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Jazzapoppin

Prendo tempo, dentro di me, appena riconosco le note di There Must Be An Angel, il famoso successo pop degli anni Ottanta. Siamo al 28DiVino, e mi trovo di fronte ad un quartetto capitanato da due musicisti di prim’ordine, Mario Corvini (trombone) e Stefano Micarelli (chitarra). Per natura sono sempre sospettoso quando ascolto brani pop arrangiati ed eseguiti in forma jazz, ma stavolta non resisto a lungo: dopo una esposizione del tema lirica e suadente il brano degli Eurythmics prende il volo con un fresco solo di Micarelli, che volteggia libero sopra il solido supporto di Mauro Nota (contrabbasso) e Fabio Sasso (batteria); poi il solo di Corvini, e tutte le mie riserve si sciolgono: il progetto Brit In Jazz mi sta “prendendo”.

I brani che si susseguono poi, tutti parte di un disco in uscita che sarà presentato ufficialmente alla Casa del Jazz il 13 maggio prossimo, sono una carrellata di successi in un arco temporale che va dagli anni Sessanta ad oggi. E se alle mie orecchie sfugge che il brano successivo è Speed Of Sound dei Coldplay, è solo perché la mia età mi lega di più a brani del millennio scorso. In questo pezzo la chitarra di Micarelli ha modo di spaziare oltre i confini della tonalità, creando terreno fertile per un suggestivo assolo di contrabbasso giocato su frasi ripetutamente trasposte.

Si punta sulla contaminazione, sulla sorpresa, sul gusto. E si ha modo di scoprire la forza dell’arrangiamento, che può cambiare radicalmente la veste di un brano. Come in Save A Prayer, portato al successo dai Duran Duran nel 1982, che una introduzione di chitarra riverberata rende irriconoscibile sulle prime, ma che di nuovo un suadente tema esposto dal trombone rende invece poi palese e, di fatto, nuovo, come se fosse appena stato scritto. Anche l’uso dei mallet da parte del batterista contribuisce a dare al brano un tono orchestrale, da musica sinfonica, mentre Micarelli si inerpica su ostinati ritmici cangianti, prima modellandosi su di essi e poi allontandosene, fino al tema finale, sostenuto ancora dalla chitarra, e fino alla magistrale chiusura di Corvini che con una nota tenuta inchioda tutta la platea fino all’ultimo alito di musica del pezzo.

Anche Money For Nothing (Dire Straits, 1985) sarebbe irriconoscibile se non fosse stato già annunciato, per via di una introduzione di solo trombone eseguita con il plunger da Corvini, ad evocare fraseggi tipici delle big band vecchio stile, anche e soprattutto con utilizzo di growl ed altri effetti marcatamente jungle, il tutto riproposto in modo da dare l’impressione di un campionatore, con tutti questi suoni memorizzati, del quale vengano premuti tasti sapientemente a caso.

Altri brani scorrono fluidi e rinnovati sulle nostre orecchie: Can’t Buy Me Love (Beatles, 1964), Synchronicity II (Police, 1983), Shine On You Crazy Diamond (Pink Floyd, 1975), Vertigo (U2, 2004). Impressionante il suono di Mario Corvini che, nei momenti più intensi, riesce a creare l’effetto di una intera sezione di ottoni, come nella versione funk di Shine On You Crazy Diamond o in Come Together (Beatles, 1969), eseguita come bis.

In sintesi, direi che sono due i protagonisti di questa serata: l’arrangiamento, che se eseguito da mani sapienti può fare per un brano una grande differenza, e la bravura di questi musicisti, che hanno dimostrato classe, sensibilità e grandi doti di interpreti.

Brit In Jazz 4et

Link correlati:

Percussion mallets (in inglese)

Plunger (in inglese)

Campionatore

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