarà una speranza per il Jazz, per la Musica in generale, e per tutti noi.

Waiting, Kyosaku Records, 2013 – Well/Frankie Ross (To Frank Rosolino)/Incubi/Waiting/Emily – Laura/Frantic Race/Afternoon (To Cootie Williams)/Momenti/Twins/Fred’s Liks (To Fred Wesley) – Massimo Pirone (trombone), Andrea Biondi (vibrafono), Luca Pirozzi (contrabbasso), Pietro Iodice (batteria)


Link correlati

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Intervista radiofonica su Jazz@Roma Web Radio

Cootie Williams

Frank Rosolino

Thelonius Monk

Fred Wesley

Seconda settimana al Massimo Jazz

Seconda ed ultima settimana al Massimo Jazz, rassegna di gruppi Jazz con un disco in uscita, organizzata dall’Associazione Culturale 28DiVino Jazz e curata dal direttore artistico Marc Reynaud.

La prima serata di questa seconda parte prevede, giovedi 27 giugno, l’esibizione del progetto N.EX.T.”New EXperiences Time”, il cui disco è in uscita per Zone di Musica. Carlo Petruzzellis (chitarra), Giuseppe Russo (sax), Francesco Pierotti (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria), danno vita a “esperimenti sonori indirizzati alla ricerca di una libertà musicale svincolata da ogni barriera stilistica”, accostando elementi timbrici e ritmici del Jazz, della Classica, del Latin e del Pop.

Venerdi 28 giugno è la volta di “DISTOPIA” N.O.T, per l’etichetta Brigadisco Records in un progetto di condivisione gratuita Grapevine Telegraph (http://www.grapevinetelegraph.joomlafree.it/). Marco Colonna (sax tenore), Luca Corrado (basso elettrico), Cristian Lombardi (batteria), presentano un lavoro di avanguardia, non facile ma che ha ricevuto numerosi apprezzamenti di critica.

Sabato 29 giugno il Massimo Pirone Quartet presenta WAITING, per la Kyosaku Records, con Massimo Pirone (trombone), Andrea Biondi (vibrafono), Luca Pirozzi (contrabbasso), Pietro Iodice (batteria). Il progetto, originale, è un omaggio a Frank Rosolino, Cootie Williams e Johnny Mandel.

La rassegna si chiude domenica 30 giugno con la presentazione di ALTRA CORSA, ALTRO GIRO  (per Zone di Musica), del Matteo Cona Quartet, con Matteo Cona (chitarra), Augusto Pallocca (sax tenore), Dario Germani (contrabbasso), Stefano Mazzuca (batteria). Il disco rappresenta un diretto riferimento all’infanzia e adolescenza del compositore Cona, infanzia trascorsa nel mondo del Luna Park.

Jazz meets Pop, Soul & co.

Una serata di puro relax ieri, nel simpatico Motòbistrò in zona Piramide, accompagnata dalla voce e chitarra di Joe Slomp e dal pianoforte di Pierpaolo Principato. Un percorso musicale easy, ma con profonde radici nel Jazz e nel Blues. Sì perché i due personaggi la sanno lunga…

Joe ha all’attivo tantissime e diverse collaborazioni, nonché tre dischi come leader. Forte è la commistione dei generi nel suo disco di esordio, Introducing Joe Slomp (2001), nel quale si spazia da Joni Mitchell a David Crosby, da Robert Palmer a Michael Mc Donald passando per Stevie Wonder, da Bruce Springsteen a Leonard Bernstein. Profondamente ispirata al Jazz è la scelta e gli arrangiamenti dei brani di New Move (2009), secondo disco a suo nome, nel quale Coltrane viene affiancato a Lennon/McCartney e ai Coldplay. I puristi storceranno il naso, ma prima di farlo li invito ad ascoltare questo lavoro splendidamente suonato, oltre che da Joe Slomp alla voce, da Stefano Micarelli (chitarra), Dario Deidda (basso), Pino Iodice (pianoforte e tastiere), Pietro Iodice (batteria), e con la partecipazione di Pauline London (seconda voce).

Pierpaolo vanta una carriera come jazzman di altissimo livello, con collaborazioni importanti e diverse: Francesco Bruno, Agostino Marangolo, Richard Bona, Enzo Pietropaoli, Antonello Salis e tanti altri. È stato inoltre il preparatore del protagonista Kim Rossi Stuart nel film Piano solo, dedicato al pianista Luca Flores.

Joe Slomp/Pierpaolo Principato
Joe Slomp/Pierpaolo Principato

Tutto questo background musicale trapela dall’ascolto live di questo bel duo che, sia che suoni The Very Thought Of You (R. Noble) o Some Other Time (L. Bernstein), sia che suoni Overjoyed (S. Wonder) o Alone Again Naturally (G. O’Sullivan), porta all’orecchio dei fortunati ascoltatori il gusto e la classe del Jazz patinato, rendendo i vari brani belli e croccanti allo stesso modo, in tutti insinuando il germe della superlocria e della blue note.

Non mi rimane che fare un pubblico, esplicito invito ad entrambi: far sì che questa bella e piacevole serata non sia stata solo una rimpatriata tra vecchi amici, ma che sia l’inizio di un progetto in duo che li porti magari anche ad incidere un disco.

Link:

Joe Slomp , Joe Slomp su Facebook

Pierpaolo Principato , Pierpaolo Principato su Facebook

Relaxing with FBI

L’organo Hammond è uno strumento bellissimo, inventato nel 1935 da Laurens Hammond, un ingegnere meccanico statunitense. Lo scopo era quello di riprodurre il suono del classico organo a canne delle chiese con uno strumento più compatto. Un mobile di “appena” 100 Kg, in cui il suono generato dalle ruote foniche (tonewheels) può essere controllato attraverso dei tiranti (drawbars) i quali costituiscono una sorta di mixer delle varie armoniche.

Scendo per primo i quindici gradini del 28DiVino Jazz, e vengo subito colpito dalla macchia rossa del Nord C1, uno strumento che riproduce il suono dell’Hammond in appena (stavolta senza virgolette) 15 Kg. Lo strumento è moderno, con dei LED colorati al posto delle drawbar, e tanti mini pulsantini al posto di tastoni e leve. Chi l’ha detto che solo le cose vecchie sono buone? Questo strumento può darti grandi emozioni, se nelle mani giuste.

Le mani giuste sono quelle di Riccardo Fassi, pianista, tastierista, arrangiatore, compositore e didatta, già leader della Tankio Band, una vita nel Jazz. Ieri sera affiancato da uno stupendo Enrico Bracco alla chitarra e dal trascinante Pietro Iodice alla batteria. Fassi Bracco Iodice, FBI. Ma c’è da stare rilassati. Niente interrogatori; solo swing trascinante, melodia intrigante e mai banale, musica a colori.

Sammy in 7, di Fassi, apre il concerto. Il tempo è in 7/4, e questo la dice lunga sull’approccio del trio. Tempi dispari, sia su brani originali sia su standard rivisitati, groove trascinanti, forte aderenza alla tonalità pur con le grandi aperture tipiche del playing moderno: scale alterate, pentatoniche, sequenze. Bracco esegue il tema, ben appoggiato dal comping di Fassi all’organo. La sensazione, nonostante il tempo dispari, è di grande fluidità, facilità di fruizione, tanto che un ascoltatore superficiale potrebbe pensare che sia un brano di semplice esecuzione. Perché i tre sono a loro agio, e fraseggiano comodamente su sequenze di accordi complicatissime, come in Walkin’ Up di Bill Evans, basata su accordi di maggiore settima con cambi continui di tonalità.

Uno dei pedali della chitarra di Bracco si spegne, sembra non ci sia verso di riaccenderlo. Non importa, si prosegue senza, nulla può fermare questo inarrestabile flusso di note. E si continua, prima con la ballad Compassion, sempre di Fassi, caratterizzata da un tema molto lirico che viene prima esposto dalla chitarra e poi esteso dall’Hammond, poi  con Slow Cat, basato su una serie infinita di accordi di dominante, quindi senza mai una vera risoluzione, una specie di blues molto accattivante che, nel tema classico (nel finale eseguito all’unisono da organo e chitarra), evoca le movenze di un gatto.

Tante e belle le influenze e le rivisitazioni, a partire da Sman, brano originale di Bracco di metheniana enfasi, passando per I Hear A Rapsody eseguita su un tempo di 5/4, fino a brani con caratteristiche filmiche, penso ad Allegro rabarbaro, di Fassi, un tango che rievoca le colonne sonore di alcuni film di Elio Petri, e ad Il Principe, dedicato a Totò, apoteosi della matematica in quanto costituita dalla teoria di misure 6/4 – 5/4 – 4/4. Ancora tempi dispari, alchimie complesse, eppure tutto scorre liscio, il tempo di sorseggiare un cocktail nel mezzo della musica, nell’atmosfera raccolta del 28DiVino, lasciandoci ingolosire da questo Hot Potato trio.

Il concerto si chiude con un bel bis, lo standard I’ll Remember April. Ma anche quando la musica cessa, le drawbar del Nord C1 rimangono lì, accese ed allegre, come ad incarnare il colore del Jazz. Nel frattempo ho l’occasione di parlare a lungo con Riccardo, Enrico e Pietro; e ogni tanto, guardandole, ripenso a Laurens Hammond.

Trio FBI
Trio FBI
Enrico Bracco
Enrico Bracco
Pietro Iodice
Pietro Iodice