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Il mio viaggio, le nostre memorie

Viaggio nelle memorie disponibili è titolo del disco dell’Andrea Zanzottera 4et per Orange Home Records, presentato giovedi scorso al Jazzit Club Roma di Luciano Vanni.

L’atmosfera è magica, più del solito in un Jazz Club. Perché, mi chiedo? E rimango immobile, rapito, nell’ascolto del primo brano, Altes Lied, una ballad evocativa ed onirica, introdotta brevemente dal piano per poi lasciare la parola al sassofono tenore, che per tutto il brano racconta di rimembranze, immagini, profumi, attese e fotogrammi, memorie che tutti più o meno condividiamo ma che, per ognuno di noi, significano cose diverse, come hashtag che richiamano concetti più profondi e più intimi rispetto al comune sentire. Il sax continua le sue volute ampie ed avvolgenti, ed io sono sempre immobile, incapace di prendere appunti per la mia recensione, come di solito faccio.

Andrea Zanzottera (pianoforte), Stefano Guazzo (sax tenore, sax contralto), Pietro Martinelli (contrabbasso), Folco Fedele (batteria), sembrano fratelli gemelli. Il feeling e l’interplay sono tra loro particolarmente palpabili, evidenti. Strettissimo il dialogo, fatto anche di sguardi e di intese probabilmente costruite nell’arco di tante collaborazioni tra loro, di Martinelli e Fedele. Perfetto il sax di Guazzo, naturale compendio al pianismo efficace di Zanzottera.

Le composizioni, la maggior parte a firma del leader, sono convincenti e riescono sempre ad evocare qualche reminiscenza, come da intento programmatico dettato dal titolo del disco. E questo anche grazie agli arrangiamenti, costruiti ad otto mani da tutti i membri del quartetto. Come in Viaggio a Shamballa, dove su un ritmo funkeggiante si innesta un tema all’unisono di sax soprano/piano/contrabbasso, per poi sciogliere il tutto in un assolo di Guazzo permeato di innalzamenti del settimo grado della scala minore con il tipico effetto arabeggiante della scala armonica. È poi il piano a spezzare il groove, creando un momento di apertura nel quale ha modo di insinuarsi l’archetto di Martinelli, per poi riprendere il passo iniziale con il piano ad interpretare il solo con grande feeling. Bello il piglio melodico del contrabbasso nel suo assolo, ed interessante il ritmo in sedicesimi tenuto da Fedele nel finale.

Belli i vari momenti di apertura all’interno dei brani, aperture che spezzano un ritmo strutturato in qualcosa di più moderno, come ne Le macchie di Rorschach in cui l’atmosfera diventa quella tipica della musica contemporanea, con l’uso dei mallet da parte di Fedele e con Guazzo a delineare sequenze per grado congiunto. Il tutto sfocia poi in un walkin’ che poi diventa free jazz per poi tornare in ambito contemporaneo. Una giostra resa plausibile dal grande affiatamento dei musicisti e capace di ingenerare nell’ascoltatore l’ebbrezza del volo.

Una diffusa sensazione di piacere mi pervade ancora, nutrito dal ricordo degli anni 70, degli anni 80 e poi di nuovo indietro: Le interazioni forti, Morning Mist, Il trionfo dello spreco, Next Trip, Sometimes Sorry, Last Motif, quest’ultimo a firma di Guazzo, e fino al bis dal sapore piacevolmente bebop, sempre a firma di Guazzo, che mi manda a casa del tutto rigenerato. Un quartetto da ascoltare dal vivo appena vi capita l’occasione.

Andrea Zanzottera

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Intervista ad Andrea Zanzottera per Jazz Talk

Info e acquisto cd (sito Orange Home Records)

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