Chi mi conosce lo sa, ho un debole per gli organ trio. Per organ trio si intende un trio formato, la maggior parte delle volte, da hammond, batteria e da uno strumento solista, che sia il sax o la chitarra. Ma mai, prima di ieri, mi era capitato di ascoltare un organ duo, hammond e batteria. Come nel tipico trio, anche nel duo manca il contrabbasso. Una assenza importante, ma anche uno stimolo in più per i musicisti, che se lo devono immaginare. E dovendolo immaginare (salvo sostituirlo con il registro basso dell’organo, detto manuale inferiore), la musica guadagna in ariosità e rimane quasi sospesa, fluttuando sul tempo in maniera ancora più indeterminata rispetto a quanto non succeda già normalmente nello swing.
A dire la verità, ieri, nella consueta Guida all’ascolto curata da Gerlando Gatto, c’era anche il pianoforte. Lorenzo Tucci (batteria) e Luca Mannutza (piano e hammond), ci hanno regalato un miniconcerto gradevole, frizzante ed assolutamente rigenerante, fruito dalle comode poltrone della Casa del Jazz. Hanno attraversato, interpretandoli con personalità e classe, standard come Tea For Two, (Caesar, Youmans) e Just One Of Those Things (Cole Porter), nonché brani come Bemsha Swing (Thelonious Monk) ed Inception (McCoy Tyner).
Gerlando Gatto, dopo aver ricordato Butch Morris, da poco scomparso, ha dato fuoco alle polveri deliziando la platea con alcune golosità d’annata, come la versione di Tea For Two eseguita da Art Tatum prima e nell’arrangiamento di Shostakovich poi, o come Bemsha Swing nelle versioni di Monk stesso e in quella dei Caribean Jazz Project. Il complemento live, come dicevo, è stato di prim’ordine; l’impatto del suono di hammond, sempre caldo e seducente, il drumming raffinato di Tucci, ci hanno trascinato in un folle giro di giostra e fatto provare, come scrive meravigliosamente Daniela Floris nelle note di copertina del loro disco Lunar, “l’esaltante sensazione di essere noi, i folli”.

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